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Giovedì 14 FEBBRAIO 2013
Bioetica. I medici francesi dicono sì all’eutanasia. Seppur in casi eccezionali

Il Consiglio Nazionale francese dell'ordine dei medici per la prima volta apre alla “sedazione terminale” per i pazienti in fin di vita che abbiano fatto “richieste persistenti, lucide e ripetute”. Alla base c’è “un dovere di umanità”, seppur riservato a casi eccezionali come “agonie prolungate e dolori incontrollabili”

Il Consiglio Nazionale francese dell’ordine dei medici ha consentito, per la prima volta, alla “sedazione terminale” per quei pazienti che essendo in fin di vita abbiano fatto “richieste persistenti, lucide e ripetute”. Questo sì dell’ordine dei medici francesi che non cita mai il termine “eutanasia” si basa su un “dovere umanitario” che però è riservato solamente a “casi eccezionali” come “agonie prolungate e dolori incontrollabili” sulle quali la legge attuale non fornisce alcuna indicazione.  
 
Il collegio nazionale francese, nel testo dal titolo “Fine della vita, Assistenza a morire” precisa che “per richieste insistenti, lucide e ripetute della persona, colpita da una malattia per la quale tutte le cure sono diventate inoperanti e sono state avviate le cure palliative, una decisione medica legittima deve essere presa di fronte a situazioni cliniche eccezionali, a condizione che siano state identificate come tali, non da un solo medico, ma da una formazione collegiale”.
 
L'eutanasia in Francia resta illegale, la legge in materia contro l’accanimento terapeutico, legge Leonetti, è in vigore dal 2005. Questa legge, riconosce il Consiglio Nazionale francese dell’ordine dei medici “risponde alla maggior parte dei casi di fine della vita. Tuttavia la legge non offre soluzioni a certi casi di agonie prolungate o con dolori psicologici e/o fisici che, nonostante i mezzi applicati, restano incontrollabili”. Queste situazioni, aggiunge il Consiglio, riconoscendo l’esistenza di situazioni eccezionali non prese in conto dalla legge Leonetti “benché rare non possono restare senza risposta”. Quindi “una sedazione adatta, profonda e terminale – concludono – praticata nel rispetto della dignità potrebbe essere immaginata, per dovere di umanità”.

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