quotidianosanità.it

stampa | chiudi


01 SETTEMBRE 2013
Toscana. Intervento rivoluzionario a Firenze: via tumore a prostata e impiantata protesi a pene

L'operazione, eseguita presso l’Ospedale Santissima Annunziata, ha consentito di impiantare su un paziente una 'protesi peniena' contemporaneamente alla prostatectomia radicale extraperitoneale. La nuova metodica verrà presentata a fine settembre durante il Congresso della Società di andrologia.

Un intervento chirurgico rivoluzionario, destinato a rappresentare un autentico esempio, è stato eseguito presso l’Ospedale Santissima Annunziata di Firenze da un’equipe guidata dal professor Riccardo Bartoletti, urologo dell’Ateneo fiorentino che opera nella struttura dell’Azienda sanitaria di Firenze, affiancato dal dottor Nicola Mondaini. L’operazione ha consentito di impiantare su un paziente una 'protesi peniena' contemporaneamente alla prostatectomia radicale extraperitoneale: è stato asportato il tumore che aveva aggredito in maniera estesa la prostata di un uomo di 60 anni, gli sono stati impiantati un serbatoio, una pompetta e due cilindri in silicone rivestiti da uno strato antibiotico che fanno da corpo cavernoso in grado di permettere all’uomo di avere erezioni e una vita sessuale normale. E tutto questo in laparoscopia, con 5 forellini addominali, necessari anche solo per l’intervento base alla prostata, ed uno a livello dello scroto, che a 28 giorni dall’intervento non mostrano nemmeno una cicatrice.

Il buon risultato dell’operazione ha indotto gli urologi fiorentini a ripeterla su due pazienti più giovani e a programmarne altre 2 nelle prossime settimane. A un mese circa dagli interventi, due dei tre pazienti erano completamente continenti e in grado di avere una sessualità come prima dell’operazione, e solo uno è ancora sotto controllo dei medici in attesa della completa guarigione. “L’assoluta novità dell’intervento – spiega il professor Riccardo Bartoletti dell’Università di Firenze – è data dalla simultaneità dell’asportazione del tumore con l’impianto di tutte le componenti della protesi che agisce meccanicamente proprio come una pompa idraulica. Finora infatti nel 50% dei casi di prostatectomia in cui non è possibile conservare i fasci nervosi essenziali per il meccanismo dell’erezione, una protesi peniena veniva impiantata solo dopo 2-3 anni dalla rimozione del tumore, limitando solo in qualche caso la sistemazione in contemporanea del serbatoio nell’addome vicino alla vescica. La rinuncia ad un intervento unico che affrontasse in una sola soluzione tutte le problematiche era motivata principalmente dall’estrema sofisticazione della metodica e dal forte rischio di complicazioni infettive che avrebbe reso necessario rimuovere la protesi peniena”.

La prostatectomia radicale laparoscopica simultanea alla ricostruzione eseguita nell’ospedale pubblico fiorentino regala dunque più di una speranza ai circa 45 mila pazienti a cui ogni anno viene diagnosticato un tumore alla prostata, divenuto, insieme al polmone, il tumore più frequente nell’uomo. A circa 10 mila di quei 45 mila pazienti viene oggi consigliato di sottoporsi a un intervento chirurgico che già da molto tempo garantisce nel 90 % dei casi aspettative di vita superiori ai 10 anni. Al 50% circa di quanti si sottopongono alla prostatectomia, mediante le tecniche “nerve sparing” si riesce a conservare i fasci nervosi essenziali per il meccanismo dell’erezione, la quale può essere ripristinata con l’utilizzo di appropriati farmaci nel 60-70% dei pazienti più giovani e senza altre patologie come il diabete o l’ipertensione. Ma laddove la malattia è più estesa e non é possibile risparmiare i nervi durante l’intervento chirurgico si ricorre all’iniezione di un farmaco direttamente a livello penieno per garantire l’erezione. Metodica spesso dolorosa, tanto che viene abbandonata dal 90% dei pazienti già dopo 1 mese.

È proprio per questi pazienti o per quelli che non rispondono alla terapia farmacologica che l’unica soluzione rimane quella dell’impianto di una protesi. In Italia se ne collocano circa 400 all’anno, negli Stati Uniti oltre 20 mila. Ma finora, appunto, tanto qui quanto là, dovevano passare almeno un paio d’anni prima che si potesse tentare di rifare l’amore e recuperare un aspetto tanto fondamentale della vita umana. “È una metodica – dice ancora il professor Bartoletti – compatibile anche con le successive radioterapie, ormonoterapie, chemioterapie a cui i pazienti potrebbero andare incontro”.
La nuova metodica messa a punto a Ponte a Niccheri a fine settembre verrà presentata alla comunità scientifica mondiale durante il Congresso della Società di andrologia in programma proprio a Firenze.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA