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Martedì 28 MARZO 2023
Popolazione cronica e anticoagulanti orali, l’infermiere può rendere sostenibili i modelli di autogestione



Gentile Direttore,
con questa lettera, mi preme sottolineare l'importanza dell'autogestione della Terapia Anticoagulante Orale (TAO) nel nostro Ssn e il ruolo delle competenze infermieristiche. L’autogestione include il self-testing (misurazione dei parametri della coagulazione tramite coagulometro) e il self-management (oltre alla rilevazione, il paziente è in grado di aggiustare il dosaggio terapeutico sulla base di una specifica guida nell’interpretazione dei valori auto-rilevati), richiedendo una gestione multi-disciplinare e integrata con i servizi di cure primarie. Tuttavia, il ruolo dell'infermiere nei centri TAO nazionali non è stato descritto in modo univoco nel contesto nazionale.

Nella letteratura scientifica internazionale esistono numerose evidenze a supporto dell’efficacia di tale approccio di gestione multi-disciplinare nella presa in carico dei pazienti in TAO. Tuttavia, nel contesto italiano, manca una mappatura del profilo di competenza ed attività professionali agite dall’infermiere nei centri TAO, nonché una misurazione di esiti di cura sensibili a prestazioni di carattere infermieristico. Un recente studio italiano ha validato un set di 21 attività professionali che caratterizzano il dominio della competenza dell’infermiere nella gestione del paziente in TAO.

Se dalla prospettiva della letteratura passiamo all’analisi della normativa nazionale (esempio: “Linee di indirizzo per il miglioramento della qualità e la sicurezza dei pazienti in terapia antitrombotica”), alle specifiche delibere regionali e relativi PDTA, la funzione dell’infermiere nella gestione della TAO è limitata alla sola esecuzione del prelievo e alla consegna del referto. Infine, nel recente rapporto di consensus tra le società scientifiche di SIMG e FCSA sulle corrette procedure di anticoagulazione nell’ambito delle cure primarie, la figura dell’infermiere non viene presa in esame. In questo scenario, la valorizzazione, il riconoscimento e la promozione strategica della figura dell’infermiere all’interno dell’equipe multi-disciplinare è dunque al momento assente.

Le società scientifiche e l'associazione dei pazienti TAO sono attivamente coinvolte nel dibattito sull'uso di coagulometri portatili per promuovere l'autogestione nei pazienti in terapia con dicumarinici. Sebbene la non rimborsabilità del costo del coagulometro portatile da parte del SSN risulti essere a primo acchito la principale barriera alla diffusione ed utilizzo di tale approccio di gestione, in realtà sono diverse le barriere che limitano l’implementazione di una pratica di autogestione nel contesto italiano. Tra queste ulteriori barriere, spesso “silenti”, vi è una mancanza istituzionalizzata di fattiva collaborazione inter-professionale, riflessa nei documenti prodotti dalle società scientifiche e dalle prassi organizzative di gestione del percorso di cura dei pazienti.

Questa condizione ha dunque portato a non investire e orientare il dibattito su temi che sul piano di contenuti sono molto vicini alla natura della professionalità messa in essere dagli infermieri. In prima istanza, ad esempio, tali contenuti “assenti” riguardano la pianificazione e condivisione di percorsi educativi di autogestione della TAO che stanno alla base di un utilizzo appropriato dei coagulometri portatili e nell’adozione di adeguati compramenti di auto-cura da parte del paziente. Di fatto, la maggior parte dei pazienti che ad oggi è in possesso di un coagulometro portatile non ha ricevuto un intervento educativo ad hoc.

In questo scenario, l'infermiere ha un ruolo strategico nell'identificare pazienti eleggibili all'autogestione, nell'erogare interventi educativi (basati su evidenze scientifiche) e nel monitoraggio della TAO. Queste attività evidenziano la complessità dell'intervento educativo di autogestione, la necessità di linee guida contesto-specifiche per ridurre eterogeneità negli approcci e la funzione dell'infermiere nei processi decisionali. Considerando, inoltre, che l’infermiere non ha una rappresentatività specifica nel panorama attuale dell’assetto delle società scientifiche di settore in riferimento all’anticoagulazione ed emostati/trombosi, sarebbe auspicabile un coinvolgimento fattivo dei ricercatori del settore delle Scienze Infermieristiche per future attività sinergiche volte a sostenere la ricerca e l’implementazione delle evidenze per una pratica di autogestione a livello nazionale che sia sicura, efficace e sostenibile nel tempo.

Gli aspetti specifici messi in evidenza in queste riflessioni, seppur contestuali ad un perimetro ben preciso, si collocano nel più ampio dibattito riferito al come valorizzare al meglio le funzioni degli infermieri all’interno dei servizi socio-sanitari rivolti alle cronicità: “It's always the small pieces that make the big picture”.

Arianna Magon
Infermiera, PhD in Scienze Infermieristiche e Sanità Pubblica

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