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Mercoledì 21 NOVEMBRE 2012
Medici e infermieri. Basta con i dogmi. Stiamo ai fatti



Gentile Direttore,
le chiedo cortesemente di poter pubblicamente replicare al Dirigente Sanitario Marcella Gostinelli, in merito alla sua affermazione che nella sua lettera mi qualifica personalmente come "un certo tipo di medico ...che ha ancora bisogno di aggrapparsi al conosciuto perché insicuro, per rivendicare un professionalismo che vuole ancora riproporsi in termini di medical dominance, vale a dire in termini di controllo esercitato dai professionisti medici."
 
Professionalismo? Medical dominance? Professionalista (che è un dispregiativo, spero che l'autrice se ne sia almeno resa conto) è casomai chi pretende di riordinare una professione che non esercita, medico o infermiere, o altro che sia. E poi...il professionista, medico o infermiere o altro che sia, non rivendica, casomai esige il rispetto delle proprie prerogative professionali nel rispetto delle regole. Il che è quanto l'AAROI-EMAC pretende: essere coinvolta con altre Associazioni di medici operatori sul campo nella necessaria evoluzione di sistema, mentre sinora, sul disegno di tale evoluzione, nessuno si è degnato di ascoltare i medici che come tali effettivamente lavorano nel nostro SSN. I quali restano a disponibili a un confronto che sia realmente tale...se mai fosse loro proposto.
 
Insicuro io? E di che cosa se è lecito? Sono forse tutti insicuri i medici che "pretendono" la governance del proprio lavoro? Possono davvero essere così facilmente tacciati di conservatorismo i medici che "osano" far sentire la propria voce in merito ad una riforma subìta senza essere mai stati chiamati in causa se non attraverso la mediazione fasulla di organismi "di categoria" rappresentati da medici che da decenni non visitano un Paziente?
 
E possono davvero credere i dirigenti infermieristici da scrivania, ormai divenuta una cattedra, che tutti i miei colleghi, ai quali il lavoro quotidiano nelle corsie e nelle sale operatorie lascia ben poco spazio allo studio e all'interpretazione delle evoluzioni/rivoluzioni normative in sanità, continueranno ad essere ciechi e sordi quando si realizzerà la prospettiva che la loro professionalità sia coordinata, per non dire sovraordinata, da quelle scrivanie e da quelle cattedre ? 
 
Ed è davvero normale che quando ad una sin troppo diffusa sordità e cecità da overload clinico fa da contraltare un'attenzione che si manifesta in voce, i nuovi professori cerchino di zittirla ex cathedra come sono ancora usi a fare taluni nostri universitari con i loro studenti? E davvero si crede che ancora a lungo gli infermieri che lavorano prendendosi cura in prima persona dei pazienti si lasceranno illudere che le poche o tante sedie con i braccioli dei loro dirigenti basteranno a gratificarli in massa come professionisti?
 
Può darsi, ma può darsi di no. Lo vedremo. Alle declamazioni da scrivania, personalmente rispondo con il mio lavoro assistenziale: chi davvero lavora in divisa da sala operatoria, medico o infermiere che sia, sa di che cosa parlo. E non può certo permettersi insicurezze: avrebbe cambiato mestiere, come ha fatto chi fa il dirigente da scrivania. Del resto, i dirigenti e i direttori medici, così come gli infermieri in corsia, continuano ad assistere e a curare i pazienti, i dirigenti infermieristici dirigono pile di fogli A4, e l'assistenza l'hanno lasciata sulla soglia delle aule dei loro master. Sfido chiunque a provare il contrario.
 
Ma gli stessi fautori dell'esponenziale crescita infermieristica forse stanno ormai rendendosi conto che la situazione già sfugge loro di mano: "perché l’infermiere dovrebbe sentirsi valorizzato a fare attività che alleggeriscono il medico?" chiede il Dirigente Sanitario Marcella Gostinelli al Prof. Proia...e già, Professore, mi associo alla domanda. Tanto, la risposta la conosciamo tutti, e non è proprio da spending review: aumenti di stipendio, mi pare chiaro. Ci aveva pensato?
 
Quanto al "mercato in cui sono i pazienti-consumatori a controllare le condizioni dello scambio dei servizi sanitari": questo mercato è davvero controllato dai cittadini? Ne sono mai stati informati? E' stata mai richiesta la loro opinione? O si dà per scontato che l'offerta di servizi sanitari debba loro bastare a prescindere da chi effettivamente li eroga?
 
Quanto all'etica e all'epistemologia, citate nella lettera in questione ad effetto speciale, sarebbe meglio che chi usa termini di questo genere ricominci a parlare come mangia e come ha sempre mangiato; come medico, uomo di scienza, e come cultore dell'umanistica, rilevo che l'invito a "un’etica postmoderna, chiamata ad uscire dalla sua infanzia epistemologica" è un insieme di parole di senso incompiuto ancorchè ridondante, imparate a memoria in un'età in cui la residua plasticità gnoseologica consente sì di memorizzare, ma evidentemente non di usare a proposito, un lessico che appartiene invece a chi lo ha masticato con passione sin dal liceo-ginnasio. 
 
Comunque, l'invito suona fastidiosamente come un dogma offerto andragogicamente in forma di obbligo ad una crescita che assomiglia ad un'estinzione della specie, sotto la spinta di un'altrui catechesi pseudo-morale, placcata di filosofia neonaturalistica in strato sottile. Come dire: l'evoluzione darwiniana della specie siamo noi, fatevi da parte. Grazie, personalmente declino l'offerta, so catechizzarmi da me.
 
Alessandro Vergallo
Presidente AAROI-EMAC Lombardia

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