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Sabato 16 MARZO 2013
Spesa sanitaria al lumicino. Spendiamo il 34% in meno dei nostri partner europei

Un seminario dellla Fondazione per la Sicurezza in sanità rilancia il tema della tenuta del sistema. I dati presentati da Spandonaro (Tor Vergata) dimostrano che spendiamo molto meno dei  principali Paesi UE. E viene fuori la proposta di un ticket "mobile" in base alle necessità di finanziamento.

E’ giusto parlare ancora di sostenibilità del sistema sanitario italiano? La domanda non è retorica perché, nonostante i dati dimostrino inequivocabilmente che la nostra spesa sanitaria (sia pubblica che privata) sia molto inferiore a quella dei nostri partner europei più importanti, il tema della tenuta del sistema alla luce della crisi economica resta di massima attualità.

A dire il vero nessuno dei programmi elettorali dei partiti oggi rappresentati in Parlamento mette in discussione l’esistenza di un sistema sanitario pubblico e universale e nessuno sembra, almeno sulla carta, propenso a intraprendere strade alternative.
Ma resta il fatto che tutti, tranne il Movimento 5 Stelle che in campagna elettorale ha detto di voler restituire al Ssn le risorse tagliate dalle ultime manovre, sembrano convinti che con la penuria di soldi pubblici a disposizione si dovrà per forza fare i conti.
Per questo il seminario di studio promosso l'altro ieri dalla Fondazione per la Sicurezza in Sanità presieduta da Vasco Giannotti, ha fatto bene a porre la sostenibilità come il primo nodo da affrontare se si vuole provare a parlare della sanità del futuro.

In questo contesto la scelta di affidare a Federico Spandonaro la relazione introduttiva dei lavori è emblematica di un approccio diverso al tema.
Per il docente di Economia di Tor Vergata, infatti, piuttosto che parlare ancora di sostenibilità è bene che si inizi a discutere di “compatibilità”, intesa come compatibilità tra finanziamento disponibile e obiettivi di assistenza da perseguire come espressione di una precisa scelta politica.
I dati di Spandonaro, infatti, non lasciano dubbi. Comunque li si intrecci, e considerando anche l’aliquota di spesa privata, l’italiano ha un “portafoglio” sanità a disposizione inferiore del 34% a quello dei cittadini dell’Europa a 10, se si considera pubblico e privato, e del 32% in meno se si prende in esame solo la sanità pubblica.

Questi dati indicano quindi che non c’è in Italia un problema di “sostenibilità” della sanità interno al sistema. In altre parole il sistema è semmai “sotto finanziato” rispetto ai trend internazionali. Il problema quindi si sposta sul piano delle scelte di politica economica e sociale che il Paese deve finalmente aggredire.
Anzi, la sanità italiana appare più che sostenibile in termini di risultato se si considera il fatto che, nonostante questo dislivello di finanziamento, il sistema, fino ad ora, ha tenuto.

Ma è chiaro che alcune scelte a questo punto vanno fatte. La prima suggerita da Spandonaro è quella di bloccare ulteriori politiche di tagli e ridimensionamento del budget pubblico. La seconda quella di agganciare il finanziamento ad una percentuale fissa del Pil, concordata tra Governo e Regioni, per dare certezze di risorse e quindi di programmazione ai gestori del sistema.

La terza opzione “positiva”, come lui stesso l’ha definita, è quella di rivedere il sistema di compartecipazione trasformandolo in una sorta di co-finaziamento stabile alla spesa, generalizzandone gli ambiti di applicazione e modulandone l’impatto in relazione ai bisogni finanziari. In sostanza, come ha convenuto lo stesso Spandonaro conversando col sottoscritto ai margini del seminario, si tratterebbe di una sorta di contribuzione “pro-attiva” al sistema, basata sulla corresponsabilizzazione dei cittadini sui loro consumi sanitari, in base al reddito, e in relazione alla contingenza economica del Paese . In teoria, quindi, se l’economia dovesse riprendere, il Pil salire e le risorse a disposizione aumentare, i ticket potrebbero scendere in proporzione, stante il dato di stabilità della spesa complessiva.

E sì, perché della stabilità de facto dei livelli di spesa sanitaria, una volta raggiunta una certa soglia, Spandonaro è profondamente convinto. Dati alla mano ha infatti dimostrato che l’assunto di una spesa sanitaria in crescita illimitata se non frenata da tetti o limiti è assolutamente infondato. Raggiunta una certa quota l’asticella della spesa si ferma, a prescindere dalle risorse a disposizione. Perché il cittadino non ha di per sé una tendenza a spendere “più di quello che effettivamente è necessario al suo benessere”.
E anche l’altro assunto, quello di una crescita della spesa inesorabilmente legata al progressivo invecchiamento della popolazione, viene seriamente messo in discussione da Spandonaro che dimostra come una vecchiaia in salute ovvero più anni da vivere ma sani (che è la prospettiva che tutti gli indicatori internazionali confermano per i Paesi occidentali), non si traduce affatto in aumento di spesa. Semplicemente, il segmento di vita durante il quale le spese per cura e assistenza sono inevitabilmente più elevate si sposta più in là negli anni, ma senza dilatarsi in estensione temporale.

Poi sono molte altre le ricette di Spandonaro, dalla verifica più attenta dei professionisti (perché professionisti bravi oltre che curare meglio “spendono” meglio), alla promozione di stili di vita salubri (perché una larga fetta di malattie croniche e invalidanti molto costose sono evitabili), fino al “matrimonio” tra sanità e sociale rendendo finalmente coordinate le politiche e gli interventi nei due campi che ormai non ha più senso mantenere distinti.

Ma, al di là di queste ultime proposte, non c’è dubbio che la tesi del “non problema” sostenibilità a favore del “problema” compatibilità, è quella sulla quale una discussione attenta e responsabile della politica non può più essere rinviata. Per onorare le promesse elettorali, cui facevamo riferimento all’inizio, e soprattutto per rispondere al mandato chiaro che i cittadini di ogni colore hanno dato in queste elezioni sul fatto che, tra le tante cose da cambiare, ce n’è una che la stragrande maggioranza degli italiani non ha alcun interesse a veder messa in discussione: il diritto alla salute.

Cesare Fassari
 

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