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Lunedì 11 DICEMBRE 2023
Incendio ospedale di Tivoli. Un chiaro segnale della fatiscenza di molte strutture e della grave sofferenza del personale



Gentile Direttore,
il grave incendio scatenatosi nella notte tra l’8 ed il 9 all'ospedale di Tivoli ha causato tre morti e reso completamente inagibile, chissà per quanto tempo, un altro importante presidio sanitario, di vitale importanza in quella zona d’Italia.

Al di là di una doverosa ed umana solidarietà già espressa nei confronti dei familiari delle vittime, dei pazienti sfollati e delle loro famiglie, e ancor più per tutti gli operatori che in quell’ospedale già svolgevano il loro quotidiano lavoro con sacrificio, dedizione ed elevata professionalità, ma che in questa circostanza hanno superato se stessi per evacuare prontamente l’ospedale e mettere in sicurezza i pazienti lì ricoverati, si pone la necessità di rifondare la sanità italiana, ormai allo sbando in molte realtà, mettendola con coraggio e senza più indugi al primo posto degli sforzi dello Stato e delle Regioni, insieme alla scuola e alla sicurezza come necessità primarie per il presente ed il futuro della nostra Nazione. Aver cura della crescita, della salute e della protezione dei propri membri è infatti una questione di civiltà.

Nonostante gli sforzi che devono essere riconosciuti al Presidente Rocca per aver intrapreso nei mesi passati una capillare opera di messa in sicurezza degli edifici sanitari del Lazio, pur afflitto da pesanti ristrettezze imposta da voragini di bilancio che ha dovuto e saputo prontamente riequilibrare, e lo slancio di tutti gli operatori e di cittadini accorsi a dare manforte, per limitare la sofferenza, i disagi e le paure di chi era in ospedale, evitando, con coraggio e senso del dovere ma anche con profonda umanità, che le proporzioni della tragedia si ampliassero a dismisura, questa tragedia è un chiaro segnale che rivela, non solo simbolicamente, tanto la fatiscenza di molte strutture italiane quanto l’esaurimento psico-fisico e numerico del personale che vi opera.

Pur riconoscendo le buone intenzioni del Ministro Schillaci, crediamo che il Governo attuale, come i precedenti, non mostri di aver ancora compreso il livello di emergenza in cui sta rovinosamente precipitando il SSN pubblico, sempre meno equo, solidale, universalistico. Ignora infatti che, al di là delle buone intenzioni di chi dirige la manovalanza di tutti gli operatori sanitari che, con impegno encomiabile, di norma mantengono ancora alti livelli etici di sacrificio e di dedizione alla professione, a molti di questi, schiacciati dalla sofferenza, dal dolore e, soprattutto in alcuni settori, dalla paura di sbagliare o di subire attacchi, aggressioni, denunce, percependo ormai il sistema senza freni, diretto allo schianto finale, non resta altro che fuggire dalle maglie di una macina che tritura menti ed entusiasmi e che risponde ormai male anche solo a se stessa.

Basti pensare a quanti giorni stazionano i pazienti sulle barelle dei pronto soccorso in rassegnata attesa di un posto letto in un reparto qualunque, con aumento di rischio, fra l’altro, di incorrere in temibili infezioni nosocomiali; il tutto nella impotenza degli operatori preposti ai quali non viene nemmeno riconosciuto il valore usurante del lavoro che svolgono. O le responsabilità insostenibili che gravano sugli psichiatri del territorio ai quali, in grave carenza di strutture, mezzi e risorse adeguate, viene demandata la cura e, di fatto il contenimento, di gravi autori di reato, spesso incurabili, che fino a pochi anni fa venivano custoditi, trattati e se necessario contenuti negli ospedali psichiatrici giudiziari.

Tutto ciò nonostante analisti del settore abbiano dimostrato che investire in salute sia economicamente vantaggioso e produca ricchezza per il Paese anche in termini di prodotto interno lordo oltreché di civiltà e di benessere, e che il degrado delle strutture e del personale, risorsa insostituibile che tantissimo costa in termini di formazione di base e specialistica oltreché di aggiornamento continuo, abbia costi diretti ed indiretti molto più elevati di una attenta gestione attuata con investimenti adeguati sia in termini di risorse umane sia di risorse strutturali.

Il Paese necessita tutto, a livello nazionale, di una radicale e coraggiosa revisione delle priorità degli interventi per il benessere dei cittadini e per salvaguardare la produttività presente e futura. Al primo posto deve essere posta la salute: non si può immaginare che un popolo malato, trascurato, debole, deluso e demotivato, possa ribaltare alcuna tendenza rovinosa superando facilmente le difficoltà che la modernità comporta. E’ profondamente incivile che uno Stato non tuteli gli individui più deboli e malati. Ed è proprio nella malattia, oltreché nell’infanzia, che si ha più bisogno di sostegno e vicinanza. E dunque la scuola anch’essa fortemente penalizzata ormai da diversi decenni, e la sicurezza, con le forze dell’ordine che tentano disperatamente di arginare su tutto il territorio nazionale la disperazione ed il degrado dilaganti in immani tragedie ormai purtroppo giornaliere e di cui sembra impossibile avere contezza. Entrambi settori in grave sofferenza, perché anche questi molto trascurati da troppi anni.

Si tratta di investimenti sulla qualità della vita presente e futura, che devono coinvolgere tutti gli italiani perché tutti si torni a sorridere alla vita.

Invitiamo per questo anche i tutti i cittadini, giovani, anziani, genitori, figli a riflettere sulle priorità di una società che rischia di restare schiacciata dalla perdita della tutela della salute dei suoi appartenenti.

Senza salute e senza educazione, istruzione, cultura e sicurezza non c’è promozione umana e vero sviluppo sociale possibile.

Andrea Figà-Talamanca
Responsabile Nazionale Area Dirigenza Sindacato Medici Italiani (Smi)

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