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Venerdì 13 DICEMBRE 2013
Tumori. Nasce la Carta europea a sostegno dell’autonomia degli oncologi

A elaborarla le società scientifiche riunite nell’Esmo (European Society for Medical Oncology). L’obiettivo, spiega Stefano Cascinu degli oncologi italiani, è “difendere la nostra specialità dagi tentativi di impoverirla riconducendola nell’ambito della medicina interna e garantire, così, le cure migliori a tutti i pazienti”. Ecco la position paper.

Arriva la Carta Europea per garantire l’autonomia dell’oncologia medica in ogni Paese europeo e assicurare le cure migliori a tutti i pazienti. A stilarla e sottoscriverla sono state le società scientifiche del Vecchio Continente riunite nell’Esmo (European Society for Medical Oncology), con l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) in prima linea.

Il documento definisce, “in modo chiaro e formale”, chi è l’oncologo medico. Perché se è vero che oggi il cancro fa meno paura e quasi il 60% delle persone colpite dalla malattia guarisce, è altrettanto vero che “l’autonomia della disciplina non può essere messa in discussione”, avvertono gli oncologi.

“Negli ultimi mesi – spiega Stefano Cascinu, Presidente Aiom - abbiamo assistito con preoccupazione al rischio di vedere la nostra specialità ridotta a quattro anni, contravvenendo alla Direttiva Europea che fissa invece in un quinquennio il periodo di formazione. Il pericolo per ora sembra scongiurato, ma questo documento può ulteriormente proteggerci da tentativi di impoverimento dei percorsi formativi dei nostri specializzandi. E non è sostenibile l’idea di ricondurre l’oncologia all’interno della medicina interna. Va riconosciuto il carattere multidisciplinare della nostra specialità”.

I risvolti della position paper, pubblicata oggi su Annals of Oncology, sono numerosi e importanti. “Il primo - ha spiegato Marina Garassino, Rappresentante italiana dell’Esmo - è difendere la qualità di cura per i nostri pazienti indipendentemente dalle barriere geografiche”.

In occasione del lancio della Carta Europea, gli oncologia italiani hanno anche evidenziato i numeri del settore. “Il carico di lavoro dei camici bianchi, come evidenziato dalla V Edizione del Libro Bianco AIOM, è in costante crescita: in ogni struttura di oncologia medica del nostro Paese si eseguono in media 6170 visite ambulatoriali all’anno (erano 3.000 nel 1999, 3.400 nel 2004 e 5.000 nel 2008): i ricoveri sono 730 con una durata di circa 5 giorni. Ogni reparto ha una disponibilità di 15 posti letto e vi lavorano 6 medici strutturati”. Nel 2013 si stimano in Italia 366.000 nuove diagnosi di cancro (erano 364mila nel 2012): 200.000 (55%) negli uomini e 166.000 (45%) nelle donne.

E l’evoluzione della cura dei tumori richiede una figura specialistica sempre più preparata alle costanti evoluzioni e cambiamenti in materia, sia nell’ambito della diagnosi che delle terapie. “Solo la preparazione professionale dell’oncologo medico – sottolinea Razvan Popescu, coordinatore Esmo dei Rappresentanti nazionali europei e primo autore dell’articolo - al momento attuale è in grado di fornire garanzie nel trattamento e nella cura di questi pazienti”.

L’oncologia, hanno ricordato gli oncologi, è una specialità relativamente recente, nata negli anni Sessanta, ma solo nel marzo 2011 è stata formalmente riconosciuta come specialità indipendente dall’Unione Europea. “Definire con chiarezza chi è l’oncologo medico – ha detto Massimo di Maio del Direttivo nazionale Aiom - abbatte le barriere anche per cercare lavoro all’estero. E garantisce il riconoscimento della nostra professionalità in qualsiasi Paese”.

“Sono particolarmente a favore di questo documento – ha commentato Fortunato Ciardiello, presidente eletto Esmo -, il cancro è oggi una patologia a forte impatto economico e sociale ed è perciò necessario difendere l’autonomia della disciplina oncologica in tutta Europa”.

“La cura dei pazienti oncologici – ha concluso Martine Piccart, Presidente Esmo - è sempre più complessa e andrebbe perseguita in un ambito ‘olistico’ multidisciplinare, in cui l’oncologo ha un ruolo centrale nel team multidisciplinare insieme ad altre figure, come il chirurgo e il radioterapista”.

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