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Martedì 29 GENNAIO 2013
Tumore al seno. Ecco come Napoli si è attrezzata per vincere la battaglia 

Tre centri di eccellenza, il Cardarelli, il Pascale e la Federico II trainano il miglioramento: così in venti anni è aumentato sia il numero di pazienti che riescono a guarire, che l’aspettativa di vita complessiva dopo le terapie. E contemporaneamente è migliorata la qualità della vita delle pazienti.

In Campania sono circa 50.000 le donne affette da tumore alla mammella e ogni anno nella regione si registrano circa 4.000 nuovi casi: grazie alla diagnosi precoce e a terapie sempre più mirate e potenti, un numero crescente di pazienti arriva alla guarigione, mentre l’aspettativa di vita è in costante aumento. E soprattutto, la qualità della vita diventa parametro cruciale per la terapia. E in più, tre centri di eccellenza: l’Ospedale Cardarelli, l’Istituto Nazionale Tumori Pascale e l’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II. Questo il quadro illustrato oggi in un incontro pubblico, inserito nel progetto itinerante All around Patients e volto a far conoscere le iniziative delle strutture ospedaliere italiane per mettere le pazienti con tumore alla mammella al centro di tutti i percorsi diagnostici e terapeutici.
 
“Se nel periodo tra il ‘90 e il ‘94 la sopravvivenza a 5 anniriguardava l’81 per cento delle pazienti, oggi possiamo stimarla poco sotto al 90 per cento”, ha spiegato Giacomo Cartenì, Dirigente Medico Responsabile U.O.C. di Oncologia Medica, Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale “Antonio Cardarelli”. “I risultati più rilevanti sono stati ottenuti nei confronti del carcinoma alla mammella HER2 positivo, una forma particolarmente aggressiva che interessa circa il 25 per cento delle pazienti e colpisce soprattutto le giovani donne: la svolta contro questo tumore si è avuta con l’avvento di trastuzumab, un anticorpo monoclonale che si è dimostrato in grado di ridurre del 40-50 per cento la mortalità”.
 
Risultati importanti, che però non vanno a scapito della qualità della vita delle pazienti. Negli ultimi anni, infatti, l’attenzione dei clinici si è concentrata ancor di più su questo aspetto, nella cura delle donne con tumore alla mammella, anche in considerazione dell’impatto che questo aspetto può avere sull’adesione delle pazienti alle terapie e quindi sulla loro stessa efficacia. L’Istituto Nazionale Tumori di Napoli è il Centro coordinatore di uno studio clinico internazionale volto a sperimentare una nuova modalità di somministrazione sottocutanea della terapia biologica per il trattamento del tumore HER2 positivo, che ha dimostrato un’efficacia sovrapponibile alla somministrazione per endovena, con il grande vantaggio però di migliorare la qualità di vita delle pazienti grazie a tempi di infusione più brevi e ad una minore invasività. “Sono numerosi i vantaggi offerti dalla somministrazione sottocutanea di trastuzumab, a cominciare dalla minore invasività altri vantaggi derivano dalla maggiore rapidità e praticità con cui viene somministrato l’anticorpo monoclonale: la durata del trattamento sottocutaneo è di circa 5 minuti contro i 30-90 minuti della somministrazione endovenosa; non c’è attesa per la poltrona infusionale quindi nel complesso la permanenza in ospedale è ridotta al minimo; infine con un apposito dispositivo medico la somministrazione sottocutanea di trastuzumab potrebbe in un prossimo futuro essere eseguita a casa direttamente dalla paziente”, ha spiegato Michele De Laurentiis, Direttore U.O.C. Oncologia Medica Senologica, Istituto Nazionale Tumori IRCCS “Fondazione G. Pascale”.
 
Come si può immaginare, la ricerca sul tumore HER2 positivo non si fermae i centri partenopei sono al centro di un ampio programma di studi clinici che coinvolgono nuovi farmaci. “Le opzioni terapeutiche in sperimentazione potranno aumentare le opportunità di cura delle pazienti con tumore al seno HER2 positivo, migliorando l’attività terapeutica già ottimale del trastuzumab con il nuovo anticorpo monoclonale pertuzumab, utilizzato sia in fase precoce che metastatica, riusciamo a ottenere una completa distruzione delle cellule tumorali; l’altra molecola,
T-DM1 è un anticorpo coniugato con una potente tossina che ha la capacità di distruggere la cellula tumorale una volta incamerata nella cellula. Entrambe le molecole hanno dimostrato un miglioramento della sopravvivenza globale delle pazienti in trattamento, uno degli obiettivi più difficili e più importanti da ottenere nelle pazienti con malattia mammaria metastatica”, ha commentato Sabino De Placido, Professore ordinario di Oncologia Medica, Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II.
 
Da Napoli, in definitiva, arrivano due buone notizie per le pazienticon tumore alla mammella HER2 positivo: i nuovi farmaci a bersaglio molecolare e le nuove forme di somministrazione sottocutanea stanno cambiando la storia naturale della malattia e la qualità di vita delle pazienti colpite da questa forma di tumore, che in passato era sinonimo di malattia molto aggressiva e spesso letale, rendendo le possibilità di cura una realtà di fatto e non più una mera speranza. E le sperimentazioni presso i centri di eccellenza permettono alle pazienti di accedere a trattamenti altamente innovativi che altrimenti ancora non sarebbero disponibili nel nostro Paese.

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