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Lunedì 08 OTTOBRE 2012
Caso Macchiarini. Se i chirurghi non sono tutti "uguali"

Il caso del chirurgo Macchiarini, pioniere dei trapianti di trachea arrestato di recente per gravi sospetti sul suo operato, pone in modo forte all’attenzione dell’opinione pubblica una questione che da tempo viene considerata una vera e propria barriera alla sicurezza delle cure: la necessità di una maggiore equivalenza tecnica tra i chirurghi.

Il caso del chirurgo Macchiarini, pioniere dei trapianti di trachea arrestato di recente per gravi sospetti sul suo operato, pone in modo forte all’attenzione dell’opinione pubblica una questione che da tempo viene considerata una vera e propria barriera alla sicurezza delle cure, non solo nel nostro paese: la necessità di una maggiore equivalenza tecnica tra i chirurghi (1).
 
In tutti i casi in cui non ci sono altri professionisti in grado di intervenire con uguale perizia, si può configurare inevitabilmente un rischio per la sicurezza dei pazienti.
Questa situazione di alto rischio può determinarsi non solo nel caso di un professionista sospeso dall’attività per ragioni giudiziarie ma anche in altre condizioni: la necessità di un intervento d’urgenza, il chirurgo in ferie o in malattia oppure semplicemente a un congresso.
 
Mentre in tante altre specialità l’equivalenza di competenze è stata mediamente raggiunta, questo non sembra vero per la chirurgia. E’ raro infatti che un cittadino chieda che una risonanza magnetica gli sia fatta solo ed esclusivamente dal radiologo di sua fiducia, oppure che ad addormentarlo sia un ben determinato anestesista. Eppure sappiamo bene che anche in queste specialità le differenze di competenza e abilità possono significare la vita del paziente.
In chirurgia invece il cittadino desidera essere operato da un preciso chirurgo e spesso tale fiducia nel professionista si basa su consigli di altri medici, parenti, amici o sulla empatia che si stabilisce con il curante. Quasi mai la scelta avviene su dati oggettivi: volume di casistica, risultati ottenuti (indicatori oggi peraltro difficili da ottenere).
In chirurgia il cittadino ripone la sua fiducia essenzialmente nel singolo professionista e solo di rado nel team o nella struttura in cui opera mentre si sa bene che i rischi clinici sono spesso presenti nella fase preoperatoria e postoperatoria.
La domanda che naturalmente ci si pone è se la qualità delle cure può essere ancora oggi garantita da singoli professionisti, senza l'opera dei quali i pazienti rischiano di morire, o piuttosto da team di professionisti che possono alternarsi assicurando sempre in qualsiasi momento una prestazione di alto livello.
La domanda potrebbe essere anche posta in un altro modo, salireste mai su un aereo dove solo il primo pilota è in grado di farlo volare?
E’ bene chiarire che non si discute la genialità del medico/chirurgo ricercatore nell’aver scoperto una soluzione originale a un problema (i geni sono rari e difficili da sostituire) ma bensì della tecnica chirurgica che, in quanto tecnica, dovrebbe essere resa disponibile nel tempo più breve possibile anche ad altri. Un buon chirurgo con una buona mano è presumibile sia in grado di eseguire nel giro di poco tempo un intervento anche complesso. La mitizzazione di questa professione non appartiene più ai nostri tempi e il detto che l’esperienza è il nome che diamo alla somma dei nostri errori penso sia molto vero per una professione difficile e complessa come il medico.
L’unica salvezza sembra avere dei buoni maestri e, come propone Athul Gawande, un coach che tenga allenato il chirurgo migliorando la sua tecnica (2). E’ inoltre essenziale pianificare un numero di chirurghi da formare nelle scuole di specializzazione e da assumere negli ospedali coerente con i volumi di attività e le soglie necessarie per il mantenimento performance.
 
Nell'ambito dei trapianti d'organo la necessità di intervenire in qualsiasi ora del giorno e della notte ha reso necessario la costituzione di centri con professionisti che possano svolgere con livelli sostanzialmente equivalenti di sicurezza, il medesimo intervento. E' opportuno ribadire che la sicurezza delle cure non è solo assicurata dall’abilità dei chirurghi ma anche da tutti quegli operatori che intervengono nel pre e post operatorio (anestesista, infettivologo, immunologo, cardiologo ecc.).
 
I maggiori esperti a livello internazionale di qualità e sicurezza delle cure ritengono che il lavoro di team, garantire l'equivalenza delle competenze tra i professionisti, il possedere da parte dei chirurghi non solo capacità tecniche (intuito diagnostico, appropriatezza della terapia e abilità manuale) ma anche non tecniche (capacità di lavoro di team, di leadership, di comunicazione) (3), debbano essere requisiti essenziali per una struttura sanitaria che opera ad alto livello in sicurezza.
E' ormai chiaro a tutti che non è sufficiente essere un buon chirurgo se non si dispone di un team di buon livello, interscambiabile e che può intervenire in qualsiasi momento sul paziente per risolvere eventuali complicanze e, per usare la metafora aeronautica, portare l’aereo a destinazione.
 
L'attività clinica è oggi così complessa per cui la qualità e sicurezza della prestazione non può dipendere da una sola persona. Le strutture di eccellenza sono quelle in cui abbiamo una squadra di professionisti di alto livello in grado di operare con uguale capacità e abilità.
La chirurgia è una tecnica è deve essere abolita la regola "impara l'arte e mettila da parte", centellinandone l'insegnamento e l'apprendimento da parte di altri.
E’ quindi sempre più necessario oggi che anche in chirurgia avvenga  la transazione verso la logica dell’attore equivalente presente in altre specialità.
 
Due proposte.
- Inserire nei contratti dei dirigenti di struttura complessa in chirurgia precise clausole sul dovere, pena il non rinnovo del contratto, di formare in un tempo prestabilito uno, due  chirurghi equivalenti (alcuni direttori generali l’hanno già iniziato a fare).
- La certificazione volontaria della casistica operatoria da parte d’istituzioni indipendenti (la certificazione del “bilancio professionale”). Sarebbero gli stessi chirurghi a richiedere la certificazione presentando gli interventi e risultati degli ultimi due, tre anni, secondo una modalità condivisa con le società scientifiche. Si potrebbe così iniziare quel processo di accreditamento professionale di estrema importanza soprattutto nella chirurgia ed evitare anche le polemiche sull’uso di dati di performance non sempre affidabili e condivise dai professionisti.
 
Riccardo Tartaglia
 
Direttore del Centro Gestione Rischio Clinico e Sicurezza delle Cure – Regione Toscana
 
Riferimenti bibliografici
1. Amalberti R, Auroy Y, Berwick D, Barach P. Five system barriers to achieving ultrasafe health care. Ann Intern Med. 2005 May 3;142(9):756-64.
2. Atul Gawande. Annals of Medicine. PERSONAL BEST Top athletes and singers have coaches. Should you? The New Yorker, October 3, 2011
3. Yule, S., Flin, R., Paterson-Brown, S. & Maran. Non-technical skills for surgeons: A review of the literature. Surgery 2006, 139: 140-149.
 

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