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Giovedì 09 MARZO 2023
Alzheimer. Le cellule T “accendono” la malattia

Nell'Alzheimer e nelle malattie neurodegenerative correlate, l’accumulo della proteina tau nel cervello è strettamente collegata al processo di declino cognitivo. Uno studio della Washington University di St.Louis indica che le cellule T svolgono un ruolo chiave nella neurodegenerazione correlata alla proteina tau. Una scoperta che può aprire la strada a nuove strategie di trattamento per l'Alzheimer e le malattie correlate.

Nella malattia di Alzheimer le cellule T giocano un ruolo chiave nella neurodegenerazione correlata alla proteina tau. E’ quanto emerge da una ricerca condotta da un team della Washington University di St. Louis; una scoperta che potrebbe aprire la via a nuove strategie di trattamento per l’Alzheimer e patologie correlate, come evidenziano gli stessi autori su Nature.

Il team ha analizzato modelli animali con danni simili a quelli provocati nel cervello dalla malattia di Alzheimer, dovuti alla proteina tau. I ricercatori hanno osservato che le cellule della microglia – deputate alla difesa immunitaria del sistema nervoso centrale – attraggono nel cervello altre cellule immunitarie – le cellule T – e che gran parte del processo neurodegenerativo potrebbe essere evitata bloccando l’ingresso o l’attivazione delle cellule T.

La malattia di Alzheimer, come ricordano gli autori dello studio, si sviluppa in due fasi principali: nella prima si iniziano a depositare placche di proteina beta amiloide, che possono formarsi per decenni senza dare effetti a livello cerebrale; nella seconda, invece, iniziano ad aggregarsi le proteine tau. La malattia peggiora velocemente: i neuroni muoiono, la neurodegenerazione si diffonde e i pazienti iniziano ad avere difficoltà a pensare e a ricordare.

Sia la microglia che le cellule T contribuiscono agli effetti pro infiammatori, con la microglia che rilascia composti molecolari che attirano le cellule T nel cervello attivandole, e le cellule T che, a loro volta, rilasciano composti che spingono la microglia verso una modalità pro infiammatoria.

Eliminando o la microglia o le cellule T si andrebbe quindi a interrompere la connessione ‘tossica’ tra i due tipi di cellule, riducendo i danni al cervello.

Fonte: Nature 2023

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