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Martedì 29 GENNAIO 2013
Verso le elezioni. Il programma del Pd per la sanità: "Basta tagli e no a nuovi ticket"

Il Partito democratico ha presentato il suo programma per il rilancio del Ssn: rivedere il legame ospedale-territorio, riqualificare le cure primarie, legge sul rischio clinico per alleviare il disagio dei professionisti, prevenzione, nuova politica del farmaco per valorizzare R&S. Questi gli obiettivi in sintesi

Questa mattina nella sede di Sant’Andrea delle Fratte a Roma il Partito Democratico ha illustrato nel corso di una conferenza stampa (presenti i responsabili sanità del partito Paolo Fontanelli e Roberta Agostini e i candidati alle prossime elezioni Amedeo Bianco, Annalisa Silvestro e Ignazio Marino) le proprie priorità in tema di sanità e in particolare per il rilancio del Servizio Sanitario Nazionale. Ribadendo che le politiche della salute son una priorità per il partito di Bersani, sono stati illustrati gli otto punti che formano il programma per la sanità.
 
La grave crisi che sta attraversando il nostro Paese – si legge nel documento – richiede uno straordinario e prolungato impegno affinché il sistema di tutela della salute non venga travolto ma, al contrario, venga migliorato e consolidato.
L’aumento della disoccupazione e delle povertà, i continui tagli alle politiche sociali e alle politiche sanitarie non fanno altro che aumentare l’insoddisfazione delle persone che, sempre più spesso, lamentano un peggioramento delle condizioni di accesso ai servizi, l’aumento dei ticket, il degrado delle strutture, il disorientamento di fronte a restrizioni spesso assurde e contraddittorie, la carenza di sostegni alla non autosufficienza”.
 
La crisi dunque secondo il Pd “non può e non deve diventare una giustificazione al rovesciamento dei principi dell’universalismo e della solidarietà nella tutela della salute”. Anzi al contrario deve diventare un “impegno primario” del Partito, impegno che si coniuga “sulle politiche sanitarie e sulle politiche sociali, perché la tutela della salute delle persone non può più tollerare la diffusa scarsa integrazione fra sociale e sanitario”.
 
“Oggi – ribadisce il documento del Pd – il sistema italiano è meno finanziato di molti altri in Europa: il fondo sanitario ammonta al 7,1% del Pil quando la media degli stati Ue hanno investito in sanità circa il 9% rispetto al valore dei loro Pil. I dati ci dicono che né il livello né la dinamica della spesa sanitaria del nostro Paese possono essere considerati motivo di allarme per la finanza pubblica. Si tratta di una voce di spesa importante, ma sulla sanità vantiamo uno spread positivo rispetto alla Germania: spendiamo nel pubblico almeno 1,6 punti di PIL in meno e complessivamente - tra pubblico e privato - 2,3 punti in meno”.
 
Nonostante i bassi livelli di spesa, i fondi per la sanità pubblica vengono continuamente tagliati e la Corte dei Conti ha stimato in 31 miliardi i tagli fino al 2015. “Gli effetti di questa politica stanno provocando una situazione di incertezza e di grandissima difficoltà. Non solo perché ciò ha impedito la possibilità di concretizzare il Patto per la salute fra il Governo e le Regioni, ma anche perché la conseguenza è quella di aprire la strada ad un pro- cesso di destrutturazione che si manifesta già con una riduzione dei servizi e delle prestazioni ai cittadini. Infatti sono cresciuti visibilmente fenomeni di malessere e di sfiducia sia fra gli utenti che fra gli operatori. Un segnale di allarme che non va ignorato”.
Il partito democratico, si legge ancora, si oppone al fatto che “in nome della crisi della finanza pubblica (il debito) e dei cambiamenti demografici, a partire dall’invecchiamento della popolazione e dall’aumento delle cronicità”, si tende a pensare che questo sistema non ce lo possiamo più permettere, perché “finanziariamente insostenibile”.
Secondo il Pd è possibile percorrere un’altra via che si discosta da quella dei tagli lineari e del ridimensionamento dei servizi: “la nostra posizione è quella di dire con chiarezza no a nuovi tagli e nuovi ticket”.
La fonte principale per reperire le risorse necessarie a rendere esigibile la tutela della salute  diritto è e resta “la fiscalità generale” e “Il PD ritiene che in nessun modo il livello di finanziamento del Fondo sanitario nazionale possa scendere al di sotto dei valori stabiliti nell’ultimo Patto per la salute”.
 
In sintesi il programma del Pd
Ospedale e territorio: da reparti specialistici a intensità delle cure
E’ urgente un piano di rinnovamento strutturale e tecnologico degli ospedali e passare dal- l’ospedale basato sul numero di posti letto e sulle diverse specialità, al principio dell’intensità delle cure. Gli ospedali devono poi essere collegati tra loro attraverso reti di specialità per evitare doppioni e ridondanze. Essenziale anche lo stretto legame con i presidi territoriali.
 
Riqualificare e riorganizzare le cure primarie
Abbandonare l’idea del lavoro “solista” e di attesa per realizzare il modello di medicina associata e di iniziativa. Gli studi dei Mmg, attraverso forme incentivate di aggregazione strutturale o funzionale con la rete della continuità assistenziale e della specialistica convenzionata, devono assicurare la gestione di cure e diagnosi di primo livello H 24.
 
Appropriatezza e medicina difensiva
Per contrastare il fenomeno, occorre creare le condizioni affinché i medici prescrivano visite ed esami solo quando è opportuno. Servono linee guida e percorsi diagnostico-terapeutici scientificamente validi e verificati dalle società scientifiche; serve la tessera sanitaria digitale per ogni persona, in modo da poter verificare quali sono le terapie in corso e quelle passate ed evitare la duplicazione di esami già eseguiti. Deve essere e introdotta una legge sul rischio clinico che imponga l’introduzione di strumenti per la prevenzione degli eventi avversi ed il loro monitoraggio e riveda i meccanismi di assicurazione, al fine di garantire la copertura a tutti i professionisti del SSN e al contempo ne riduca i costi. Il PD, conspevole del profondo disagio dei professionisti, intende orientare le sue politiche secondo alcune direttrici di intervento:
le quattro A: assicurazione, autorizzazione, accreditamento e accordi contrattuali (questi ultimi per le strutture private), con la prima che diventa condizione necessaria e imprescindibile per le altre tre, costituendo, quindi, un obbligo. La tutela, comunque configurata, deve valere
per tutto l’arco temporale in cui può essere esercitata un’azione risarcitoria (10 anni in civile) migliorare la sicurezza delle cure: attuando in ogni struttura funzioni dedicate alla preven- zione e gestione del rischio, lavorando sull’appropriatezza (le buone pratiche sulla base di linee guida accreditate), sviluppando procedure confidenziali di emersione e valutazione degli
errori, incrementando politiche di formazione.
attivare sistemi misti, risarcitori e indennitari, in maniera da tutelare le persone danneggiate, indipendentemente dal riconoscimento o meno di una responsabilità individuabile (no fault) creare un fondo per i grandissimi rischi e per le insolvenze, introducendo il concetto della responsabilità oggettiva delle strutture sanitarie, siano esse pubbliche o private
dare piena e pronta attuazione al fondo di solidarietà per le categorie professionali più esposte al fine di contenere i premi assicurativi,
mettere a punto tabelle univoche per la valutazione del danno, allo scopo di uniformare,
secondo equità e giustizia, l’ammontare delle liquidazioni.
 
Prevenzione
Gran parte della spesa sanitaria si concentra negli ultimi anni di vita dei pazienti ed è associata al trattamento e alla riabilitazione di patologie croniche. Si stima che almeno l’80% delle malattie cardiache, dei casi di ictus e di diabete, oltre a un terzo dei tumori, siano prevenibili. Per continuare a garantire il sistema universalistico è indispensabile ridurre la pressione sul sistema stesso attraverso serie e incisive politiche per la prevenzione, sostegno a corretti stili di vita, lotta alle dipendenze, corretta alimentazione, attività fisica, anche coinvolgendo i percorsi scolastici fin dalle elementari.
 
Una nuova politica del farmaco
Il mercato farmaceutico italiano rappresenta il terzo mercato europeo e il sesto mondiale, ed è pari a quasi venticinque miliardi di euro. Il comparto assorbe circa il 20% delle risorse del fondo sanitario nazionale.
È un settore cruciale per l’assetto industriale del nostro Paese e dovrebbe essere fortemente valorizzato e riorientato all’innovazione e alla ricerca. Ma per garantire questo l’Italia deve su- perare la cultura dell’emergenza permettendo alle aziende farmaceutiche una pianificazione delle loro attività su un periodo di 3-5 anni, evitando ripetuti e contraddittori interventi che destabilizzano e rendono il nostro Paese poco affidabile e poco appetibile per gli investimenti da parte delle grandi multinazionali. Va superata la concezione culturale del farmaco solo come fattore di spesa per la sanità.
 
Federalismo e governance
La scelta federalista sancita nel titolo V della Costituzione rappresenta un’opzione strategica che non va messa in discussione. Al tempo stesso alcune conseguenze negative nell’applicazione dei principi federalisti vanno corrette, in particolare l’aumento del divario nella qualità dell’assistenza tra le regioni del nord e quelle meridionali.
La situazione nelle regioni meridionali è la più preoccupante ma la nostra sfida è per una sanità efficiente e di qualità anche nel sud che consideriamo una “grande questione nazionale”. Va rivista l’intera impostazione dei piani di rientro e dei commissariamenti, ma c’è bisogno di far rispettare ciò che vale e funziona nelle regioni più virtuose attraverso il monitoraggio continuo costante dell’appropriatezza delle prestazioni, una valutazione in tempo reale delle spese per individuare eventuali anomalie, un’analisi delle cause del deficit e infine un’autorità vicaria con poteri effettivi capace di intervenire tempestivamente in presenza di situazioni anomale sostituendosi, per il periodo necessario, all’amministrazione regionale.
Per queste ragioni è necessario affermare un processo di maggiore omogeneizzazione del sistema a livello territoriale e di qualità delle prestazioni e dei servizi. In tal senso va rivisto e rafforzato il ruolo del Ministero della Salute che deve recuperare un’effettiva capacità di governo delle politiche sanitarie, in un rapporto di piena e leale collaborazione istituzionale con le Regioni, svolgendo appieno la sua funzione di indirizzo, monitoraggio, valutazione, innovazione del sistema con criteri di omogeneità ed equità di accesso ai Lea in tutto il Paese. Un ministero rinnovato e una infrastruttura tecnico-scientifica efficace, altamente qualificata che tenga insieme, coordinate e integrate, le competenze dell’Istituto Superiore di Sanità, dell’AIFA e dell’Age.Na.S. e che agisca a sostegno dell’intero sistema per promuovere innovazione, rendere sistematico il monitoraggio delle attività, l’accreditamento, le verifiche, l’accertamento della qualità e dell’appropriatezza dei servizi e delle prestazioni, la sicurezza delle procedure. Una struttura in grado di elaborare con autonomia scientifica dati e valutazioni necessarie a chi ha la responsabilità nazionale e regionale di governare il Ssn.
 
I partiti fuori dalle nomine
Va contrastata la criminalità che trova nel settore sanitario una possibilità di business illecito particolarmente interessante. Servono meccanismi diversi di selezione dei dirigenti del Ssn trasparenti e verificabili. La selezione dei Direttori Generali, dei dirigenti e dei primari, deve avvenire secondo chiari, motivati e visibili criteri esclusivamente basati sul merito. Tutto il percorso va reso pubblico in rete. Alla selezione deve seguire una fase di verifica dei risultati non solo sulla base degli aspetti economici e gestionali ma anche sulle strategie e i risultati in termini di salute.
 
Coinvolgere operatori e cittadini: operazione trasparenza
Qualunque proposta di rilancio della sanità pubblica passa per il coinvolgimento dei medici, degli infermieri, dei tecnici e di tutti gli operatori sanitari che vanno valorizzati nel loro difficile compito ma soprattutto vanno coinvolti nei processi decisionali e nel governo clinico di aziende e ospedali.
Le organizzazioni del lavoro devono perseguire l’efficienza dei costi di produzione dei servizi attraverso politiche del lavoro orientate alla qualità e all’efficacia, soprattutto considerando che, nella tutela della salute, i tempi delle relazioni sono tempi di cura.
Non sono più sostenibili aree così vaste di precariato tra medici e personale sanitario, una precarietà strutturata che indebolisce le prospettive dei giovani e del servizio.
Dal canto loro i cittadini hanno maturato una crescente consapevolezza e sono oggi soggetti attivi nei processi di cura e assistenza, nella governance istituzionale e nella tutela dei diritti. Per questo è auspicabile una grande operazione trasparenza a partire dai risultati clinici di ogni ospedale che dovrebbero essere resi pubblici su internet, e messi a disposizione dei cittadini che sono gli “azionisti” del Ssn. Oltre a questo andrebbero pubblicati sui siti di ogni azienda ospedaliera e Asl i costi di acquisto di beni e servizi per favorire processi di trasparenza e concorrenza per rendere più omogeneo a livello nazionale l’intero settore e arrivare a una significativa riduzione generale dei prezzi di acquisto.

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