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Giovedì 28 MARZO 2013
Affamare le cellule tumorali per sconfiggere il cancro

Uno studio italiano dell'Università di Bologna e dell’Ibp-Cnr di Napoli dimostra la possibilità di usare un farmaco sperimentale, denominato ST1326 e la cui azione tossica è solo sulle cellule malate, per alterare il metabolismo dei tessuti tumorali e bloccarne la proliferazione.

Bloccare farmacologicamente, in maniera selettiva, il metabolismo delle cellule tumorali sfruttandone la “fame” di grassi è possibile. A dirlo un lavoro tutto italiano, pubblicato su The Journal of the National Cancer Institute da Lorenzo Montanaro dell'Università di Bologna e da Gianfranco Peluso dell’Istituto di biochimica delle proteine del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibp-Cnr) di Napoli.
 
La ricerca, che nasce da un progetto multidisciplinare che ha unito competenze specifiche nel campo oncologico e del metabolismo cellulare, aprirebbe così nuove e promettenti prospettive terapeutiche nella lotta contro i tumori.
L’intuizione alla base dello studio è che le cellule tumorali, a causa della loro velocità di crescita e dalle specifiche alterazioni metaboliche che le caratterizzano, siano strettamente dipendenti dal metabolismo degli acidi grassi per produrre, tra l’altro, le membrane delle cellule figlie.
 
Montanaro e Peluso assieme ai loro collaboratori e ai ricercatori della Sigma-Tau, hanno dimostrato che utilizzando un farmaco sperimentale, denominato ST1326, si riesce ad inibire il sistema della carnitina aciltransferasi. Tale sistema è necessario per il trasporto degli acidi grassi all’interno del mitocondrio - la centrale energetica della cellula - dove avviene il loro metabolismo. “In questo modo – spiegano gli autori – vengono compromessi la produzione e il mantenimento delle riserve cellulari di una molecola, l’acetato, indispensabile per generare nuovi lipidi, costituenti essenziali delle membrane cellulari. Il farmaco ha dimostrato di avere un effetto tossico selettivo, colpendo preferenzialmente le cellule tumorali. Rispetto alle cellule sane, quelle neoplastiche risultano essere infatti molto più sensibili al farmaco, accumulano nel citoplasma i lipidi che non vengono metabolizzati e non sono in grado di generarne di nuovi e quindi di proliferare”.

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