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Giovedì 07 FEBBRAIO 2013
La salute degli italiani. Siamo sempre più "vecchi". Ma è allarme per tabagismo e obesità

Pubblicato il Country Report Italia 2013. Il 10,3% della popolazione residente ha un'età compresa tra i 65 e i 74 anni. Diffusi comportamenti fortemente a rischio "che necessitano di interventi correttivi soprattutto nella fascia di popolazione più giovane". E l'Italia è fanalino di coda nella UE per la spesa. IL RAPPORTO.

Il Country Report Italia 2013 – elaborato dall’Associazione di iniziativa parlamentare legislativa per la salute e la prevenzione in collaborazione con l’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma – traccia un quadro minuzioso sullo stato di salute degli italiani tramite una serie di indicatori la cui lettura trasversale permette di evidenziare la situazione del Paese.
 
I primi elementi da considerare sono i dati sociodemografici e il trend di mortalità. Il 10,3% della popolazione residente ha un’età compresa tra i 65 e i 74 anni, mentre quella di 75 anni ed oltre corrisponde al 10%. La regione che detiene il primato per il numero più elevato di over 65 è la Liguria, mentre più giovane si conferma la Campania. Di contro, come già accadeva nel 2003, alla Campania spetta anche il titolo di regione con la più alta mortalità d’Italia, sia per gli uomini, sia per le donne. Il tasso di fecondità (Tft) si conferma tra i più bassi a livello europeo: nel 2009 presenta un valore inferiore al livello di sostituzione (circa 2,1 figli per donna). Il Tft è passato da 1,42 del 2008 a 1,41 del 2009 e le prime stime rispetto al 2010 sembrano confermare questo trend negativo.
 
Più in generale la popolazione è ancora caratterizzata da “comportamenti fortemente a rischio" che necessitano di interventi correttivi – osserva il report - soprattutto sulla fascia di popolazione giovane, per il contenimento degli stili di vita che possono influenzare in modo negativo sia la durata che la qualità della vita delle persone”. I problemi più diffusi sono il tabagismo – in particolare nella fascia di età 25-34 anni – e sovrappeso e obesità, che riguardano soprattutto gli uomini e le regioni meridionali, in particolare Molise, Basilicata e Puglia.
Tra le cause di morte, le malattie cardiocircolatorie si confermano al primo posto, seguite dai tumori. In questo caso le più colpite sono le regioni settentrionali ma, nel complesso, migliorano le percentuali di guarigione: il 61% delle donne e il 52% degli uomini. Il tasso di sopravvivenza più elevato si registra per i tumori più frequenti, come quello alla mammella (87%) e alla prostata (88%). Un dato che è stato favorito “da una più alta adesione alle campagne di screening che consentono di individuare la malattia in uno stadio iniziale, oltre che alla maggiore efficacia delle terapie”.
Per quanto riguarda la mortalità infantile, emergono cifre più alte nel meridione, anche se le differenze con il resto del Paese registrano una diminuzione costante. Nella popolazione anziana, si nota invece – relativamente al 2009, anno dell’ultimo rilevamento – un aumento della quota di coloro che vivono da soli (28,3%) rispetto al riscontro dell’anno precedente (27,8%).

Per quanto riguarda le prestazioni erogate, aumenta il numero dei pazienti trattati in Assistenza domiciliare integrata (Adi), che nel 2009 si attestano ad un valore pari a 886,3 casi per 100mila abitanti, segnando così un incremento del 6,2% rispetto al 2008. Bisogna poi sottolineare – in relazione alla percentuale di Adi per malati terminali – la profonda differenza che intercorre tra le regioni del Nord e del Centro rispetto a quelle del Sud: rispettivamente 89,6%, 86,5% e 61%. Parallelamente prosegue la riduzione del ricovero ospedaliero, sia in regime di ricovero ordinario (Ro) che in Day Hospital. Nel periodo 2008-09 si osserva una tasso complessivo di riduzione pari al 4,5% , per la modalità in ricovero in Ro una flessione del 2,4% e per il ricovero diurno una diminuzione del 9,1%. Il consumo di antibiotici colloca l’Italia tra i paesi a più elevato uso in Europa, anche se sono evidenti le differenze su base regionale: al centro e nel meridione si registrano valori superiori sia rispetto al dato nazionale che ai valori delle aree settentrionali. Un’analisi del trend dal 2002 al 2010 mostra inoltre un incremento del 4,2% anche se, tra il 2009 e il 2010, si è osservata un’inversione di tendenza (-7%).
 
La spesa sanitaria pubblica cresce, ma spendiamo meno degli altri nella UE. La spesa è cresciuta complessivamente di 61,8 miliardi, passando da 51,7 agli attuali 113,5. E se consideriamo anche la componente privata si raggiunge quota 144 miliardi. Ma l'Italia spende in sanità il 26,1% in meno rispetto a Paesi come Francia e Germania. Nonostante questo tutte le nostre regioni si avviano a chiudere il 2012 in deficit proprio a causa della sanità. Un dato cui bisogna aggiungere l'ultima rilevazione del Censis, secondo cui lo scorso anno 9 milioni di italiani hanno rinunciato totalmente o parzialmente alle cure per motivi economici.

In conclusione i dati evidenziano un profondo divario tra nord e sud. “Per limitare tali disomogeneità – suggerisce il report – fondamentali sarebbero un migliore coordinamento delle politiche sia a livello nazionale che regionale e locale, l’incentivazione delle attività di prevenzione ed educazione alla salute e l’adeguamento dell’offerta dei servizi alla domanda di assistenza, anche attraverso un maggiore coinvolgimento degli stessi cittadini per giungere a una più corretta pianificazione e allocazione delle risorse, soprattutto in un’epoca di crisi finanziaria e di ridimensionamento della spesa pubblica”. Per avviare un cambiamento così importante è però necessario rilanciare il dibattito sulla Sanità in Parlamento arrivando, se necessario, a riformare il Ssn così come istituito dalla legge 833/1978 e come da più parti evocato – ha dichiarato il Senatore Antonio Tomassini, presidente dell’Associazione di iniziativa Parlamentare e legislativa - che ha poi aggiunto: “ In futuro è lecito immaginarsi un Sistema Sanitario Nazionale che sia in grado di fornire nuovi modelli di assistenza sanitaria, con particolare attenzione alle cure primarie e alla continuità assistenziale ospedale/territorio, coinvolgendo nel ruolo di attivi protagonisti i medici di medicina generale con la copertura h24 sul territorio, anche con l’obiettivo di decongestionare le attività di emergenza/urgenza all’interno delle strutture ospedaliere.
 

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