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Mercoledì 27 MARZO 2013
Metodo Stamina. Nature si indigna insieme agli scienziati italiani

Un lungo articolo sulla prestigiosa rivista statunitense attacca la decisione del Governo di portare avanti il metodo Stamina sui pazienti che avevano già iniziato il “trattamento”. Quasi tutta la comunità scientifica – anche italiana – boccia il metodo. Ma buona parte dell’opinione pubblica è a favore.

“I centri che offrono trattamenti con cellule staminali che non siano mai stati validati finiscono di solito per giocare al gatto e al topo con le istituzioni regolatrici, in qualsiasi paese del mondo. In Italia no, e un trattamento del genere adesso è approvato ufficialmente. Il Ministro della Salute Renato Balduzzi ha infatti decretato che una controversa terapia con cellule staminali sia portata avanti in 32 pazienti terminali, per lo più bambini, nonostante le cellule usate non siano lavorate secondo gli standard di sicurezza italiani”. La storia è quella di Stamina Foundation,che tanto ha scaldato opinione pubblica e mezzi di comunicazione italiani: una cura che non è mai stata dimostrata tale, né rigorosamente testata come si fa di solito con tutte le terapie, soprattutto quelle che possono essere pericolose. E queste parole sono l’inizio di un articolo apparso proprio ieri su Nature, una delle più prestigiose riviste di scienza nel mondo: il pezzo, che riporta testimonianze di esperti e ricercatori italiani, indica ciò che sta avvenendo in Italia come un vero paradosso.
E non lo fa certo a torto, seppure proprio stamattina sia arrivata dal Ministero la precisazione che “nessun riconoscimento ufficiale è mai stato conferito al cosiddetto Metodo Stamina”. Il problema è che se la comunità accademica boccia il metodo, l’opinione pubblica è ormai convinta che questo possa essere la soluzione per numerose malattie degenerative.
 
A leggere le parole con cui si apre l’articolo su Nature – così come quelle dei numerosi istituti di ricerca e associazioni di pazienti che hanno preso parola sulla questione in Italia in questi ultimi mesi – si capisce perché il titolo del pezzo a firma Alison Abbott sia “La decisione sulle staminali che fa infuriare i ricercatori”.
Sono infatti gli stessi medici ed esperti a prendere parola sull’argomento, e di sicuro non con parole lusinghiere. “È pura alchimia”. È Elena Cattaneo, ricercatrice proprio nell’ambito delle cellule staminali all’Università di Milano, a definirla così, senza mezzi termini, nel suo colloquio con la corrispondente di Nature.
La questione è controversa, e la disputa è possibile per via di una legge italiana: nel nostro paese, l’uso “compassionevole” di terapie non ancora approvate è possibile nel caso di pazienti terminali, ai quali non sono rimaste altre opzioni di cura. Nel caso in cui questi criteri siano soddisfatti il Ministero della Salute può autorizzare l’uso dei trattamenti “su base emergenziale”, comunque previa approvazione della qualità, e fornirli gratuitamente. Peccato – spiega a Nature Amedeo Santosuosso, giudice milanese e docente all’Università di Pavia, specializzato nel diritto applicato alla scienza – che in questo caso ci sia una certa ambiguità: “Il problema alla base della questione Stamina Foundation è che non c’è nessuna prova, in alcuno studio scientifico, che questa possa essere efficace. Secondo me questo vuol dire che non può esserne approvata la qualità e quindi che il suo uso, seppur compassionevole, non possa essere legittimato dal Ministero”.
 
Anzi, in realtà l’unico risultato ad oggi pubblicato sul metodo Stamina è uno studio dell’IRCCS materno infantile Burlo Garofolo di Trieste, uscito a ottobre sulle pagine di Neuromuscular Disorders , in cui il test su cinque bambini con atrofia muscolare spinale aveva portato gli autori a concludere che “il trattamento non aveva effetti sul corso della malattia”. In quel caso Davide Vannoni, lo psicologo dell’Università di Udine che ha inventato Stamina, aveva dichiarato come tali risultati dipendessero dal fatto che il cocktail di staminali usato non era correttamente formulato.
Tuttavia, c’è da dire che lo stesso Vannoni non ha mai pubblicato dati e risultati della sua “terapia”, né i dettagli precisi di come questa viene somministrata. Un atteggiamento che va contro le basi stesse del metodo scientifico che dai tempi di Galileo prevede che la scienza debba fornire risultati condivisibili e soprattutto verificabili. In più, durante i controlli disposti dal procuratore torinese Raffaele Guariniello e, in seguito, dell’Aifa, più volte i laboratori di Stamina sono stati redarguiti (e talvolta anche chiusi), per le condizioni di lavoro non appropriate: mancanza di protocolli di lavoro o di follow-up, inadeguatezza delle informazioni etiche, assenza di standard di sicurezza che garantissero preparazioni incontaminate.
 
Eppure, nonostante le prime posizioni dell’Agenzia Italiana del Farmaco e degli stessi esperti del Ministero fossero di bocciatura – gli esperti avevano dichiarato ad agosto scorso che “il trattamento non è eseguito in base ad alcun metodo scientifico documentato; non vi sono inoltre comprovati dati scientifici sulla sua efficacia” – il Governo aveva poi deciso di autorizzare l’Ospedale Maggiore di Milano a produrre le staminali necessarie al metodo, e dunque in sostanza di continuare la somministrazione sui piccoli pazienti.
A nulla sono valse le proteste dei ricercatori e degli esperti italiani, tredici dei quali (compresa Cattaneo e Santosuosso) avevano scritto in una lettera aperta al Ministro Balduzzi: “La comunità dei ricercatori e medici che lavora per sviluppare trattamenti sicuri ed efficaci contro gravi malattie comuni o rare è perplessa di fronte alla decisione, sull'onda di un sollevamento emotivo, di autorizzare la somministrazione di cellule dette mesenchimali, anche se prodotte in sicurezza da laboratori specializzati. Non esiste nessuna prova che queste cellule abbiano alcuna efficacia nelle malattie per cui sarebbero impiegate. Non esiste nessuna indicazione scientifica del presunto metodo originale secondo il quale le cellule sarebbero preparate. Ci sembra questo uno stravolgimento dei fondamenti scientifici e morali della medicina, che disconosce la dignità del dramma dei malati e dei loro familiari”.
Ancor più duro era stato Paolo Bianco, scienziato che si occupa di staminali all’Università Sapienza di Roma, che aveva sottolineato come il Ministero stesse di fatto “approvando anche la produzione in centri di ricerca non all’altezza, e dicendo che una pratica non autorizzata dalla comunità scientifica, non pubblicata per una revisione accademica, e sconosciuta, sia a tutti gli effetti una terapia”.
 
Nonostante la bocciatura totale di tutta la comunità scientifica, la terapia andrà però avanti. E anche con un consenso piuttosto ampio dell’opinione pubblica, tanto che durante la manifestazione del Pdl del 23 marzo a Roma una manifestante era addirittura scesa in piazza a petto nudo con slogan pro-life e pro-Stamina dipinti sul corpo. E tanto che Vannoni ha dichiarato che la “pubblicità sollevata intorno alla questione gli ha già portato 9 mila nuovi pazienti”.
Parte di questo consenso è dovuto anche alla pesante campagna mediatica che si è fatta in televisione e su internet a favore del “trattamento”: prima il programma televisivo “Le Iene” e poi una campagna virale abbastanza diffusa sui social network hanno portato il tema all’attenzione del pubblico.
Peccato che in entrambi i casi si insinuasse la cattiveria di istituzioni scientifiche che non volevano curare dei bambini con importanti terapie, ma in nessuno dei due si spiegava che quella stessa terapia non è stata mai approvata e anzi è vista con preoccupazione dagli scienziati di tutto il mondo, perché mai verificata con criteri scientifici, né – spesso – condotta con le dovute precauzioni cliniche. E che questo vuol dire che potrebbe essere nella migliore delle ipotesi inefficace, e nella peggiore nociva.
 
Laura Berardi

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