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Giovedì 22 NOVEMBRE 2012
Patto o non Patto. Questo è il dilemma…

Si dice in giro che è possibile riallacciare un dialogo… che vi sono segnali di distensione…ma il governo è disposto a “patteggiare”? Perché se il patto si deve fare “a saldi invariati”, è inutile farlo

E' scaduto ieri, nel silenzio di governo e regioni, il termine fissato dalla spending review per la sigla del Patto per la Salute”. Quell’inciso “nel silenzio”non l’avrei mai voluto leggere. Sapete come succede… si discute, si critica, ci si arrabbia perfino…ma alla fine si tira avanti sperando che qualcosa accada. Ieri di contro i sindaci di tutta Italia hanno deciso di gridare e sono scesi in piazza contro le politiche finanziarie del governo le stesse sulle quali le regioni tacciono. Un contrasto che colpisce. Quel “silenzio” sembra essere la prova che qualcosa sia finito. Un silenzio che non è solo di governo e regioni, a parte i comuni, ma di tutti, e che sa di incoscienza di impotenza e di rassegnazione. Le regioni se rinunciano al “patto” rinunciano a moderare i tagli, a mediare sui tempi e le quantità, a controproporre a politiche cattive politiche buone, a fare il loro mestiere di regioni ad assecondare il “tanto peggio tanto meglio”.
 
Si dice in giro che è possibile riallacciare un dialogo… che vi sono segnali di distensione…ma il governo è disposto a “patteggiare”? Perché se il patto si deve fare “a saldi invariati”, è inutile farlo. Il silenzio delle regioni non è perché hanno perso la voce ma perché sanno che i margini non ci sono. Mi chiedo a questo punto perché non disobbedire in qualche modo come i sindaci, altrimenti il loro silenzio più che sembrare una resistenza passiva rischia di apparire come una sottomissione imbelle. 
 
Come potremmo perdonare alle regioni, questa diserzione istituzionale? Ma le regioni, come si dice a Roma, ”sono de coccio” e non ci sentono. Qualche titolo e qualche spigolatura…restando solo all’ultimo anno:

“Le regioni devono capire che se si va avanti di questo passo le prime ad essere messe in croce saranno (e già lo sono) proprio loro". (28 novembre 2011).
 
“Caro Errani, non basta chiedere soldi in più. C’è bisogno di cambiamento. Nonostante i tanti patti per la salute sottoscritti, la spesa privata si sta mangiando i diritti e le tutele pubbliche si sono ristrette. Di questo passo la sanità pubblica affonderà….credo proprio che la misura sia colma… Dobbiamo prendere un’altra strada. E’ tempo di cambiare….caro Errani, apri gli occhi, oggi di patto in patto ci state portando dritti dritti verso la privatizzazione. …con la riforma del Titolo V,avete assunto tutti i poteri veri sulla sanità…e … contratto un dovere di riforma che sino ad ora, non siete riusciti ad onorare. Questo potere, deve rimanere a voi, ma dovete imparare ad usarlo per cambiare, per reinventare, per ripensare”. (05 aprile 2012)
 
“Per un ‘pugno di euro’. Il patto per la salute e l'harakiri delle Regioni…“Il patto per la salute nasce sulla base di uno scambio istituzionale molto chiaro: cessione di sovranità in cambio di risorse (….) Cedere la sovranità, per una Regione, non significa solo sottomettere la propria autonomia istituzionale allo spending power, ma anche disporre della propria gente, quindi dell’indisponibile, e permetterne lo sfruttamento”. (22 maggio 2012)
 
“Il patto per la salute annaspa sotto la minaccia di nuovi tagli alla sanità e di nuovi ticket per i cittadini…ma la politica non riesce a trovare risposte adeguate che taglino sprechi e abusi senza penalizzare il diritto alla salute…non è vero (…) che la crisi fa perdere l’universalismo, è vero che nella crisi le soluzioni proposte dal governo, cioè il Patto per la salute che si dovrà fare entro l’anno, non sono capaci di difenderlo”. (30 maggio 2012)
 
“Caro Errani fai bene a non firmare il patto, è una bufala, ma fai male a non dotarti di una contro prospettiva. E’ vero siamo in recessione ma anche in pieno post-welfarismo oggi per non perdere la sanità pubblica è necessario se non esiziale reinventarla”. (26 luglio 2012)
 
“Dalla spending review allo "spending power (…) i poteri di Regioni, comuni, aziende, sono come deposti a significare non solo la sfiducia dello stato centrale nei loro confronti ma anche un inappellabile giudizio sulla loro inettitudine". (01 ottobre 2012)
 
“Devo dire che se triste è lo spettacolo che nel loro insieme le regioni danno di se stesse (…) non meno triste è rendersi conto di quanto esse siano senza idee, senza politiche convincenti, senza un moderno progetto di welfare fino ad essere poco difendibili da coloro, governo in testa, che ne chiedono il ridimensionamenti dei poteri”. (01 novembre 2012)
 
“Sono scadute ieri, nel silenzio di…” le regioni… come se fossero degli yogurt dimenticati in frigorifero…e…tutti zitti.
 
Ivan Cavicchi
 

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