quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Mercoledì 05 GIUGNO 2013
Fondi integrativi. La nascita di un "mito"

I tagli ai budget sanitari hanno messo in crisi anche i privati e così ora il tentativo è quello di agire a livello del pilastro cognitivo-culturale del campo sanitario. E nasce un nuovo mito: quello che solo  i fondi integrativi potranno salvare il nostro Ssn

Dal documento appena pubblicato “LE TENDENZE DI MEDIO-LUNGO PERIODO DEL SISTEMA PENSIONISTICO E SOCIO-SANITARIO. Previsioni elaborate con i modelli della Ragioneria Generale dello Stato aggiornati al 2013”, si evince con chiarezza che ormai la spesa sanitaria pubblica è sotto controllo, sia a breve che a lungo termine.
 
A fronte di tali dati, attestanti l’assoluta sostenibilità finanziaria del nostro SSN, si stanno moltiplicando prese di posizioni di tipo catastrofistico  su incrementi della spesa fuori misura. Anche ieri il Presidente del CNEL  (cimitero degli elefanti di esodati di rango della politica e del sindacato) commentando una ricerca commissionata al  Censis  ha riproposto il tema,  offrendo come unica soluzione quella dei fondi integrativi. Il Prof. Marzano ha inoltre fatto appello ai giovani (sic!) affinché siano loro i principali sottoscrittori dei fondi medesimi, dimenticandosi di specificare con quale risorse,  visto che la disoccupazione giovanile è dell’ordine del 40%  e che,  grazie alla riforme pensionistiche della Fornero,  la maggioranza di essi non potrà nemmeno raggiungere un livello di pensione superiore a quella sociale.     
 
 
La mobilitazione degli  apparati ideologici
In realtà ciò che si registra è una vera mobilitazione di quelli che potremmo chiamare, usando una espressione di Althusser, gli apparati ideologici del complesso sanitario privato. I buoni risultati dal punto di vista finanziario delle politiche di controllo della  spesa, attuate negli ultimi anni anche attraverso i Piani di rientro delle regioni con disavanzi strutturali,  sta togliendo ossigeno a quanti hanno utilizzato per decenni  la sanità per fare affari. Un processo, di  efficientizzazione della spesa  che si accentuerà ulteriormente con la introduzione dei costi standard che potrebbe mettere fine alla finanza allegra perpetrata per anni.
Il complesso sanitario privato dunque rischia di pagare un prezzo elevatissimo nel processo di ristrutturazione del debito e di benchmark tra acquisti  e prestazioni tra le varie regioni,  considerato che sono le regioni in cui il privato è più forte ad avere dissipato le risorse accumulando  il 70% del disavanzo totale. Per uscire dallo scacco si cercano dunque nuovi mercati e, non potendo più contare sulla generosità dello stato,  si cercano altri finanziatori, i cittadini,  senza timore di  dissimulare al realtà e di addurre giustificazioni che sono platealmente smentite dalle stime ufficiali del governo italiano. 
 
E dunque il tentativo è quello di agire, ora,  a livello del pilastro cognitivo-culturale del campo sanitario  introducendo come  nuovo mito razionalizzato quelloche solo  i fondi integrativi potranno salvare il nostro SSN.  Un tentativo puramente ideologico, a cui il Censis ha dato il suo  contributo,   che cela le conseguenze  che deriverebbero dalla istituzionalizzazione di un sistema duale. Questa ipotesi che condurrebbe fatalmente a un sottofinanziamento del SSN deve essere contrastato con forza da tutti coloro che credono nei sistemi universalistici e che si battono per una sanità a misura di reali necessità e non del  consumismo sanitario o del salutismo di maniera.
 
Roberto Polillo
 
Leggi articolo integrale

© RIPRODUZIONE RISERVATA