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Venerdì 07 GIUGNO 2013
Lettera a Ilaria Cucchi da un medico italiano



Gentile direttore,
ho ammirato la compostezza e la chiarezza delle parole con cui, all’ascolto della sentenza, Ilaria Cucchi ha rifiutato la riduzione  del percorso di aberrazione del mandato istituzionale delle forze dell’ordine, che hanno portato alla morte di un giovane,  alla facile stigmatizzazione di malasanità,  perché quell’arresto ha incrociato le mura ospedaliere per un ricovero  che normalmente non è necessario . Da donna normale in un paese non più normale, in cui le  istituzioni giocano fanciullescamente a buttarsi la palla tra loro, ha rifiutato che anche la morte di suo fratello servisse, in un gioco al massacro irresponsabile, a criminalizzare ancor più di quanto non avvenga quotidianamente sui media, la classe medica tout court.
 
Si sono avvicendate molte prese di posizioni, in difesa di una categoria ampiamente  esposta, ed a un passo, oramai, dall’essere  considerata  di per sé la  punta estrema di degrado di un paese in cui il crollo di valori come dignità professionale, solidarietà col prossimo, fondamenti  della cura, sintomo di incuria anche della politica, ha già mostrato tutta l’urgenza di un bisogno collettivo di responsabilizzazione e capacità di risposte coerenti  ai bisogni  della popolazione, a partire ovviamente dalle vittime del caso.
 Manca ad oggi, e la stiamo aspettando, una chiara presa di posizione dell’Ordine dei Medici, che ricordi i suoi professionisti impegnati nella sanità pubblica e portatori, anche nelle peggiori condizioni, di  sensibilità umana , che hanno dimostrato in altre occasioni ancora più gravi (ricordiamo i medici del  Pronto Soccorso S. Martino, che  nella notte della democrazia nella scuola Diaz di Genova si rifiutarono di scrivere referti compiacenti ) di non dimenticare mai il primo e  più elementare principio di deontologia ippocratica, fondamento della professione.
 
Manca ad oggi, e stiamo aspettando anche quella, una presa di posizione da parte del Collegio degli Infermieri - i più vicini, per mandato e per mission, alle sofferenze h24 degli infermi -: non vorremmo interpretare il loro silenzio di fronte alla assoluzione della categoria come un tirarsi fuori improvvisamente , non da un singolo episodio ma da tutto un sistema di corresponsabilità e coprotagonismo che quotidianamente rivendicano  invece  nell’ambito dell’organizzazione del SSN (dove sono i professionisti infermieri che denunciarono gli abusi e i maltrattamenti nel carcere di Bolzaneto, sempre nella famosa notte della democrazia che ci avvicinò pericolosamente alla ben più atroce notte argentina?).
Ci aspettavamo infine dalla ministra Cancellieri non solo la com-passione per il dolore della famiglia, ma anche le scuse che Manganelli seppe porgere alle vittime del G8.
 
Siamo sicuri che anche l’on Boldrini, così visceralmente vicina a tutte le sopraffazioni, ha qualcosa da comunicare, da donna normale anch’essa, per  contribuire a riportare uno sguardo non sfocato né deviato sui rapporti tra cittadini e istituzioni, tra bisogni e servizio, tra dignità e giustizia.
 Questa vicenda non è ancora finita, e non solo dal punto di vista affettivo e dei gradi di giudizio: sta già ritornando nei commenti, sollecitando riflessioni  e contributi a cascata, dimostrando -forse- che in un paese che sembra voler perdere memoria e rinnegare pezzi importanti  della sua storia repubblicana (di cui il SSN, un sistema universalistico di cure, e i suoi  attori) non tutti hanno perso la lucidità e la voglia di combattere perché quelle notti della democrazia e della civiltà, ogni tanto sfiorate, non ritornino più .
A partire da una donna normale, a cui da donna  va tutta la mia ammirazione.
 
Sandra Morano
Ginecologa ricercatrice

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