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Giovedì 27 GIUGNO 2013
Sostenibilità. Pazienti, Asl, Ospedalità privata e infermieri si confrontano sul tema

Taglio delle risorse, mancati investimenti che generano un gap con il resto dell’Ue, poche risposte dal territorio, cronicità e blocco del turn-over. Questi alcuni dei punti sollevati alla Camera durante le audizioni sull’indagine conoscitiva sulla sostenibilità del Ssn. Oggi di scena: Cittadinanzattiva, Fiaso, Aiop e Ipasvi.

Secondo appuntamento, questa mattina, dell’indagine conoscitiva sulla sfida della tutela della salute tra nuove esigenze del sistema sanitario e obiettivi di finanza pubblica. Le Commissioni riunite Bilancio e Affari sociali della Camera hanno audito, i rappresentanti di Cittadinanzattiva, Marco Frey, Presidente e Antonio Gaudioso, segretario generale; Valerio Fabio Alberti, Presidente della Fiaso; Gabriele Pelissero, presidente Aiop e in chiusura Gennaro Rocco, vice presidente Ipasvi.
 
Dunque, dopo le audizioni della scorsa settimana, sono stati ascoltati, presso la Sala del Mappamondo, gli stake-holder professionali e di categoria che operano nella sanità.
La prima questione posta da Antonio Gaudioso Cittadinanzattiva-TDM all’attenzione delle Commissioni è quella delle taglio alle risorse economiche a disposizione del Ssn che è e deve rimanere pubblico: dal contenimento della spesa sanitaria “siamo passati – ha spiegato Frey – ad un vero e proprio definanziamento lineare del Fsn, nonostante la sanità assorba il 7,1% del PIL, producendone oltre l’11%”.
Infatti, secondo Cittadinanzattiva “l’ammontare complessivo delle riduzioni di stanziamenti per gli anni 2012 – 2015, è pari a circa 35.000 milioni di euro e per la prima volta nel 2013 il Fondo Sanitario Nazionale  è inferiore in valori assoluti a quello del 2012. La riduzione lineare ha danneggiato tutti: realtà virtuose e meno virtuose, lasciando inalterate le inefficienze e gli sprechi preesistenti. Anche la stessa Corte dei conti nel Rapporto 2013 ha segnalato come a fronte di un miglioramento dei conti sussistano comunque tensioni sulla garanzia di adeguati livelli di assistenza e segnali preoccupanti sul fronte della qualità dei servizi resi ai cittadini”.
 
La seconda questione posta è quella della vera e propria delega assistenziale attuata da parte dello Stato nei confronti delle famiglie all’interno delle quali vi è una persona anziana con patologia cronica e rara, e più in generale con disabilità. “La famiglia – ha spiegato Frey – è il pilastro dell’attuale sistema di Welfare, colma i bisogni assistenziali non solo provvedendo all’assistenza diretta alla persona con patologia cronica e rara, ma anche mettendo fortemente mano al proprio portafoglio. Ciascuna famiglia dedica mediamente all’assistenza del familiare anziano oltre 5 ore al giorno. Tale situazione molto spesso non permette ai componenti delle famiglie di conciliare l’orario lavorativo con le esigenze di assistenza, arrivando a situazioni di licenziamenti e mancati rinnovi o interruzioni del rapporto di lavoro. A tutto ciò va aggiunta la difficoltà crescente per le famiglie di fronteggiare l’onere economico correlato, che impatta significativamente sui redditi familiari”.
 
La terza questione affrontata è la mancanza di equità di accesso alle prestazioni sul territorio nazionale. L’Associazione in questo senso ha rappresentato la situazione legata ai punti nascita, alla Pma e alla prevenzione. Stesso discorso per l’accesso ad alcuni farmaci di ultima generazione per la cura dei tumori che mostra diverse realtà all’interno del Paese.
 
Valerio Fabio Alberti, presidente Fiaso, ha esordito dicendo che “un corretto punto di equilibrio tra economia e assistenza genera un Ssn di valore”. Poi è passato a ragionare sul finanziamento del Ssn, sui costi e i fabbisogni standard. “Un corretto criterio di riparto – ha detto – è fondamentale per capire e valutare la performance della regione. Così come pure, all’interno della singola regione, una corretta modalità di riparto è fondamentale per l’erogazione di servizi”. La spesa per la sanità si è attestata a quota 110,8 mld di euro facendo registrare per il secondo anno consecutivo una riduzione in termini nominali (pari allo 0,7% contro lo 0,8% dell'anno precedente), "paiono pertanto difficilmente comprimibili ulteriormente - ha sottolineato Alberti - i livelli di finanziamento del Ssn. Anche perchè, già così appare realistica l'ipotesi che nel 2013 la maggioranza delle Regioni sia sottoposta a Piani di rientro. Un paradosso che equivale a dichiarare l'insostenibilita' del Servizio".

 
“La governance va rivista tutta la filiera. Ci vuole un ministero della Salute forte che dialoghi con l’Economia. Serve dunque maggior equilibrio tra i due ministeri. La conferenza Stato-regioni deve svolgere un forte ruolo di regia a livello nazionale nel sistema di regolazione recuperando il ruolo attivo proposito e di regia. Non ultimo il ruolo delle aziende all’interno delle regioni che va rilanciato dotandole di maggiore autonomia gestionale”. Nel senso di una “maggiore autonomia delle aziende pur in un sistema di fortissima interdipendenza”. Il suggerimento della Fiaso va dunque nella direzione di “trovare un equilibrio anche per offrire maggiori servizi, quindi management più efficace perché in grado di trovare soluzioni nel contesto locale. Questo ci porta al tema della selezione dei direttori generali che dovrebbe essere gestita in modo molto rigoroso da un punto di vista del cv, delle attitudini e delle esperienze che dovrebbero costituire i requisiti necessari per poter gestire al meglio le aziende sanitarie ospedaliere e per aver risposta anche da un punto di vista dei risultati”.
 
Gabriele Pelissero, presidente Aiop ha affrontato il tema della spesa sanitaria pubblica nei 15 paesi dell’Unione europea sottolineando il confronto tra L’Italia la Francia e la Germania “paesi  – ha riferito – di confronto più diretto e immediato”. L’Italia, si è lamentato Pelissero,  “non sta investendo a sufficienza nello sviluppo del proprio Ssn e questo porrà gravissime difficoltà competitive, soprattutto in attuazione delle direttive comunitarie”. La situazione è tale per cui “abbiamo d’Europa che sarà aperta per le frontiere sanitarie, e la capacità di mantenere i propri cittadini-pazienti all’interno dei sistemi dei paesi dipenderà dalla capacità di investimento e dalla quota di modernizzazione e qualità che sarà portata dentro i Sistemi sanitari”.
 
Questo gap dagli altri paesi europei costituisce secondo l’Aiop un gravissimo handicap anche “nella ricerca, nello sviluppo biomedico che possono tradursi in opportunità di lavoro per i giovani”.
 
In quanto presidente dell’ospedalità privata, Pelissero ha poi voluto fare un promemoria rispetto al dimensionamento della rete ospedaliera in termini di volumi di attività e dei costi. “La quota di aziende ospedaliere di diritto privato – ha detto – , complessivamente considerata nel sistema pubblico italiano, ha erogato nel 2010 il 24,4% con un costo del 14,4% della spesa ospedaliera. Questo dato dovrebbe far riflettere e questo dato è stato alla base di riforme sanitarie introdotte negli ultimi 7-8 anni in paesi Ue. In Germania, ad esempio c’è stato un forte trasferimento dal pubblico al privato nel tentativo di intercettare quelle zone di efficienza”.
 
Il presidente Aiop in conclusione ha fatto delle segnalazioni in merito agli effetti negativi delle ultime manovre rispetto alle prestazioni rese. “Gli interventi che sono stati fatti negli ultimi 2 anni li consideriamo interventi sulla leva strettamente finanziaria, come operazioni di cassa e che hanno esitato esclusivamente in una riduzione delle prestazioni”.
 
“Per incrementare l’efficienza è necessario investire. Da qui non si esce. È possibile tagliare come è stato fatto, ma questo esita in un solo effetto: l’aumento dell’inefficienza marginale e la riduzione della quota di prestazioni erogate”. Basta quindi con il disinvestimento che ci allontana dal resto dei paesi dell’Europa sviluppata, si ad investimenti nella qualificazione del sistema e in interventi strutturali.
 
A conclusione della giornata Gennaro Rocco, vice presidente Ipasvi ha lamentato che le “potenzialità dei nostri infermieri altamente formati e specializzati, per dare prestazioni e per partecipare in maniera attiva alla revisione organizzativa, viene utilizzata solo in parte.
La demografia ci insegna che i bisogni delle persone cambiano, non hanno solo necessità di fare diagnosi continue quanto di qualcuno che si prenda cura di loro da un punto di vista globale”. Su questo Rocco si è detto convinto che “il contributo che possiamo dare noi infermieri è fattivo. Ci sono esperienze ospedaliere che tengono maggiormente in conto le esigenze della persona, con processi di cura e assistenziali orientati ai reali bisogni dell’individuo. Ospedali che sul territorio fanno intensità di cura, complessità assistenziale, ottimizzando le risorse economiche ma anche le risorse professionali”.
 
E in questo gli infermieri hanno dato un contributo notevole perché si sono orientati come professionisti nella presa in carico della persona costruendo loro stessi dei percorsi di assistenza ma anche perché si sono motivati maggiormente diventando professionisti più attivi nell’attività che svolgono.
 
Infine il rappresentante Ipasvi ha voluto sottolineare un elemento di criticità, ovvero il blocco del turn over. “Elemento su cui riflettere in termini di prospettiva. Se si insiste con questa politica, specie nelle regioni che sono in piano di rientro, non c’è nemmeno la garanzia di assicurare i contratti a quelli che ce l’hanno a termine. Questo produce effetti devastanti che se danno risparmi nel breve, nel lungo periodo condizionano negativamente i costi”.
 
“Siamo il Paese – ha concluso Rocco – che ha il più basso rapporto infermieri cittadini secondo le stime Ocse: 6 infermieri per mille abitanti con una media europea di 10/12 con punte anche di 14/16 infermieri per mille abitanti”. 

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