quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Giovedì 21 NOVEMBRE 2013
Endocrinologia. È italiana la nuova classificazione per riconoscere la pericolosità dei noduli tiroidei

All’Università Cattolica di Roma, da domani e fino a sabato, i maggiori esperti mondiali riuniti per il 9° Corso internazionale multidisciplinare di patologia e citologia della tiroide. Obiettivo presentare la nuova classificazione italiana delle lesioni tiroidee per un approccio terapeutico condiviso.

Stabilire una classificazione citologica dei noduli della tiroide unica e accettata in tutto il mondo per formulare una corretta diagnosi e individuare strategie terapeutiche appropriate e condivise per ogni tipo di lesione. Questo l’obiettivo primario del 9° Corso Multidisciplinare di Patologia e Citologia Tiroidea, che si svolgerà da domani venerdì 22 a sabato 23 novembre a Roma, presso l’Aula Brasca del Policlinico Gemelli dell’Università Cattolica.
 
La classificazione delle lesioni tiroidee è uno strumento indispensabile per orientare la scelta tra un approccio terapeutico di tipo medico - cioè con terapia farmacologica e perciò non invasiva- oppure di tipo chirurgico con l’asportazione della lesione.
 
Il Corso quest’anno presenterà una nuova classificazione italiana delle lesioni tiroidee valida a livello mondiale. La nuova classificazione 2013 sarà illustrata sabato 23 novembre dal professor Francesco Nardi della Sapienza Università di Roma, primo nome nel lavoro inviato al Journal of Endocrinological Investigation (JEI), insieme a tutti membri del Comitato italiano Siapec-Ait (Società Italiana di Anatomia Patologica e Citologia diagnostica - Associazione Italiana della Tiroide) che hanno sottoscritto la nuova classificazione, con il contributo dei maggiori esperti internazionali di lesioni della tiroide: la professoressa Virginia A. Livolsi e il professor Zubair Baloch, Università di Pennsylvania, (Philadelphia, USA).
 
La nuova classificazione italiana è nata dallo sforzo congiunto di anatomo-patologi ed endocrinologi, con il contributo di chirurghi e medici nucleari, con l’obiettivo di calibrare al meglio l’approccio terapeutico, ricorrendo all’intervento chirurgico solo in caso di lesioni con forte probabilità di malignità e trattando con terapia farmacologia e follow-up le restanti lesioni che rappresentano la stragrande maggioranza dei noduli tiroidei (circa il 90%).

© RIPRODUZIONE RISERVATA