quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Lunedì 11 NOVEMBRE 2013
Danni da vaccino e risarcimenti. La denuncia del M5S. “Il Ministero sbaglia, ma non paga”

I deputati del Movimento riportano il caso di un bambino che dopo essere stato vaccinato ha riportato un danno permanente. Il Ministero aveva in un primo momento rinnegato il nesso di casualità (tra vaccino e danno). Scelta bocciata però dal Consiglio di Stato nel 2011. Nonostante ciò il ministero ha deciso di rivedere i provvedimenti solo per i casi successivi al monito del Consiglio.

“Il Ministero sbaglia, ma non paga. Il ministero ha sbagliato, fatto ormai conclamato, un numero non definito di pratiche sono state rigettate per errori del ministero e degli uffici e le famiglie hanno atteso anni per ricevere una risposta. Il Consiglio di Stato esprime un parere che inchioda il ministero alle sue responsabilità. Il ministero stesso però decide autonomamente di rimettersi in riga solo per i casi successivi al monito del Consiglio di Stato, mentre i casi precedenti (proprio quelli che hanno portato all'approfondimento e a questa svolta) saranno esclusi dall'azione riparatoria che il ministero dice di avere attivato”.
 
Questa la denuncia dei deputati del Movimento Cinque Stelle che in una nota riportano il caso che ha colpito la famiglia del signor Antonio Palazzolo (vedi video) e il suo bambino che dopo una serie di vaccinazioni ha riportato (a causa di quest’ultime) un danno permanente.
 
Il caso
“In una di queste sedute – si legge nel comunicato del Movimento - di vaccinazioni, alla soglia del primo anno di vita, accadde al bambino succede quello che nessun genitore vorrebbe neppure pensare che possa accadere.
Dopo aver ricevuto nella stessa seduta un mix di vaccini (Difterite – Tetano - Pertosse - Epatite B - Antipolio SABIN), il bambino comincia a presentare una serie di sintomi che determinano un danno permanente. Nonostante l'omertà del sistema sanitario, i genitori, cercando autonomamente le informazioni utili e affidandosi a medici specializzati, riescono a sapere di numerose altre situazioni simili a quella che stanno vivendo loro.
Nel corso delle loro ricerche vengono a conoscenza dell'esistenza di una legge dello stato (L.210/92) che riconosce il danno dovuto alla somministrazione dei vaccini. I genitori cominciano quindi la procedura, prevista dalla stessa legge. Il primo controllo è demandato dal Ministero della Salute alla Commissione Medica Ospedaliera dell'Ospedale Militare del territorio. Da questa viene accertato che esiste il nesso causale fra la condizione, ormai certificata come patologica, e le vaccinazioni somministrate. Al contempo però la Commissione dichiara che la domanda è stata presentata oltre i tempi previsti dalla legge (tre anni), per cui non è possibile l'accesso al riconoscimento.
I genitori decidono allora di ricorrere presso i ministeri competenti, chiedendo di rivedere in maniera più attenta il tempo trascorso fra l'individuazione del danno procurato e la presentazione della domanda, che è stato effettivamente inferiore ai tre anni previsti.
I Medici del Ministero verificano che i genitori avevano ragione e, quindi, riconoscono il criterio della tempestività. A questo punto sopraggiunge un fatto imprevisto. Il Ministero, andando oltre al proprio ruolo specifico, rivaluta le condizioni già accertate dalla Commissione medico ospedaliera e nega uno dei principi precedentemente accolti: il nesso di causalità.
I genitori vengono poi a sapere che, in Parlamento, era in corso una discussione sul tema, in particolare in Commissione Affari Sociali. Per dirimere ogni dubbio di corretta procedura amministrativa, lo stesso Ministero chiede un parere al Consiglio di Stato, il quale nel settembre 2011 afferma che il ministero non si è comportato conformemente alla legge, dal momento che non è nei suoi poteri sindacare le decisioni della Commissione. A maggior ragione se tale ingerenza è dovuta a "ragioni di finanza pubblica". Tradotto: il ministero ha provato a risparmiare speculando sulla salute dei cittadini. Il caso di questi genitori non è isolato. Il ministero della Salute ha adottato la stessa prassi anche in numerosi altri casi, non quantificabili dal momento che non è stato fornito (altro scandalo) un numero preciso”.
 
La replica del Sottosegretario alla Salute Paolo Fadda in un question time del 7 novembre.
I deputati del M5S della commissione Affari sociali hanno chiesto al sottosegretario durante il question time del 7 novembre quale azione intendono mettere in atto gli uffici preposti del Ministero, per adeguarsi al parere del Consiglio di Stato, al fine di riesaminare le pratiche delle famiglie interessate?
 
Ecco la risposta di Fadda:
 
“La materia in esame è stata oggetto di un parere del Consiglio di Stato del 28 settembre 2011 circa la corretta applicazione dell'articolo 5 della legge n. 210 del 1992; parere reso su specifica richiesta del Ministero della salute, nel rispetto dell'impegno di cui alla Risoluzione n. 7-00138, della precedente legislatura. Tale Risoluzione ha impegnato il Ministero della salute a chiedere un parere al Consiglio di Stato circa la correttezza dell'operato del Ministero della salute in ordine ai ricorsi ex articolo 5 della legge n. 210 del 2005. Ciò premesso, gli Uffici competenti del Ministero della salute, appena acquisito il citato parete del Consiglio di Stato, e tenuto conto anche della giurisprudenza che nel tempo si è consolidata in materia di ricorso gerarchico, hanno da quel momento, modificato l'espletamento dei criteri di valutazione delle istanze, adeguando gli stessi alle nuove indicazioni del Consiglio di Stato. Decidendo nel contempo di non dover rivedere anche i provvedimenti di rigetto assunti precedentemente a tale parere. La posizione di non rivedere i provvedimenti esaminati ed assunti prima dell'acquisizione del citato parere del Consiglio di Stato, ha determinato che anche la pratica portata a titolo di esempio dall'onorevole Interrogante non sia stata rivalutata”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA