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Mercoledì 30 GENNAIO 2013
Verso le elezioni. Quale sanità? La ricetta liberal dell'Istituto Leoni

Suddivisione tra funzioni di produzione, erogazione e controllo; remunerazione tramite Rod; possibilità di fallimento delle strutture; pubblicità dei bilanci; informatizzazione della sanità. Questi i cardini della proposta di riforma, rivolta ai partiti,  lanciata dall’Istituto di ricerca nel volume “Liberiamo l’Italia”.

Per avere una sanità migliore bisogna razionalizzare il sistema e creare concorrenza. È da questa convinzione che prende il via l’ampio lavoro di ricerca contenuto nel volume “liberare l’Italia”, con il quale l’Istituto Bruno Leoni ha avanzato alla XVII legislatura proposte concrete di riforma. Tre sono le grandi aree in cui risulta necessario cambiare rotta: finanza pubblica, pubblica amministrazione e liberalizzazioni. Un intero capitolo di questo volume è stato dedicato alla sanità. Qui, l’analisi condotta da Lucia Quaglino, ha preso il via da alcuni punti cardine che, a parere della ricercatrice, racchiudono le attuali criticità del nostro Ssn:

- Il livello della spesa sanitaria, la sua evoluzione attesa nel tempo in conseguenza dell’invecchiamento della popolazione e la qualità percepita del servizio evidenziano criticità che richiedono interventi strutturali;
- gli interventi attuati finora vanno nella direzione di una pianificazione e accentramento sempre crescenti;
- la mancata separazione tra funzioni di erogazione e finanziamento e l’assenza di competizione tra strutture pubbliche e private sono fonte di conflitti di interesse a scapito dell’efficienza ed economicità del servizio e ostacolano la libertà di scelta dei pazienti.

Il Servizio Sanitario Italiano (Ssn) è considerato nelle classifiche internazionali come un caso relativamente di successo. Ciò nonostante, secondo l’Ibl, si tratta di un modello ampiamente perfettibile: “Sia l’analisi del livello della spesa sanitaria che la qualità percepita del servizio suggeriscono che sono urgenti delle riforme finalizzate a sfruttare al meglio le risorse disponibili”.
Esistono infatti fattori strutturali che nei prossimi anni determineranno un aumento dei costi incompatibile con i livelli di finanziamento, a causa dei quali potrebbe aumentare ulteriormente il peso della spesa sanitaria sulle tasche dei cittadini. Eppure, proprio nelle Regioni dove il servizio è più caro, la qualità percepita è inferiore.

Nel lavoro di ricerca viene evidenziato come l’aumento previsto dei costi, le differenze regionali, lo scarso controllo dei costi e l’insoddisfacente performance del servizio richiedano un ripensamento “in senso più concorrenziale dell’attuale modello di gestione, pianificato e centralizzato, che non consente di far fallire le strutture che erogano servizi di qualità insoddisfacente per i pazienti e non rispettano i vincoli di bilancio”. Proprio la mancanza di meccanismi di sanzione per l’Ibs tende a far peggiorare ulteriormente l’offerta e a non fornire valide alternative di scelta ai cittadini, seppur siano costretti a pagare per servizi di cui poi non usufruiscono o che non soddisfano le loro esigenze.

Nel testo si sottolinea come un sistema rigido e burocratico come quello attuale non possiede la flessibilità necessaria affinché l’offerta possa adeguarsi ai mutamenti tecnologici e alla nuova struttura della popolazione, impedendo così di assicurare un servizio compatibile e all’altezza delle aspettative dei pazienti.

Queste dunque le soluzioni proposte:

- Suddivisione tra funzioni di produzione, erogazione e controllo per evitare conflitti di interesse;
- possibilità di escludere le famiglie dotate di un certo reddito (modulato in base ai componenti) da alcune forme di assistenza;
- mettere il paziente al centro del sistema;
- remunerazione tramite Rod (”raggruppamenti omogenei di diagnosi”) così da garantire la parità di trattamento tra pubblico e privato;
- possibilità di fallimento delle strutture;
- obbligo di pubblicità dei bilanci;
- informatizzazione della sanità.

Vediamo ora nel dettaglio come questi punti vengono spiegati. A fronte di una sempre minor disponibilità di fonti di finanziamento pubbliche, un miglior utilizzo delle risorse a disposizione a tutela del diritto alla salute richiede di separare il più possibile le burocrazie politiche dalla sanità: questo era l’intento della riforma Amato del 1992, finalizzata a rendere il sistema meno centralizzato e più flessibile. Il modello di riferimento era quello dei sistemi sanitari misti come quello tedesco, ossia un mix tra i sistemi classici di welfare state (Beveridge) e quelli di assicurazione sociale (Bismarck), in cui è garantita dal pubblico la copertura universale, ma la fornitura del servizio può essere affidata anche ad attori privati.

In Italia, come si legge nel volume, un esempio di successo di tale modello è rappresentato dalla Lombardia, dove vige la separazione tra funzioni di erogazione e produzione delle prestazioni (proprie delle Aziende Ospedaliere) da quelle di controllo (di competenza di Asl e Regioni), la competizione e parità di trattamento tra strutture pubbliche e private e, quindi, anche la libertà di scelta dei pazienti. Seppur un modello perfettibile, esso ha permesso un maggior controllo dei costi a fronte di una buona qualità del servizio.
Per ridurre conflitti di interesse e rendite politiche a beneficio dei pazienti, per l'Ibs è quindi necessario ripensare il modello sanitario in modo da prevedere un ridimensionamento dell’intervento pubblico a favore di un crescente ruolo dei privati. La garanzia del principio della parità di trattamento è realizzabile affidando ai due attori le stesse funzioni con la medesima modalità di pagamento, ossia i Rod.

Per favorire una maggior razionalizzazione della spesa, nel volume si ipotizza la possibilità di escludere le famiglie con un certo reddito da medicina di base, specialistica e diagnostica, così da tagliare verticalmente alcune forme di assistenza pur rispettando il principio dell’universalità delle prestazioni. Per quanto poi riguarda la possibilità di introdurre il fallimento per le strutture inefficienti, nel lavoro di ricerca si evidenzia come in questo modo si potrebbe dare la priorità ad esigenze e preferenze dei pazienti, che avrebbero quindi la libertà di scegliere gli erogatori che soddisfano al meglio i loro bisogni e facendo uscire dal settore quelli inadeguati: “solo così non saranno i burocrati, ma i cittadini, a determinare la sopravvivenza delle strutture più affidabili, incentivando così un circolo virtuoso a vantaggio di una crescente qualità delle cure fornite”.

A tal fine, andrebbe garantita la piena trasparenza: i bilanci devono essere redatti secondo i criteri civilistici, così da renderli confrontabili tra loro e poter controllare i flussi di spesa, oltre a essere obbligatoriamente pubblicati online. Per il raggiungimento di tutti questi obiettivi si auspica una maggior informatizzazione del settore.
Infine nel volume si sottolinea come “la piena tutela dell’interesse sociale è imprescindibile da una razionalizzazione della spesa pubblica e dalla responsabilizzazione dei fruitori del servizi, senza i quali non è possibile premiare l’eccellenza e godere pienamente dei vantaggi di un contesto effettivamente competitivo”.

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