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Mercoledì 18 DICEMBRE 2013
Esclusivo. Sperimentazione animale. Le “contro risposte” degli abolizionisti a Garattini & Co.

Lo scorso 29 novembre dieci eminenti scienziati mi hanno chiamato in causa sul tema, rispondendo alle mie dieci domande sull'opportunità di continuare a utilizzare la sperimentazione animale. Per farlo hanno prodotto un documento che Qs ha pubblicato. E al quale rispondo così

In data 29 novembre 2013 sono state pubblicate sul vostro sito le risposte che dieci eminenti personaggi dell’ambiente scientifico in Italia hanno voluto fornire alle mie dieci domande riguardanti l’opportunità di continuare ad utilizzare la sperimentazione animale. Propongo a mia volta alcune puntualizzazioni e un commento per ogni risposta.
 
Prima di tutto il mio articolo che "recentemente" è stato pubblicato, in realtà risale al 27 aprile 2011 ed era stato ospitato nel sito www.liberazione.it. Allora quanti erano favorevoli alla sperimentazione animale facevano di tutto per non parlare del tema e quindi ben si guardarono dal rispondere. Ora la strategia è mutata perché il vento è cambiato e quindi sono felici di rispondere, anzi sembra quasi che facciano a gara.
 
La sgrammaticata premessa che mi è attribuita, ossia ”Pseudoscienze, un modello che non funziona alla base di esperimenti inutili” era il sottotitolo scelto dal titolista del giornale e quindi non l’ho mai scritta e non mi appartiene.
È importante inoltre fare una puntualizzazione anche sul titolo proposto nel documento: “Dieci risposte del mondo della ricerca italiana alla comunità animalista”. Nelle mie domande non ho posto questioni animaliste, non ho parlato di diritti degli animali, ho trattato questioni riguardanti aspetti scientifici della sperimentazione animale. Può non piacere, ma una parte della comunità scientifica si sta interrogando sulla validità della sperimentazione animale e sull’opportunità di continuare su questa strada.
 
Negarlo vorrebbe dire considerare la Food and Drug Administration o il National Institute of Hearth, associazioni animaliste, poiché hanno presentano osservazioni critiche sulla sperimentazione animale; oppure Nature, British Medical Journal, New Scientist e altre ancora, riviste animaliste per lo stesso motivo.
Sul termine vivisezione, però, ho recentemente cambiato idea. Ho iniziato anch’io a parlare di sperimentazione animale in modo che nessuno si possa sentire escluso dalle mie osservazioni. Allo stesso modo gradirei che la controparte smettesse di parlare di “animalisti” anche quando le argomentazioni non riguardano affatto aspetti animalisti.
Infine, l’auspicio finale di “abbandonare ogni tipo di preconcetto e di fondamentalismo” mi sembra quanto mai opportuno. Stupisce, però, costatare come in occasione della proposta per modificare alcuni aspetti della Direttiva Europea, il primo comma che è stato bocciato era quello che stabiliva di stanziare almeno il 33% delle risorse per lo sviluppo dei metodi alternativi. Cosa c’era di tanto “preconcetto e fondamentalista” in questa proposta? Cosa c’era di tanto pericoloso per la ricerca scientifica?  
 
Il problema è che, in questo periodo, quasi tutte le risorse finiscono nella sperimentazione animale e quindi se fosse passato questo comma i ricercatori, che utilizzano questo metodo di ricerca, avrebbero perso soldi, ma in compenso li avrebbero acquistati quanti stanno sviluppando metodi avanzati e proiettati verso il futuro.
Termino questa premessa con una proposta in tre passi che ritengo razionale e non ideologica.
 
Primo passo: abolire da subito i test indiscutibilmente inutili o immediatamente sostituibili. Se consideriamo quanto è spesso affermato dai difensori della sperimentazione animale, questa proposta sembrerebbe priva di senso, ma non lo è.
Prendiamo ad esempio la didattica universitaria. In alcuni corsi gli studenti sono costretti, prima di poter sostenere l’esame, a partecipare a laboratori didattici con gli animali, ossia esercitazioni in cui sono utilizzati di solito roditori al fine di potere osservare aspetti legati alla fisiologia o alla patologia. All’inizio del ventunesimo secolo tali esercitazioni sono indifendibili, innanzitutto perché si potrebbero filmare il primo anno e trasmettere il filmato negli anni successivi senza dover uccidere animali, secondo perché esistono centinaia e migliaia di metodi alternativi, che di solito fanno ricorso a simulazioni e che sono stati anche elencati in un libro (Jukes, 2003). Alcuni di questi metodi sono per altro donati gratuitamente dall’Associazione I-Care alle Università che li volessero utilizzare.
Alcuni metodi alternativi sono già stati dimostrati validi da enti scientifici riconosciuti ufficialmente come, ad esempio, l’European Union Reference Laboratory for alternatives to animal testing (EURL ECVAM). Tuttavia, spesso, il metodo validato diventa una possibilità che i ricercatori possono utilizzare in maniera discrezionale. Ovviamente chi ha sempre lavorato sugli animali non ha interesse e competenza per cambiare. Le leggi, soprattutto quelle Comunitarie, che regolano a livello internazionale la commercializzazione dei prodotti, dovrebbero quindi imporre il metodo alternativo validato come l’unico che si può utilizzare. Se non seguiamo questa strada l’affermazione che non esistono metodi alternativi diventa una vera e propria ipocrisia che serve solo a manifestare buona volontà a parole, ma nessuna reale intenzione a cambiare.
 
Secondo passo: sottoporre a validazione i modelli animali, iniziando da quelli usati per obblighi di legge in maniera routinaria e quindi standardizzati come, ad esempio, nel campo della tossicologia.
Potrebbe sembrare impossibile, ma quanto è chiesto ai metodi alternativi, non è mai stato chiesto ai modelli animali; infatti, nessuno di questi ultimi è mai stato sottoposto a un processo di validazione. Paradossalmente, spesso, per la validazione di un metodo alternativo si utilizzano i dati che si ottengono nei modelli animali che, a loro volta, non sono mai stati validati.
Con questa impostazione è possibile che siano validati metodi alternativi poco efficaci e scartati altri che lo sono molto di più. Facciamo un esempio pratico. Sperimento con un metodo alternativo una sostanza che mi fornisce un valore di 90, mentre negli animali il valore è 50. Questo metodo è scartato poiché fornisce risultati significativamente differenti da quelli che si ottengono negli animali. Tuttavia ci dimentichiamo che i modelli animali, lo dice la definizione stessa, sono modelli e non l’originale. Pertanto i dati che si ottengono dai metodi alternativi dovrebbero essere paragonati a quanto si ottiene nella nostra specie e questo si può comodamente fare impiegando una sostanza già nota di cui conosciamo i valori negli esseri umani.
Tornando al nostro esempio. Se nella nostra specie il valore è 100, il metodo alternativo che ipoteticamente prima avevamo scartato, in realtà è molto più predittivo del modello animale che abbiamo utilizzato come confronto.
Pertanto i modelli animali che dovessero essere validati potranno continuare a essere utilizzati ed eventualmente si cercheranno metodi alternativi per motivi etici. Al contrario quelli non validati dovrebbero essere subito eliminati perché rappresenterebbero una truffa ai danni del malato/consumatore. In pratica si convincerebbe la gente che la loro salute è tutelata perché è stata valutata, ad esempio, la potenziale tossicità di un farmaco prima della commercializzazione, ma in realtà con un metodo inefficace.        
 
Terzo passo: finanziare in maniera adeguata le ricerche sui metodi alternativi. Se bene utilizzati anche metodi piuttosto datati, come le colture cellulari o tessutali, forniscono risultati parziali ma affidabili; tuttavia è innegabile che le maggiori speranze si rivolgono ai metodi più tecnologici, come le simulazioni al computer, unite all’utilizzo di macchinari come, ad esempio, la Risonanza Magnetica dinamica o allo sviluppo dei Simulatori Metabolici.
Per sfruttare il potenziale della tecnologia occorrono investimenti, altrimenti è ipocrita considerare non affidabili le alternative alla sperimentazione animale se non le si vuole finanziare. 
Infine potrei ricordare che è scientifico solo ciò che è dimostrato tale. Fino a quando i modelli animali non saranno sottoposti a un processo di validazione, e ne sarà dimostrata la validità scientifica in base ai criteri della Scienza del 2013, continuerò a essere convinto che i modelli animali comportano rischi per la salute umana e ritardano il progresso scientifico.
 
Stefano Cagno
Dirigente Medico Ospedaliero
Azienda Ospedaliera di Desio e Vimercate (MB)


Leggi il documento con le 10 risposte agli scienziati del gruppo “Spera”

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