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Lunedì 11 MARZO 2024
I medici (dimenticati) delle Rsa



Gentile Direttore,
seguo da tempo con interesse i vostri articoli che sono sempre “sul pezzo”, per dirla in breve. Ultimamente viene spesso trattato l'argomento numero chiuso-sì/numero chiuso-no per l'accesso alla facoltà di Medicina. Qualche giorno fa mi sono imbattuta nello studio dell'Anaao in cui, sintetizzo per semplificare il messaggio, si teme una futura pletora di nuovi medici.

Mi sorge un quesito: nel conteggio delle risorse mediche sul territorio, vengono tenuti presenti anche i medici che, a vario titolo, operano nelle Rsa? Non intendo i medici di medicina generale, ma gli altri che vi operano come dipendenti piuttosto che libero professionisti. Nel caso il termine pletora forse dovrebbe essere quantomeno rimodulato.

Mi sembra che le strutture socio-sanitarie fatichino ancora molto a trovare il loro posto come nodo comunque cruciale nella rete territoriale per la presa in carico della cronicità e ci si ricordi di queste strutture solo durante le vigilanze o quando salgono alla ribalta per un qualunque motivo.

Mi sorge infine un'altra considerazione: perché un medico che accede al percorso di formazione per la medicina “di base” non può più collaborare con la struttura dove magari già operava da anni? Ben strutturata, tale attività, non potrebbe configurarsi come un tirocinio per la presa in carico della cronicità?

Concludo con una battuta (o forse no): tenendo conto di quello che i colleghi possono continuare a fare dopo aver intrapreso tale percorso, temo che sia una questione di allocamento risorse dove ve ne è altrettanto bisogno.

Dopo più di 30 anni di lavoro, mi spiace proprio vedere e vivere “questa guerra tra poveri”.

Cordialmente

Maria Rita Aldeghi

Medico, responsabile di struttura in Rsa in Lombardia

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