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Venerdì 31 MARZO 2023
Come affrontare le sfide che pone il futuro in sanità?



Gentile Direttore,
in sanità la carenza di personale medico è uno dei problemi principali che si protrarrà nel tempo, figlio di una politica programmatoria rivelatasi miope, che ha evidentemente privilegiato le quadrature dei bilanci del momento senza pensare al futuro.

In una visione prospettica ogni investimento in sanità è in realtà un risparmio che surclassa il costo, è un investimento in qualità di vita ed in salute della popolazione, in grado di garantire maggior quota di cittadini lavorativamente attivi e di ridurre la spesa futura per le patologie prevenibili.

Al momento è difficile trovare soluzioni celeri per incrementare il personale, poichè anche le revisioni della programmazione formativa, richiederanno tempi lunghi.

Per affrontare il problema attuale occorre avere un atteggiamento davvero pragmatico, scevro da preconcetti.

Poterebbe essere utile introdurre maggiore elasticità nel SSN, pensando ad istituire effettive reti dinamiche e sinergiche anche fra enti diversi, possibili solo sciogliendo quei vincoli obsoleti a causa dei quali ogni struttura, pensa aziendalisticamente a se ed al proprio budget.

Andrebbe favorita una Sanità di Sistema che ponga in una rete concreta tutti i nodi, sia pubblici che privati accreditati, in interazione costruttiva senza per forza fidelizzare i malati (che non mancano …). Le normative attuali non sono pensate per la dinamicità, ma occorrerebbe trovare un modo per attuarla, essendo tutti "sulla stessa barca" con bisogni di salute da assolvere. Le logiche aziendalistiche ed esclusivistiche cozzano ora contro le necessità di fare rete comune.

Nella scelta del personale, sia il pubblico che il privato accreditato dovrebbero giungere ad operare con regole comparabili, al fine di consentire agilmente il passaggio di personale da una realtà all'altra (considerando che oggi vi è solo travaso costante dal pubblico al privato …). Peraltro da parte dei servizi pubblici, per sperare di tornare attrattivi, dovrebbe essere valutata solo la competenza e ed il merito, invece di dare tautologicamente preponderanza nelle graduatorie, alla mera anzianità di servizio espletata nei servizi pubblici stessi … Inoltre la stessa ampia presenza di contratti atipici nel pubblico ha reso ingiusto il criterio carrieristico limitato ai soli anni di assunzione regolare …. Non appare neanche corretto che chi ha maturato anni di esperienza e competenza solo nel privato, se decide di passare al pubblico, venga trattato e stipendiato come un neoasunto (oltre alla esclusione dai concorsi di primariato).

Ciò appare una violazione dei diritti di uguaglianza (costituzionalmente garantiti …) a parità di competenza.

Non stupisce pertanto che ormai vadano deserti molti concorsi in ospedali pubblici …. fatto che porta alla necessità di utilizzare gettonisti per coprire turni essenziali, pagati a peso d’oro spesso senza vera adeguatezza.

La carenza di medici e l’incremento delle liste di attesa, dovrebbe portare alla abolizione dei rapporti esclusivi (e dell’ingiusta differenza a parità di ore lavorate fra esclusivisti e non), nonchè a favorire le attività esterne regolarmente rendicontate oltre l’orario di lavoro ordinario, anche a beneficio di pz che accedono in altri enti accreditati o pubblici che hanno necessità di abbattere le liste di attesa (tali prestazioni ora non sono erogabili neanche da chi ha scelto di operare in extramoenia, per ipotetici conflitti di interesse ??, laddove invece vi sarebbe semmai sinergia di interessi per il malato ….).

Tale importante liberalizzazione, che per analoga carenza di personale è appena stato disposta per gli infermieri, potrebbe vantaggiosamente estendersi anche ai medici ed agli altri operatori sanitari.

Paradossalmente, è proprio senza eliminazione dell’esclusività che si rischia di svilire sempre più il pubblico, favorendo solo il passaggio al privato senza ritorno, viste le condizioni lavorative sempre più gravose con stipendi inadeguati e vincoli ormai inaccettabili anche fuori dagli orari lavorativi (recente condanna di un medico a risarcire il suo ospedale anche per prestazioni gratuite ...). Sono in moltissimi gli operatori sul campo a non comprendere davvero più il senso attuale di tali norme (significative in altre epoche).

Sarebbe poi anche ora di utilizzare al meglio il tempo del medico, impegnandolo essenzialmente nella clinica e sgravandolo il più possibile da attività burocratiche (occupanti oltre il 30% del tempo lavorato), cercando di limitarle all’essenziale, ma anche introducendo personale amministrativo di supporto, meno carente. Di ciò si avvantaggerebbero anche i “primari” che tornerebbero ad effettuare in modo preminente attività clinica.

SI auspica che la gravissima situazione attuale, porti i decisori a considerare la realtà concreta ed a ricercare davvero celermente le possibili soluzioni.

Marco Ceresa
Medico

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