quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Venerdì 15 DICEMBRE 2023
Le promesse del Piano sanitario lombardo e l’auspicio che non rimangano solo sulla carta

I bersagli da colpire sono quelli di assicurare la libertà di godimento della tutela della salute reale, bandendo prioritariamente le liste di attesa sempre di più omicidiarie, di garantire il benessere lavorativo quotidiano del personale garante dell’assistenza e di assicurare l’esigibilità della salute nel modo più decentrato e più comodo possibile per l’utenza, sempre di più anziana.

Dalle 21 slide alle 73 pagine del Piano sociosanitario regionale della Lombardia - al lordo di 15 pagine occupate nell’enunciazione della governance, invero di rilievo professionale, impegnata nella redazione e note bibliografiche - ma è cambiato molto poco rispetto al giudizio espresso sulle prime.

I LEA sono il carburante dell’essere persona

L’acronimo Lea, che è l’anima del servizio da rendere, è scandito solo dieci volte, più qualcuno rappresentato nei titoli di coda riferiti ai documenti richiamati, ma soprattutto con una sintesi che riduce la loro applicazione ad un dovere e non ad un diritto costituzionale da rendere a tutti. Tutto questo rappresenta il sintomo che anche in terra lombarda la sanità è difficile che possa diventare un servizio alla persona dignitoso, fatta eccezione per quello assicurato da anni dai 17 IRCCS che ivi abbondano più che altrove. La terra dei longobardi registra infatti più di un terzo degli IRCCS sparsi sul territorio nazionale, molti dei quali apprezzati e super noti, in quanto tali attrattivi di una mobilità attiva pressoché prossima al miliardo di euro.

La “città promessa”, rimasta tale, è reato politico

Stante a quanto è dato leggere, nel PSSR si disegna “la città promessa”. Contiene difatti una serie di faremo, dei quali tuttavia non si fornisce neppure l’idea degli impegni in bilancio, peraltro citato solo tre volte con uno destinato al saldo negativo tra deceduti e nati. E dire che, dopo l’emersione di quanto combinato nei bilanci della Regione Lazio, dalla situazione dei bilanci, messi in relazione alle magagne scoperte dalla Corte dei conti per retribuire indebitamente gli extra-budget agli erogatori privati, dipenderanno gli esiti della programmazione anche nella regione dell’Inter, del Milan e dell’Atalanta.

Ritornando al contenuto del PSSR 2023-2027, più che un atto di programmazione, ove devono (per regola) evincersi gli obiettivi, le fonti e gli impegni, esso appare un mero elenco sul da farsi, meglio una scansione di ciò che si promette. Il tutto partendo da una abbondante elaborazione ricognitiva dalla quale, peraltro, non emerge alcun senso autocritico ad un passato e ad un presente non ottimali. Ciò nonostante, la inadeguatezza registrata nell’affrontare il Covid e le negligenze che hanno determinato all’epoca decine di migliaia di morti, principalmente nel bergamasco e nel sistema delle Rsa.

Cosa c’è dentro il PSSR

Quindi, di programmazione si inizia parlare a partire dalla Sezione terza, quindi, da pag. 20 in poi. Lo si fa tuttavia sottolineando i limiti erogativi, i rischi latenti e declinando soluzioni prevalentemente teoriche. Insomma, la descrizione dello status quo ha la meglio sul progetto.

Apprezzabili tutti gli impegni e le previsioni fondate su una corretta ricognizione (invero un po’ annacquata sul piano delle carenze reali). Il tutto sprovvisto tuttavia del come realizzare il cambiamento migliorativo, atteso che ci si limita alla enunciazione di desideri.

La programmazione elaborata dal decisore politico, con il conforto del management pubblico, rappresenta ben altro. Costituisce lo strumento attraverso il quale si costruisce un progetto fattibile sulle esigenze obiettivamente rilevate. Ciò nel senso che con esso si debba prevedere come colmare i vuoti, riorganizzare le risorse umane e strumentali, rilanciare la capacità di produrre, compatibilmente con la disponibilità economica. Una sorta di piano industriale, insomma. Un business plan che ha come profitto il diritto alla salute godibile!

Se, poi, il progetto è dedicato a programmare l’erogazione reale dell’assistenza sociosanitaria è molto di più. Esso nasce infatti dalla rilevazione del fabbisogno epidemiologico, dai rischi epidemici (quelli che, specie in Lombardia, non sono stati affatto considerati a titolo di prevenzione dalle pandemie!), dalle norme sopravvenute ben conciliate con quelle esistenti, dalla diversità dei luoghi e delle composizioni demografiche, dalla scansione anagrafica della popolazione destinataria e dalle fasce di disoccupazione.

Gli ingredienti di base, irrinunciabili

Queste sono solo una parte delle analisi preliminari indispensabili ad una programmazione che ha la presunzione di definirsi tale.

Al riguardo, sono infatti indispensabili:

Di tutto questo, nell’anzidetto PSSR c’è poco o nulla, se non una dichiarazione constatativa sui problemi seriali che i cittadini longobardi conoscono bene, forse meglio di chi si accinge di solito a programmare, prevalentemente abituato a concepire ciò che vede dalla propria finestra, dimenticando ciò che avviene nella periferia, spesso addirittura sconosciuta ai titolari della programmazione.

Alla fine della licenza …

Concludendo sul contenuto e la forma del PSSR 2023-2027, dal quale francamente gli addetti ai lavori si attendevano un’altra qualità del prodotto, non esiste la benché minima sinergia con lo strumento reso obbligatorio dal vigente d.lgs. 118/202: il bilancio consolidato di previsione annuale 2024 e triennale 2023-2027, perfettamente conseguente ai saldi di consuntivo consolidato 2023.

Una tale assenza fa apprezzare il manufatto di Bertolaso & Co. sul piano della creatività, della promessa e dell’augurio. Certamente non sul piano della ragionevole certezza. Latita infatti la concretezza e, con questo, si alimentano vane aspettative nella società civile, martoriata dal Covid e tuttora allo sbando, ma anche dell’organico impegnato nel sistema sociosanitario, che si presuppone non affatto partecipe dello strumento di programmazione.

I bersagli da colpire prioritariamente dalla politica, statale e regionale sono quelli di assicurare la libertà di godimento della tutela della salute reale, bandendo prioritariamente le liste di attesa sempre di più omicidiarie, di garantire il benessere lavorativo quotidiano del personale garante dell’assistenza e di assicurare l’esigibilità della salute nel modo più decentrato e più comodo possibile per l’utenza, sempre di più anziana.

L’enfasi sul DM77, sulla attuazione intempestiva del DM70 e sui plateali stop ai medici a gettoni dopo averli sopportati per anni crea disagi a chi se ne rende protagonista e a chi ne è incolpevole destinatario.

Ettore Jorio

© RIPRODUZIONE RISERVATA