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Giovedì 18 MAGGIO 2023
Se vogliamo esprimere il nostro “dissenso” dobbiamo recuperare il valore della partecipazione



Gentile direttore,
se la sanità è destinata a una catastrofe imminente e annunciata come scrive il prof Cavicchi, la colpa è anche un po' nostra, dei medici e del personale del SSN, scrive il dr. Cavalli (QS 16 maggio), perché abbiamo accettato di obbedire “senza fiatare “ a “ordini deliranti” .

Sono d’accordo certo. Si parte con l’accettare di “dare una mano” e si finisce per trovarsi coinvolti in “scelte incomprensibili e talvolta scellerate”.

Ma come è possibile per il singolo manifestare il suo dissenso?

Il singolo non può che venire schiacciato da un sistema “efficiente” che prevede che le scelte dei capi siano sempre quelle giuste. Chi ha provato ad opporsi ha pagato di tasca propria e spesso salatamente.

In un sistema democratico, qual è il nostro, esistono le rappresentanze regolarmente elette.

Per questo, per far valere il proprio pensiero, ognuno di noi può iscriversi a un sindacato che dovrebbe tutelare i propri iscritti. Il singolo può esprimere liberamente il proprio “dissenso” al suo interno e se incontra la maggioranza dei consensi, tale pensiero ha il diritto di venire portato alla controparte nella trattativa.

In tutto questo qualcosa si è inceppato in questi anni.

In primo luogo, molti hanno smesso di partecipare agli incontri sindacali o addirittura non si sono più iscritti a nessun sindacato, lasciando a pochi le decisioni.

In secondo luogo, forse anche come conseguenza del primo, i sindacati hanno smesso nella maggior parte dei casi di rappresentare il pensiero degli iscritti, con i quali tendono a ridurre il confronto (certo molto faticoso) e come con la politica si sta vivendo sempre più uno scollamento tra chi lavora ogni giorno e chi ci rappresenta (spesso i sindacalisti sono pensionati o lavorano in una specie di part time che limita di molto il contatto con la realtà lavorativa di tutti i giorni) .

E’ vero che ci siamo rassegnati, è vero che ormai ci limitiamo a mugugnare e a lamentarci in privato ma l’alternativa non è lottare come dei novelli don Chisciotte contro i “comandanti” presso cui prestiamo servizio ma recuperare la nostra attiva partecipazione negli organi dentro cui possiamo in qualche modo esprimerci, per far arrivare la nostra voce.

Pensate per esempio a quanti pochi di noi, almeno tra i medici, votano per il rinnovo dei consigli degli ordini provinciali (si calcola attorno al 10% ). Molti di noi non ne conoscono le funzioni o li ritengono marginali. Non è così. Se vogliamo contare, se vogliamo esprimere il nostro “dissenso” dobbiamo recuperare il valore della partecipazione.

Certo Napoleone non avrebbe fatto molte battaglie se i suoi soldati si fossero fermati, ma il singolo “soldato” poco può e poco conta se non nell’insieme con gli altri.

Se siamo anche noi responsabili della catastrofe sanitaria non è perché non abbiamo disertato o disobbedito agli ordini, ma perché abbiamo rinunciato a partecipare là dove la nostra partecipazione potrebbe dare valore alla protesta.

Ornella Mancin

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