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Venerdì 03 MAGGIO 2013
Economia, organizzazione, management. E se parlassimo finalmente di “medicina”?

Per uscire dalle sacche in cui spesso restano imbrigliati i nostri discorsi sulla sanità, serve una visione sistemica. A partire proprio dalla definizione di medicina come crocevia tra scienze diverse. Per una una vera integrazione tra saperi e tra competenze e conoscenze. Tra attività speculativa e tecniche organizzative

Nel dibattito sul Ssn (anche su questo giornale) c’è un invitato, degno di un pranzo di gala,  a cui stranamente nessuno ha finora riservato un posto da commensale.  Si parla e parliamo  infatti  di organizzazione dei servizi, di professionisti, di risorse, di qualità e appropriatezza delle prestazioni, ma  poco  o ancora troppo poco della  “medicina”, dei suoi progressi e dei suoi limiti e di come  la terza rivoluzione scientifica  (informazionale  per usare le parole di Mirko Grmeck) con quel che ne consegue,  abbia inevitabili conseguenze sulla nostra ripartizione del sapere e delle competenze (tra generalisti e specialisti) e quindi sul  nostro  modello organizzativo, che rimane invece rigido e fermo.
 
A cambiare non sono certo i fondamenti della medicina la cui definizione non va oltre quel che ne ha detto  Canguilhem  “ una tecnica  o un’arte al crocevia tra diverse scienze, piuttosto che come una scienza in senso proprio” (G. Canguilhem: il Normale e patologico pg 10, Einaudi ed).  Un’arte  la cui “necessità di emergenza” è implicita in un altro aforisma dello stesso  Canguilhem  “E’ dunque innanzitutto perché gli uomini si sentono malati che vi è una medicina. E’ solo secondariamente - per il fatto che vi è una medicina - che gli uomini sanno in che cosa essi sono malati” (ibid.)
 
Quel che cambia è ovviamente la seconda parte di detto aforisma perché profondamente mutata è la classificazione delle malattie mentre la loro concettualizzazione si muove ancora  su una antinomia che era stata posta all’atto stesso della sua fondazione epistemica .
 
L’obiettivo, quindi, è quello di uscire dalla sacche in cui spesso restano imbrigliati i nostri discorsi sulla sanità. Esistono infatti due poli di attrazione che rendono debole ogni pensiero veramente riformatore. Essi sono la tendenza economicistica attraverso la quale si riduce tutto al problema delle risorse ( scarse per definizione) e la tendenza corporativa- professionale con cuici si illude cheil cambiamento sia realizzabile esclusivamente con gli strumenti del management sanitario e secondo lo slogan  potere ai professionisti della salute.
 
Quello che occorre è invece una visione sistemica in cui ripartendo dalla definizione di medicina come crocevia tra scienze diverse si punti  a una vera integrazione tra saperi diversi tra competenze e conoscenze , tra attività speculativa e tecniche  organizzative. La mia speranza è che quanto scritto possa contribuire ad aprire questa nuova prospettiva. (leggi tutto l’articolo).
 
Roberto Polillo

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