quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Martedì 02 APRILE 2013
Stessa prestazione ma costi diversi. Fino a tre volte di più. Le mille facce degli ospedali italiani

L' Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari della Cattolica ha messo a confronto 10 Aziende ospedaliere (sette sono laziali).  Per curare la stessa patologia un ospedale può arrivare a spendere il triplo di un altro. Una prova "indiretta" che i tagli lineari non possono funzionare.

Troppe discrepanze nelle performance economico-gestionali di alcuni ospedali laziali e italiani: per curare lo stessa tipologia di paziente un ospedale può arrivare a spendere il triplo di un altro; a parità di caso trattato si registrano voci di spesa molto differenti tra le diverse strutture, segno che alcune riescono meglio di altre e con meno spesa a fornire lo stesso servizio.
Alla luce di tale variabilità, i cosiddetti tagli lineari, che colpiscono tutti alla stessa maniera senza valutare le diverse realtà, finiscono per penalizzare gli ospedali più produttivi e meglio gestiti.
 
È quanto emerge dallo studio “Analisi di benchmarking tra aziende sanitarie pubbliche e private selezionate nel 2010: Analisi delle performance economico-finanziarie”, realizzato dai ricercatori dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari (Altems) dell’Università Cattolica e coordinato dal direttore Prof. Americo Cicchetti. “L’obiettivo dello studio - spiega il professor Cicchetti -, è fornire una metodologia per il confronto sistematico delle performance economico-finanziarie delle aziende ospedaliere: dal confronto emerge un consistente differenziale di efficienza del Policlinico A. Gemelli rispetto ad altre strutture ospedaliere della Regione Lazio e del territorio nazionale”.
Dal punto di vista dell’efficienza gestionale ed economica il Policlinico A. Gemelli si pone come punto di riferimento (benchmark) per le strutture ospedaliere di pari complessità non solo nella Regione Lazio, ma anche per il resto d’Italia: confrontato con altri importanti ospedali presenti in Regione e nel resto del Paese, il Gemelli risulta il migliore per molti indicatori di produttività come il numero di pazienti dimessi annualmente, indicatore che dà la misura di quanto produce un posto letto.
 
I ricercatori ALTEMS hanno effettuato il confronto tra 7 aziende sanitarie del Lazio e altre 3 aziende sanitarie di rilevanza nazionale che operano a un livello di complessità medio-alto, utilizzando alcuni indicatori riguardanti l’efficienza-produttività, il personale, la struttura e l’attività. Gli ospedali messi a confronto sono l’AO San Andrea di Roma, l’AO San Filippo Neri di Roma, il Policlinico Tor Vergata di Roma, l’AO San Giovanni di Roma, l’AO San Camillo di Roma, l’AO Molinette di Torino, il Policlinico Sant’Orsola di Bologna, l’AOU Careggi di Firenze e il Policlinico A. Gemelli di Roma.
“Ne emerge un quadro molto variegato  - spiega il professor Cicchetti, direttore ALTEMS - ovvero c’è un’alta variabilità tra strutture per molti indicatori di produttività presi in considerazione. Questa alta variabilità tra strutture - precisa il professor Cicchetti -, suggerisce che i tagli orizzontali previsti dalla spending review rischiano di penalizzare le strutture più produttive”.
 
Lo Studio Altems
Lo studio prima di tutto mette in evidenza che le strutture ospedaliere laziali del campione producono oltre 330.000 ricoveri (su 1.083.582 di tutta la Regione) di cui il 20% sono pazienti dimessi dal Policlinico Umberto I (6% del totale dei dimessi nel Lazio) e il 32% dal Policlinico Gemelli (10% dei dimessi della Regione Lazio), che rappresentano di gran lunga le strutture con la maggiore attività assistenziale. Il Policlinico Gemelli è il maggiore attrattore di pazienti da altre Regioni italiane (18% dei casi nel 2010), seguito dal Policlinico Umberto I con l’11% di pazienti non laziali trattati in ricovero ordinario e DH. In termini di complessità, però, è l’AO S. Camillo (1,18) a mostrare il maggior indice di case-mix, seguita dal Policlinico di Tor Vergata (1,14). Le altre strutture considerate si attestano tra l’1,03 e l’1,07.
 
Indicatori di produttività - La differenza nella produttività degli ospedali “laziali” rispetto agli ospedali usati come riferimento non appare così marcata. L’attività di assistenza per ogni posto letto (numero di dimessi annuo per posto letto) mostra in pole position Tor Vergata con 69,7 dimessi per posto letto, seguito dal Gemelli con 55 dimessi. L’indicatore evidenzia che le aziende ospedaliere universitarie della Regione sono anche quelle con la più alta produttività per posto letto.
Sul fronte della produttività del personale, pesata per la complessità della casistica, si vedono invece differenze rilevanti. In questo caso, considerando sia medici universitari che non universitari (Fonte: Conto Annuale, Ragioneria Generale dello stato, Anno 2010), è primo il Gemelli (107,7 pazienti per medico in un anno) seguito dal Sant’Andrea (105,1); entrambi dimostrano una produttività del personale medico sostanzialmente superiore rispetto alla media.
Le medesime differenze si osservano anche considerando il personale infermieristico. Se infatti per ogni infermiere in servizio al Gemelli si trattano 47 pazienti, al San Camillo se ne trattano solo 23. I benchmark extraregionali sono a “metà strada”; al Careggi il rapporto dimessi/infermiere è 31,4, al S. Orsola 31,3. I dati dei due policlinici pubblici (Tor Vergata e Umberto I), si attestano su livelli migliori dei benchmark. Si noti però che questi due ospedali ricorrono in modo più massiccio all’acquisizione di forza lavoro attraverso cooperative, rendendo questo confronto non facilmente interpretabile.
 
Indicatori economico finanziari - La situazione economico-finanziaria delle aziende della Regione Lazio rispetto ai comparatori di altre Regioni appare estremamente variegata ma chiara, almeno per quanto attiene le strutture pubbliche.
Le risorse per la produzione (RPI) assegnate dal sistema regionale (o acquisite da altre fonti come i ticket) sono sistematicamente insufficienti per portare le aziende all’equilibrio economico. Il rapporto percentuale tra costi per la produzione (CPI) e risorse - CPI/RPI - se superiore al 100% identifica una perdita, se inferiore identifica un saldo positivo di bilancio. Ebbene questo rapporto al San Filippo Neri è pari al 160%, situazione analoga per il San Camillo (159,1%) e al San Giovanni (155%). Più basso ma comunque negativo a Tor Vergata (141%) e all’Umberto I (126%). Solo al Gemelli il rapporto è più vicino al pareggio (107%). È chiaro che la somma delle differenze di ogni azienda contribuisce a costruire il deficit regionale.
In generale, emerge che il Policlinico “A. Gemelli” è l’ospedale con un costo per dimesso più basso nel campione (6.118€/paziente). Il costo massimo si riscontra, invece, per l’AO Molinette di Torino, proprio uno degli ospedali considerati come punto di riferimento per le strutture regionali. Il costo per dimesso del Policlinico Umberto I, invece, è analogo a quello di Careggi e del S. Orsola e vicino a quello del S. Giovanni. Meno “virtuosi”, da questo punto di vista, appaiono San Camillo e S. Andrea a Roma.
A spiegare buona parte di queste differenze è la capacità dell’azienda di fare “economia” attraverso la funzione di acquisto dei beni e servizi. Qui le differenze sono notevoli anche tra le strutture del Lazio. Un paziente che al S. Camillo “costa” in termini di beni e servizi 5.856€ al Gemelli ne costa 2.135 e al S. Giovanni 2.667.
Considerando la complessità dei dimessi (attraverso l’ICM) possiamo effettuare delle comparazioni tra le strutture Regionali. A parità di complessità del caso, il costo per paziente più basso si riscontra ancora al Policlinico universitario “A. Gemelli” (5.947€ per paziente), soprattutto grazie alla maggiore capacità di acquistare beni e servizi (il costo per questa voce ammonta a 2076€ per paziente). La situazione più critica si registra presso l’azienda Ospedaliera S. Andrea (che ha dati analoghi a quelli del S. Camillo e del S. Filippo Neri). In questo ospedale il caso trattato (pesato per la complessità) costa 8.921€ con un costo per beni e servizi che sale a 4243 €.
È come dire che un ospedale spende il doppio di un altro per curare lo stesso paziente.
 
Le manovre 2011-2012 e la spending review, in particolare, hanno richiesto a Regioni e aziende tagli orizzontali. Se le diverse strutture dislocate nel Paese avessero un analogo livello di efficienza operativa – sottolinea il professor Cicchetti - la spending review sarebbe lo strumento adeguato per incrementare globalmente il livello di efficienza e, con ogni probabilità, di efficacia del sistema”.
Ma lo studio ALTEMS evidenzia una situazione diversa: il livello di produttività ed efficienza delle singole strutture è molto differenziato. “Le implicazioni di ciò sono evidenti – sottolinea il professor Cicchetti: i tagli lineari della spending review in una situazione come quella che caratterizza la Regione Lazio, non consentono di “fare efficienza”, ma esattamente l’opposto. Se si taglia il 5% della spesa per beni e servizi al S. Camillo (che si dimostra relativamente efficiente in questa attività) e a Tor Vergata, senza considerare le differenti performance di queste aziende, ottengo, così, una riduzione della produttività complessiva”.
I tagli dovrebbero ispirarsi a una nuova logica: l’indicatore considerato per decidere l’allocazione delle risorse non può più essere la dimensione dell’offerta, ma deve divenire la qualità, l’efficacia e l’efficienza dell’offerta.
“La Regione Lazio – conclude Cicchetti - deve fare i conti con la realtà di un sistema estremamente articolato: il 45% dei pazienti in acuzie è dimesso da ospedali non pubblici (27% da ospedali no-profit, di ispirazione religiosa); nessuna Regione ha una segmentazione simile nel proprio mercato sanitario. Per questo motivo se si vuole salvare la sanità pubblica della Regione, bisogna investire su quello che realmente funziona bene, sviluppando nell’amministrazione regionale la funzione di “committenza”, e utilizzando idonei strumenti per decidere come erogare le risorse disponibili.

© RIPRODUZIONE RISERVATA