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Mercoledì 28 GIUGNO 2023
La specializzazione in medicina generale non infrange le direttive europee. Ecco perché sbaglia chi continua a sostenerlo



Gentile Direttore,
nel suo intervento su QS su formazione e rapporto di lavoro del MMG il prof Mapelli sostiene che "specializzazione universitaria in medicina di base è vietata da una Direttiva dell’UE (86/457/CEE), perché la formazione dei Medici di Medicina Generale deve “essere più pratica che teorica” e impartita per almeno 6 mesi presso un ospedale e per 6 mesi presso un ambulatorio di medicina generale (art. 2)." Norma successivamente modificata da due successive direttive che hanno portato la durata del percorso formativo a tre anni: un'asserzione che tuttavia e nonostante le indubbie competenze del prof Mapelli è destituita di qualsiasi fondamento.

La filosofia delle direttive CEE
Va ricordato che la logica delle direttive CEE è quella di definire dei requisiti minimi validi per tutti i paesi non mettendo nessun limite ai singoli stati se questi vogliono rendere più corposa la formazione. I minimi tuttavia non vanno confusi con i massimi come invece fa il prof Mapelli. Nulla vieta in altre parole che il singolo Stato possa incrementare il numero di anni per ottenere sul proprio territorio un determinato requisito indispensabile per l'esercizio della professione.

Il titolo di studio
Le direttive CEE non entrano nel merito del tipo di riconoscimento che il singolo stato ritiene opportuno adottare. E a dimostrazione di questo i termini utilizzati sono "certificato o diploma": ogni paese è pertanto libero di affidare il riconoscimento del titolo di studio all'università o ad altro ente certificatore che nel caso del nostro paese è stato identificato nella regione.
Anche in questo caso nulla vieta che un paese membro decida che la formazione debba essere affidata, a partire da una determinata data, all'università.

I contenuti della formazione
La direttiva CEE definisce , questo sì, le linee generali a cui devono attenersi i programmi di studio dando grande valore alla formazione pratica direttamente sul campo: nulla vieta che questa venga svolta per la parte pratica all’interno dei servizi e presidi del SSN, compresi gli studi dei medici di medicina generale e per la parte teorica in ambito universitario, a maggior ragione se nell'istituto sia presente un dipartimento delle cure primarie.
L'istituzione di un tale dipartimento è già una realtà in Liguria ed è augurabile che diventi un modello nazionale e nulla vieta che altre istituzioni ne seguano l' esempio, procedendo a incrementare la loro offerta formativa.

La valorizzazione delle Aziende sanitarie
L'istituzione di dipartimenti delle cure primarie potrebbe essere l'occasione storica per fare entrare in modo strutturato le aziende sanitarie nel percorso formativo.
Attraverso un atto convenzionale le università potrebbero costituire con estrema facilità dei dipartimenti misti delle cure primarie in cui i MMG che hanno svolto formazione nei corsi triennali potrebbero svolgere il ruolo di professore a contratto come oggi avviene per il personale medico nei corsi universitari per la laurea in infermieristica e delle altre professioni sanitarie, anzi si potrebbe dar vita ad uno specifico settore disciplinare al quale potrebbero aspirare quali professori universitari a tutti gli effetti i medici di medicina generale “cultori della materia”...

L’indispensabile evoluzione della professione
Si tratta, quindi, di far evolvere la formazione in MMG in una formazione si universitaria per il titolo rilasciato eguale a quello delle altre specializzazioni mediche, ma come quest’ultime svolte all’interno delle sedi di insegnamento del SSN nei suoi presidi e servizi sia ospedalieri che territoriali, ovviamente in quest’ottica gli studi dei MMMMGG sono parte integrante del percorso formativo del corso universitario di specializzazione in medicina generale: una specializzazione programmata e gestita dall’università con il concorso attivo e paritario delle Regioni e quindi del SSN.

Un’evoluzione positiva e progressiva della formazione in medicina generale in grado di valorizzare il ruolo del MMG e di renderlo più capace per affrontare e rispondere ai nuovi bisogni di salute derivanti dal mutato quadro epidemiologico e demografico del Paese.

Roberto Polillo e Saverio Proia

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