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Venerdì 22 OTTOBRE 2010
Torna la paura delle infezioni a trasmissione sessuale

La diffusione della sifilide riprende a crescere in Italia, dopo decenni in cui era quasi scomparsa. Mentre le infezioni da Hiv non accennano a diminuire. L’allarme dal Congresso nazionale dell’Associazione Microbiologi Clinici Italiani.

Dopo un ventennio di quasi totale assenza torna in Italia la sifilide. E anche le altre infezioni a trasmissione sessuale sono in crescita. A segnalare il rischio che nei prossimi anni l’Italia possa essere colpita da una recrudescenza di infezioni finora considerate sotto controllo è stata l’Associazione Microbiologi Clinici Italiani (Amcli) durante il 39° congresso della società in corso a Rimini.
Negli anni Novanta - hanno fatto notare i microbiologi - la sifilide era quasi scomparsa dall’Italia: circa 100 all’anno i casi diagnosticati. Tuttavia, dal 2000 a oggi, complice anche il fenomeno immigratorio non controllato dal punto di vista sanitario, si osserva un deciso incremento. Un dato preoccupante, soprattutto se si considera la possibilità di trasmissione materno-fetale. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ogni anno nel mondo si registrano circa 2 milioni di nuovi casi di sifilide in donne in gravidanza con elevate ripercussioni sugli esiti della gravidanza (460 mila aborti o morti endouterine, 270 mila casi di sifilide congenita e 270 mila nati di basso peso o prematuri). Per questa ragione l’Oms ha intensificato gli sforzi per ridurre l’incidenza della sifilide congenita entro il 2015.
Dal Congresso Amcli arriva la proposta che uno sforzo maggiore venga profuso anche in Italia: l’associazione ha perciò promosso la stesura di un percorso diagnostico assistenziale finalizzato a rilevare l’infezione luetica nelle donne in gravidanza. L’intervento comporterebbe minime difficoltà dal punto di vista logistico e garantirebbe risultati quasi certi: i test oggi disponibili sono infatti più sensibili e rapidi di quelli disponibili un tempo e vengono condotti gratuitamente dal SSN.
Tuttavia, a preoccupare è anche la stabilizzazione della diffusione dell’Hiv/Aids e il ritardo diagnostico che sembra essersi ormai cronicizzato. “In Italia 160 mila persone sono infette con l’Hiv, ma solo una su quattro ne è cosciente e informata. In misura sempre crescente il virus si diffonde attraverso i contatti sessuali, ma questo rischio non viene più percepito”, ha sottolineato Barbara Suligoi, Direttrice del Centro Operativo Aids dell’Istituto Superiore di Sanità. “L’inconsapevolezza di essersi infettati perpetua la catena dei contagi e spesso si scopre di essere sieropositivi quando ormai la malattia è in fase avanzata e le possibilità terapeutiche sono scarse”, ha aggiunto. La massima diffusione del test Hiv è perciò auspicabile: “dovrebbe essere fatto dalle persone che hanno avuto dei rapporti sessuali non protetti con partner occasionali o di cui non si conosce la storia, e dovrebbe essere sempre effettuato nelle donne in gravidanza, nelle persone che presentano una infezione sessualmente trasmessa e in coloro che presentano qualche sintomo suggestivo di infezione da HIV”, ha concluso Suligoi.  

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