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Giovedì 25 OTTOBRE 2012
Malattie rare. Uniamo Firm: “L’assistenza costa alle famiglie fino a 8 mila euro l’anno”

E al Sud ci sono difficoltà ad arrivare a fine mese. Solo l’8,4% delle famiglie ha contributi economici. È quanto emerge da un’indagine svolta dalle Associazioni dei malati rari che propongono correttivi normativi e organizzativi a partire dall’aggiornamento dell’elenco delle malattie rare

È una strada tutta in salita quella dei malati rari e delle loro famiglie. I tempi per ricevere una diagnosi sono mediamente lunghi e tre persone su dieci, soprattutto del Sud, sono costrette a emigrare in altre Regioni per riceverla. Poco più di un malato su dieci non ha un centro di competenza a cui fare rifermento, ma anche chi lo ha paga lo scotto di percorrere distanze enormi, fino a 200 km, pagando le trasferte di tasca propria. E ancora circa sei persone su dieci sono poco o per nulla autonome e hanno bisogno di un’assistenza continuativa che il territorio spesso e volentieri non è in grado di offrire, per cui una famiglia su 4 deve ricorrere a personale a pagamento con un spesa media di circa 400 euro al mese. Soprattutto l’assistenza a un malato raro, che include riabilitazione, protesi/ausili, controlli, visite specialistiche, incide pesantemente sul bilancio familiare: la spesa media annua è di circa 3.350 euro che possono arrivare a 6.850 euro nei casi più gravi. I malati rari delle Regioni del Sud non arrivano a fine mese.
 
Sono questi i dati emersi dall’indagine svolta da Uniamo Fimr Onlus, la Federazione delle malattie rare, nell’ambito del progetto Diaspro Rosso finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e presentata oggi alla sala delle conferenze alla Camera. Obiettivo: creare un sistema di rilevazione dei bisogni assistenziali del malato raro, analizzando i costi sociali ed economici che questo comporta per il nucleo familiare, ma anche elaborare e proporre specifiche misure di sostegno per i malati rari a fronte di bisogni e criticità rilevate.
L’indagine che ha interessato nove territori regionali partner del progetto – Veneto, Liguria, Toscana, Puglia, Lazio, Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia – è stata condotta da luglio e ottobre del 2012 e ha coinvolto oltre 200 famiglie di persone affette da Sindrome da delezione del Cromosoma 22Q11.2 (Sindrome di Di George), distrofia Muscolare di Duchenne, Corea di Huntington, Sclerosi Tuberosa e Sindrome di Williams.
 
È un quadro preoccupante quello che emerge dall’indagine: fotografa un’offerta dei servizi frammentata, con differenze non solo da Regione a Regione, ma a volte anche nell’ambito della stessa realtà locale. Tra i problemi più sentiti c’è la carenza nell’erogazione di prestazioni di tipo riabilitativo per cui in 1 caso su 3 le famiglie contribuiscono, in toto o in parte, al pagamento di questo servizio con una spesa media annua di 1.350 euro. A questa si aggiunge la terapia occupazionale e/o gli esercizi per le attività quotidiane, a pagamento in quasi 4 casi su 10 con una spesa media annua di 1.800 euro e anche l’assistenza psicologica ai famigliari (24,7%), a carico delle famiglie in un caso su 2 (spesa media annua di mille euro).
 
Non solo, a fronte di un notevole impegno economico delle famiglie – solo l’8,4% è beneficiaria di contributi economici da parte della Regione, della Provincia, dei Comuni e/o loro delegati nel 2011 – si segnalano problemi anche rispetto al riconoscimento della patologia rara in sede di commissione per l’invalidità civile e l’indennità di accompagnamento. Insomma oltre alle difficoltà legate alla malattia che compromette la qualità di vita dei malati rari si aggiungono anche costi diretti e indiretti che aggravano la loro situazione: la vita lavorativa dei familiari è messa a dura prova nei primi 3 anni successivi all’insorgenza dei sintomi della malattia e una persona su due dichiara di avere problemi sul lavoro. Difficoltà si registrano anche successivamente anche se in misura leggermente più contenuta (38,5%).
 
Le proposte. Bisogna dare risposte immediate, per questo Uniamo Fimr Onlus ha presentato i suoi desiderata. Occorre aggiornare l’elenco delle malattie rare e rivedere i Lea per le malattie rare (aggiornare il nomenclatore di protesi/ausili e presidi; rivedere le modalità di accesso ai farmaci e ai prodotti dietetici; etc). E ancora c’è la necessità di riorganizzazione della rete dei Centri di Competenza, per garantire ai malati rari l’effettivo expertise necessario in sede diagnostica e terapeutica-assistenziale. Bisogna poi rivedere le norme sull’erogazione dei sussidi per evitare frammentarietà e disequità di trattamento, anche attraverso la semplificazione delle procedure burocratiche.
Infine per quanto riguarda gli aspetti infrastrutturali e organizzativi è importante che si proceda all’implementazione del Fascicolo sanitario elettronico “nella logica di far viaggiare l’informazione e non i pazienti”. Ma bisogna anche mettere a regime i Registri regionali dei malati rari, favorire l’utilizzo della telemedicina, potenziare le help-line e gli sportelli per le malattie rare, ed anche potenziare l’assistenza territoriale e i servizi di sollievo e di sostegno psicologico alle famiglie. Oltre che a sostenere l’inserimento lavorativo.

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