quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Lunedì 19 NOVEMBRE 2012
L’Aquila. Isolato per la prima volta in Italia il batterio killer Klebsiella pneumoniae

L’isolamento e la tipizzazione del microrganismo resistente a tutti gli antibiotici disponibili ha permesso di salvare un paziente dell’Ospedale San Salvatore, che era in condizioni gravissime. Ma ora lo sforzo di ricerca potrà essere sfruttato anche per migliorare l’efficacia di alcuni farmaci.

Si tratta del primo caso in Italia, e il risultato è stato possibile solo grazie alla sinergia tra reparto Malattie infettive del San Salvatore di L’Aquila e i ricercatori dell’Università: gli scienziati sono riusciti a isolare da un paziente il temutissimo Klebsiella pneumoniae, un batterio-killer antibiotico resistente quasi sempre letale, che produce due enzimi (KPC e VIM) capaci appunto di neutralizzare l’azione di tutti gli antibiotici attualmente disponibili. Solo così i medici hanno potuto di salvaguardare il malato e curarlo con altri farmaci.
 
L’uomo aveva infatti una gravissima infezione ed era in pericolo di vitaperché tutti gli antibiotici in commercio, utilizzati per la patologia, erano inefficaci: curato all’ospedale, oltre alla patologia dovuta al batterio, era portatore di una grave patologia di base che rendeva ancora più delicato il suo caso.  Il malato è stato isolato per quasi tre mesi nell’Unità operativa complessa di Malattie Infettive dell’Ospedale de l’Aquila dove, tra l’altro, recentemente è stato inaugurato un nuovo reparto, con sistemi di isolamento all’ avanguardia.
Nel trattamento del paziente - dimesso da alcune settimane e ora in  buone condizioni - è stato utilizzato con successo un nuovo schema terapeutico che ha permesso di neutralizzare questa  pericolosa patologia  in presenza di condizioni di salute particolarmente critiche.
La grave infezione, di cui soffriva l’uomo, era infatti generata dal batterio Klebsiella pneumoniae che produce, come detto, due enzimi, denominati KPC e VIM, capaci di rendere del tutto inefficaci gli antibiotici appartenenti alla classe dei carbapenemici. Questo tipo di problema – fanno sapere anche dall’Istituto superiore di sanità – è una delle questioni emergenti nei reparti di rianimazione e di terapia intensiva dove i batteri resistenti agli antibiotici diventano particolarmente pericolosi. L’allarme era stato lanciato già a giugno ma il tema è stato riportato all’attenzione dell’opinione pubblica e degli specialisti in questi giorni, e appena ieri è stata celebrata la Giornata Europea sull’antibioticoresistenza.
 
Con il lavoro sinergico tra ospedale e Università di L’Aquilasi è riusciti ad isolare, primo caso in Italia, il batterio-killer alla base della patologia e quindi a elaborare un nuovo trattamento terapeutico. La scoperta è il frutto di un’azione ‘a due mani’ tra il reparto di Malattie Infettive dell’ Ospedale S. Salvatore dell’Aquila diretto dal dr. Alessandro Grimaldi, coadiuvato dal suo collega di reparto Maurizio Mariani, l’équipe della prof.ssa Maria Grazia Perilli dell’Università dell’Aquila, e lo staff  del prof. Gianfranco Amicosante, titolare della cattedra di biochimica clinica e biologia molecolare dell’Università di L’Aquila.
Uno studio scientifico difficile e appassionato, frutto di un lavoro di equipe, sta per varcare l’Oceano e approdare negli Usa:  a Dicembre sarà pubblicato su Diagnostic Microbiology and Infectious disease. Un riconoscimento alla sanità aquilana che potrebbe dare un importante impulso alla ricerca e consentire di capire perché determinati batteri-killer, responsabili delle infezioni che lasciano il paziente senza difese immunitarie, sono inattaccabili dagli antibiotici.
 
Dal caso trattato al San Salvatore è inoltre scaturito un progetto sperimentaledi “stewardship”, cioè di controllo delle infezioni ospedaliere più gravi, coordinato da Grimaldi e Mariani, in collaborazione con la Direzione sanitaria di presidio, la Microbiologia dell’ospedale e l’Università aquilana, finalizzato ad un uso più appropriato e razionale degli antibiotici. “L’obiettivo del progetto – ha dichiarato Grimaldi – oltre ad approfondire lo studio sui meccanismo di resistenza dei batteri agli antibiotici e quindi salvare la vita di molti pazienti, è ridurre i costi delle terapie grazie a un uso più appropriato e razionale degli antibiotici più potenti e costosi. Migliorando la conoscenza, insomma, col tempo gli specialisti saranno in grado di ‘selezionare’ gli antibiotici realmente efficaci e scartare quelli che oggi vengono utilizzati senza risultati e che comportano una spesa improduttiva. Insomma, meno antibiotici, meno spese e, soprattutto, cure migliori. È un aspetto importante poiché in Italia, per le infezioni ospedaliere, nell’ultimo triennio è stata spesa una cifra molto alta, dai 4 ai 12 miliardi di euro”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA