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Lunedì 08 LUGLIO 2013
Commissioni Bilancio e Affari Sociali. Ordini medici e farmacisti (e tanti altri) in audizione

Trovare risposte adeguate alla sostenibilità del Ssn, senza passare attraverso tagli lineari che non si sposano con i principi di equità e universalità. Questo il filo conduttore delle audizioni in Commissioni Bilancio e Affari sociali che ha visto protagoniste Federazioni e Associazioni del mondo della salute.

Continuano le audizioni nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla sfida della tutela della salute tra nuove esigenze del sistema sanitario e obiettivi di finanza pubblica sulla sostenibilità del Ssn. Protagonisti di questa giornata, le principali Federazioni e Associazioni di categoria e i rappresentanti dei sindacati medici che sono stati ascoltati dalle Commissioni riunite di Bilancio e Affari sociali della Camera: la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), la Federazione delle società medico-scientifiche italiane (Fism), la Federazione veterinari e medici (Fvm) e Federazione patologici clinici, radiologi, medici del territorio e dirigenti specialisti (Fassid). E ancora la Federazione ordini farmacisti italiani (Fofi) e Federfarma; l’Associazione nazionale dentisti italiani (Andi) e Assobiomedica. Auditi poi il Sindacato dei medici italiani (Smi), il Sindacato nazionale farmacisti dirigenti del Ssn (Si.na.f.o.) e il Segretariato italiano giovani medici (Sigm).
Sul tappeto la sostenibilità del Ssn e la necessità di garantire i Lea. Ma anche proposte e soluzioni per uscire dell'impasse.
 
Gli interventi in sintesi per ordine di intervento (per il testo integrale clicca sul nome quando sottolineato).
 

Sergio Bovenga, Presidente Omceo Grosseto per la Fnomceo.“Il Ssn non può sopportare ulteriori politiche di definanziamento pubblico, salvo scontare inaccettabili cadute dell’universalismo e della equità. Nell’affannosa ricerca di ulteriori forme di finanziamento, la leva dei ticket è oggettivamente diventato uno strumento distorsivo dell’equità e della stessa efficacia, favorendo fenomeni di opting out dal sistema pubblico o in assoluto dal sistema delle cure. I ticket sui farmaci sono aumentati del 40%, le prestazioni sanitarie complessive sono diminuite del 20%. Non sorprende che in queste condizioni non si sono ancora realizzate le condizioni per stipulare il Patto della Salute. Sul piano organizzativo-gestionale va ripensato il modello aziendalista dominante, provando ad invertire l’ordine dei fattori e cioè partendo dal rispetto delle finalità sanitarie per arrivare a quello dell’equilibrio dei conti. Il ridimensionamento e la riqualificazione strutturale e funzionale della rete ospedaliera ed il potenziamento e riorganizzazione delle cure primarie devono innanzitutto corrispondere in modo armonico alla transizione epidemiologica tra malattie acute e croniche e tra malattia e salute e tutto questo non necessariamente può comportare minore spesa ma probabilmente solo una migliore qualificazione della stessa. Con pari convinzione affermiamo che il nostro Ssn non è né un costo insopportabile né un carrozzone inefficiente ed inefficace ma una grande opera tecnico professionale, civile e sociale che garantisce ricerca e sviluppo, occupazione qualificata e soprattutto nei principi di universalismo ed equità, coesione sociale ed identità civile al nostro paese”.

Francesco Macrì, Segretario nazionale Fism.“Per non essere costretti ad ulteriori tagli lineari o a razionamenti ingiustificati va messa a punto una strategia utile ad evitare gli sprechi e le disuguaglianze. In questa logica abbiamo già formalizzato alla Fnomceo e al Ministero della Salute una soluzione a costo zero, che consiste nel dare un ruolo propositivo alle Società Scientifiche accreditate presso le istituzioni alle quali affidare il compito di definire il profilo professionale aggiornato dei propri associati, che costituiscono l’organico operativo del Ssn. Il risultato sarà quello di fornire un comun denominatore professionale a livello nazionale, con l’obiettivo di uniformare e migliorare, in un tempo relativamente breve, le più diffuse procedure diagnostiche e rendere più appropriati i trattamenti terapeutici. In questo modo si possono ottenere due importanti risultati virtuosi sul risparmio: evitare la esecuzione di prestazioni o trattamenti terapeutici inutili e ridurre il ricorso alla medicina difensiva da parte dei sanitari, grazie ad una razionalizzazione a livello nazionale delle prestazioni erogate, basata su linee guida condivise per gli interventi professionali ed organizzativi. Questo consentirà anche di definire una corretta presa in carico del rischio in campo sanitario da parte del settore assicurativo, con ricadute favorevoli per le strutture assistenziali e per i medici che vi operano in modo corretto nell’interesse ultimo di pazienti”.
 
Salvo Calì, Segretario nazionale Smi.“Se si hanno poche risorse, si spende male e senza una cornice nazionale, è impossibile razionalizzare e modernizzare il sistema e ricondurre la spesa in investimenti adeguati che possano rispondere correttamente alle mutate domande di salute (cronicità, invecchiamento della popolazione) con servizi efficaci su territorio e con un’aggiornata e rivista definizione dei Lea. Quindi il primo obiettivo è chiudere la stagione del ‘malinteso federalismo’, il secondo è prevedere adeguati stanziamenti, il terzo è ridurre il gap strutturale tra sud e nord, il quarto è creare una governance basata sui medici e il merito ed escludendo le invasive infiltrazioni della “malapolitica” (fenomeno sempre legato al malinteso federalismo). Quindi invece, di inseguire spot pubblicitari a uso e consumo dei mezzi di comunicazione, come la bufala dell’h24, si ritorni a dialogare con la categoria, si dia il giusto ruolo al Parlamento e si finisca con la pratica irrazionale dell’emergenzialismo. È giunto il momento di una seria programmazione, del potenziamento delle cure primarie, ma senza cedere allo smantellamento della guardia medica e alla de-medicalizzazione del 118, come si sta facendo in Toscana o in Lombardia. Infine bisogna cambiare radicalmente il quadro normativo: si vada verso il contratto unico della categoria, basta con le divisioni tra convenzionati e dipendenti. I medici devono stare al centro della riorganizzazione delle cure primarie, non le vittime di involuzioni calate dall’alto, come si sta facendo fino ad ora”. (Nei prossimi giorni sarà inviato in Commissione un documento).

Pierluigi Ugolini dell’Fvm.“Non può esservi appropriatezza di spesa senza una efficace politica di prevenzione dei meccanismi che generano spese aggiuntive. I Lea devono, oramai da troppo tempo essere rivisitati per essere aggiornati ed attualizzati, ma se si vogliono mantenere gli attuali, è impensabile ridurre il finanziamento del Fsn. Nell’ottica di garantire i Lea è fondamentale che le funzioni ed i livelli organizzativi minimi siano definiti. Non sono né il finanziamento complessivo del sistema né tantomeno la riduzione dei livelli organizzativi professionali a determinare da soli un decremento della spesa, quanto piuttosto la capacità di intercettare i bisogni in modo organico. Procedere per ambiti di assistenza è allo stato assolutamente inadeguato, ma soprattutto appare inadeguato lo strumento dei “costi standard” senza che parallelamente siano indicate, a livello centrale “standard strutturali, strumentali e di personale” minimi a cui far riferimento, in modo che vi sia una uniformità erogativa di base in tutte le regioni. L’obiettivo di allocare il 5% della spesa sanitaria in politiche di prevenzione efficaci dovrebbe essere uno dei fattori che, se adeguatamente sfruttato, potrebbe essere in grado di mettere in piedi meccanismi di spending review avanzati e non basati su inutili politiche di tagli lineari”.

Francesco Lucà, Coordinatore nazionale Fassid.“Non è la spesa sociale fuori controllo alla base della crisi economica, ma è il contesto economico che ‘minaccia’ lo stato sociale. Bisogna agire sul sistema partendo dalla performance. Migliorando la qualità delle prestazioni si raggiunge la sostenibilità economica e non viceversa. Per questo chiediamo una chiara ed univoca regolamentazione dell’offerta sia nel pubblico ma, non secondariamente, nel privato: la soluzione deve essere un accreditamento istituzionale. E ancora, occorre sviluppare l’Health Technology Assessment nel modo più completo trovando soluzioni adeguate nelle gare di appalto dove siano gli specialisti che dovranno usare la tecnologia a dire la loro. Infine deve essere difesa l’appropriatezza, nel senso più completo del termine, arrivando a punire, quelli sì, i medici che ricercassero nella medicina difensiva, che incrementa, come ampiamente dimostrato, la spese del 10%. Tutte proposte a costo zero con la speranza di un contributo fattivo da parte di chi rappresenta quelli che sono tra i principali servizi che sono il motore indispensabile per il funzionamento del sistema sanitario del nostro Paese”.
 
Gianfranco Prada, presidente Andi. “In Italia i maggiori problemi per l’odontoiatria riguardano certamente l’eccesso di offerta, fenomeno aggravato dal forte abusivismo. La configurazione del mercato è monopolizzata dal privato, dato che il pubblico rappresenta meno del 10% delle cure erogate. I cittadini propendono per il privato perché con esso hanno ormai costruito un rapporto fiduciario, mentre l’offerta pubblica è sempre più carente. Per il futuro chiediamo uno sforzo più convinto verso le campagne di sensibilizzazione, soprattutto quelle incentrate sull’importanza della prevenzione. Si tratta di un processo che si costruisce con un lavoro articolato e capillare che parta dalle scuole. Un'altra richiesta che rivolgiamo al governo riguarda la costruzione di un sistema di incentivi e sgravi fiscali. Un dispositivo di questo genere permetterebbe di combattere in maniera efficace l’abusivismo e l’evasione e di recuperare una cospicua porzione di risorse”.

 
Walter Mazzucco, Presidente nazionale Sigm. “Per essere competitivi in un momento di crisi ecomomico-finanziaria e per concorrere al bene dell’intero sistema salute, è necessario avere professionalità adeguatamente preparate e motivate. E uno dei pilastri di un Ssn solido e sostenibile è rappresentato dalla componente giovane della Professione Medica che, solo se adeguatamente supportata e valorizzata, potrà contribuire al rilancio della Sanità nel nostro Paese. Tuttavia, i tempi di accesso all’esercizio della professione ed al mondo del lavoro in Italia per un giovane medico sono i più elevati in assoluto nel panorama UE. Inoltre l’effetto combinato di una non ottimale gestione delle risorse umane, unitamente alla non adeguata programmazione del fabbisogno di professionalità mediche, ha incrementato nel tempo, in maniera esponenziale, il numero di giovani medici precari in attesa di legittima stabilizzazione. Manca inoltre un sistema di rilevazione del fabbisogno intellegibile e strutturato sia dal punto di vista metodologico che scientifico in adozione tanto a livello regionale quanto a livello centrale. Persiste una dicotomia tra le esigenze del Ssn e l’articolazione delle reti formative delle scuole di specializzazione. Nell’ambito del capitolo delle risorse umane la richiesta di riequilibrio tra le esigenze di chi entra e chi esce dal sistema non deve essere classificata come una generica azione di rivendicazione intergenerazionale, piuttosto deve essere considerata un’opportunità: soltanto le giovani generazioni, infatti, potranno farsi interpreti del processo di discontinuità culturale, non più orientato alla visione di parte bensì all’etica ed alla cultura di sistema, necessario a garantire l’evoluzione del sistema delle cure nel nostro Paese”.
 
Maurizio Pace, segretario nazionale Fofi. “Oggi per invertire il trend negativo che caratterizza il settore è necessaria una stabilizzazione che consenta la ripresa della crescita e la sostenibilità del servizio farmaceutico. La spesa per i medicali continua a crollare e quindi bisogna impegnarsi affinché non vi siano ulteriori tagli e manovre finanziarie incidenti sul settore del farmaco. Una novità che garantirebbe ricadute positive su tutte il sistema risiede nell’inserimento della figura del farmacista nell’equipe sanitaria ospedaliera a livello dipartimentale e di reparto. Nel contempo mi auguro un’implementazione del modello della farmacia dei servizi che sarebbe anche una risposta alla necessità di mantenere elevati livelli occupazionali nella professione, di prevedere una progressione di carriera per i collaboratori in termini economici ma anche di sviluppo delle competenze di ruolo. Altro vettore per innescare una nuove fase di crescita è costituito dalla digitalizzazione che rappresenta un obiettivo di progresso da perseguire, che consentirà una gestione migliore del paziente e dei trattamenti terapeutici. In quest’ottica, oltre allo sviluppo del Fascicolo sanitario elettronico occorrerebbe servirebbe prevedere la creazione anche di un dossier farmaceutico del paziente, contenente tutte le informazioni relative alle terapie in uso e da aggiornare puntualmente ad opera del farmacista, al fine di consentire un virtuoso interscambio informativo”.

Roberta Di Turi, Segretario generale Aggiunto Sinafo. “La spesa farmaceutica nel nostro Paese ha subito, negli ultimi anni, un sensibile incremento. Una spesa rilevante che deve essere attentamente monitorata per evitare lo spreco di risorse che potrebbe incidere pesantemente sulla sostenibilità stessa del principio solidaristico su cui si basa il nostro sistema sanitario. I servizi farmaceutici territoriali e ospedalieri svolgono una funzione essenziale sia a livello di monitoraggio  della spesa farmaceutica,  attraverso adeguati e costanti controlli sull’appropriatezza prescrittiva, sia nella pratica gestione delle procedure relative alla dispensazione dei medicinali intra extra ospedalieri senza alcun aggravio della spesa e consentendo, anzi, la realizzazione di notevoli risparmi ed economie. Funzioni che potrebbero essere certamente più incidenti laddove si dovessero implementare gli organici dei farmacisti pubblici che rimangono (inspiegabilmente) sottostimati rispetto a quelli di tutti gli altri dirigenti sanitari. Eppure, nonostante le reiterate segnalazioni che su tale questione sono state fatte ai vari livelli istituzionali, nulla o poco è stato fatto. Per questo proponiamo che venga accolte le nostre richieste di incremento della dotazione organica per perseguire in modo compiuto alcuni degli obiettivi di importanza strategica”.
 
Stefano Raimondi, presidente Assobiomedica. “Occorre andare oltre la politica del rigore. La gestione del sistema della salute non può essere infatti basata su una logica emergenziale, con un’agenda dettata esclusivamente da esigenze di risparmio a breve termine. Per innescare una ripresa economica, preservando i principi fondamentali del nostro Ssn, bisognerebbe procedere sulla strada della razionalizzazione, modificando però l’approccio della spending review verso meccanismi in grado di allocare le risorse verso le strutture che mostrano livelli di efficienza più elevati. Altre priorità sono costituite da una valorizzazione dell’innovazione tecnologica appropriata e da una revisione del perimetro dei Lea, passando da una definizione di una lista negativa a una positiva. Per quanto riguarda più specificamente il settore dei dispositivi medici, occorre senza dubbio una sua maggiore conoscenza, anche se presso il ministero della Salute sono già presenti due banche dati: il Repertorio dei dispositivi medici e i dati provenienti dal monitoraggio dei flussi dei consumi e dei contratti. Bisogna utilizzare al meglio questi strumenti, senza ricorrere a nuovi, complicati e costosi meccanismi di raccolta. A livello normativo, è importante che l’Italia svolga a livello europeo un’azione forte per garantire che nella revisione delle direttive in vigore per l’immissione in commercio dei dispositivi medici, non prevalga la volontà di modificare sostanzialmente l’impianto legislativo attuale. Sono certamente necessarie delle modifiche, ma non va toccata l’impostazione di base, che è perfettamente adeguata al settore”.

Annarosa Racca, presidente Federfarma. “Sono 3.000 le farmacie in difficoltà è 600 quelle vicine al fallimento. è l’unica voce di spesa che a differenza di tutte le altre ha fatto registrare negli anni un decremento perché la farmaceutica convenzionata è stata continuamente tagliata. Sono aumentate le trattenute delle farmacie inoltre è aumentata la distribuzione diretta con disagi dei cittadini. Il risultato è che non sono rispettati i Lea e assistiamo ad una differenziazione nel paese nella distribuzione del farmaco. Questa situazione che continua a peggiorare per questo dobbiamo portare questi farmaci di uso consolidato negli ospedali e nelle Asl ad una distribuzione più facile ed arrivare ad una nuova remunerazione delle farmacie italiane che dia centralità al medico di medicina generale e dia la completa tracciabilità dei farmaci che riporti il rapporto delle farmacie con il territorio. Le farmacie posso fare molto per la sostenibilità del sistema, devono infatti essere coinvolte nell’assistenza domiciliare, nei programmi di screening, e nella prenotazione di visite ed esame attraverso i cup. Le farmacie sono pronte e hanno dimostrato di portare risparmio”.

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