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Lunedì 29 MAGGIO 2023
La sanità pubblica non si salverà con interventi tampone

La mancanza di un pensiero di riforma oggi è lo stesso problema che avevamo ieri e che abbiamo sempre avuto. Perché mai oggi dovremmo avere un pensiero di riforma quando  la 833 l’abbiamo negata  tradita  e compromessa? Perché mai oggi dovremmo avere un pensiero sulla sostenibilità quando le istruzioni sulla sostenibilità della 833 non siamo stati capaci di tradurle in politiche?

Il Governo ha accordato la fiducia su una serie di misure che riguardano la sanità (Decreto bollette, Qs 25 maggio 2023). Stessa cosa per quanto riguarda la stabilizzazione dei precari (QS 26 maggio 2023): assunti a tempo indeterminato solo il 5% dei medici e il 10% degli infermieri mentre nei Pronto Soccorso) continuano a mancare 2.500 specialisti e il fabbisogno complessivo dice Agenas, nell’emergenza-urgenza, solo per soddisfare i valori minimi richiederebbe almeno 8.000 unità.

Tamponamenti
Questi tipi di provvedimenti, sia chiaro, non privi di una qualche utilità pratica, segnano probabilmente l’avvio di quella che sarà la strategia dei prossimi anni sulla sanità del governo Meloni, una strategia:

Sarà proprio questa tipo di strategia, nel tempo prossimo venturo, a causare nel giro di qualche anno la “catastrofe” .

Il servizio pubblico dovrà imparare a campare di poco come quegli insetti che vivono, non si sa come, nei muri delle vecchie case.

Una catastrofe senza interferenze
E’ in questa logica che i problem solvers diventeranno loro malgrado coautori di catastrofe.

Perché la debolezza e l’insufficienza delle loro proposte, ma soprattutto la loro assoluta inadeguatezza nei confronti delle contraddizioni da rimuovere, li renderà privi della capacità di interferire con la dinamica della catastrofe.

Senza “interferenza”, per dirla con certi filosofi, non è possibile interrompere un bel niente, meno che mai le catastrofi. La capacità di interferire nei confronti delle politiche catastrofiche del governo vale come la capacità, da parte di un pensiero di riforma, quindi un pensiero anti-catastrofico di avviare delle transizioni politiche. Le interferenze sono transizioni che avviano dei cambiamenti tentando di cambiare alla catastrofe la sua direzione di marcia

Assecondare o interrompere?
Quindi una catastrofe come quella della sanità è un processo che inizia e che si compie non perché inevitabile e fatale ma solo perché esso non viene mai interrotto. Per non restare chiusi fuori basterebbe mettere un piede nella luce della porta.

Oggi abbiamo il problema di interrompere la catastrofe non di assecondarla.

Ma chi mette il piede nella luce della porta? Interrompere la catastrofe per l’opposizione è tutt’altro che facile. Perché negare le nostre difficoltà? Se è vero che la catastrofe viene da lontano e noi sappiamo che viene da lontano[1], allora dobbiamo dire che, una catastrofe, come ci spiegano le famose teorie che collegano il battito di ali della farfalla con l’uragano, ha prima di ogni cosa delle “condizioni iniziali” da cui tutto comincia quindi un percorso nel tempo e alla fine se non ci sono interferenze degli esiti finali.

Un break point. Sono le condizioni iniziali nelle quali la sinistra è implicata oggi a creare problemi. Tanti problemi.

Si definisce “effetto farfalla” una catastrofe come nel nostro caso che dipende soprattutto dalle sue “condizioni iniziali”. Le condizioni iniziali della nostra catastrofe risalgono a parecchi anni fa.

Condizioni iniziali e privatocrazia
Tra le “condizioni iniziali”, ad esempio, che hanno co-determinato la catastrofe vi è la privatizzazione iniziata con le controriforme degli anni 90. A giorni l’Istituto Mario Negri organizzerà un seminario on line, sul problema pesante e delicato della “privatocrazia” in sanità (“Salve lucrum. Per salvare il SSN dalla privatocrazia”).

Su questo problema esiziale tutti i problem solvers sono molto generici. Fino ad ora ho letto solo proposte evasive ma soprattutto molto imbarazzate. E’ vero che esiste la “grande marchetta” ma oggi, sembrano dire costoro è impossibile azzerare tutto. Per cui in tanti, Gimbe, Asiquas, Associazione diritto fondamentale, i sindacati, salviamo la sanità pubblica, ecc. alla fine ripropongono la solita teoria “dell’integrazione” pubblico privato.

Ma oggi il privato è fin troppo integrato con il pubblico e il pubblico gli è sempre più subalterno. E poi basta con le ipocrisie se è “la grande marchetta” che rende insostenibile finanziariamente la sanità allora discutiamo di come si riforma la grande marchetta.

Ma nessuno si azzarda a parlare di riforma del rapporto privato/pubblico.

Resta il fatto che nelle misure autorizzate dal governo citate prima, ma anche nelle richieste di Donini (QS 22 maggio 2023) assessore che rappresenta tutti gli assessori della sanità, la questione privato/pubblico anche se è causa di insostenibilità non è in discussione. Perché?

Il ritorno implacabile del riformista che non c’è
Nell’articolo precedente ho sostenuto la seguente tesi “La vera catastrofe quindi non è la catastrofe in sé ma la mancanza di un pensiero di riforma adeguato per evitarla”.

Ma la mancanza di un pensiero di riforma oggi è lo stesso problema che avevamo ieri e che abbiamo sempre avuto cioè esso è semplicemente un vecchio problema che si esaspera nel tempo. Perché mai oggi dovremmo avere un pensiero di riforma quando la 833 l’abbiamo negata tradita e compromessa? Perché mai oggi dovremmo avere un pensiero sulla sostenibilità quando le istruzioni sulla sostenibilità della 833 non siamo stati capaci di tradurle in politiche?

Cioè se ieri, a proposito di condizioni iniziali, tutti i guai sono iniziati dal “riformista che non c’è” cioè da colui che a parte trasformare il diritto fondamentale alla salute in un diritto potestativo, con le sue incapacità e le sue scelte sbagliate, ha spezzato i rapporti tra economia e sanità tra salute e cura tra pubblico e privato, come diavolo faccio a scrivere una piattaforma sulla sostenibilità? Chi la scrive questa piattaforma? Le regioni rappresentate da Donini? L’intersindacale medica? Le confederazioni sindacali? Il PD? O il M5S?

Sono in grado gli “umarell! di scrivere una riforma?
Chi scrive la “quarta riforma”? Chi scrive l’ipotesi di accordo sulla sostenibilità da presentare al governo? “Chi scrive” vuol dire chi ha un pensiero ma, tra tutti i problem solver, mi chiedo chi ha un pensiero che non sia quello di mettere delle pezze colorate?

Ma un pensiero di riforma può essere scritto dal riformista che non c’è?

Siamo finiti dritti dritti nel paradosso del barbiere di Russel.

Come riforma quello che non riforma mai e non ha mai riformato e non sa cosa sia una riforma? Il famoso “umarell” di cui si è parlato su questo giornale (QS 4 aprile 2023, 8 aprile 2023).

Se il “riformista non c’è” ma c’è solo l’umarell come si fa a scrivere una “quarta riforma”?

Ivan Cavicchi

Note:

[1] (I. Cavicchi “Il pensiero debole della sanità” 2008; Il riformista che non c'è. Le politiche sanitarie tra invarianza e cambiamento 2013)

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