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Mercoledì 18 DICEMBRE 2013
Conferenza Stato Regioni. Fsn 2013. Pronto il primo riparto coi costi standard. In tutto 107 mld. Ma è polemica sulla popolazione

Di questa cifra 104,082 mld sono fondi indistinti e 2,654 mld  vincolati e 267 milioni accantonati. All’attenzione di Governo e Regioni la prima intesa sul riparto del fondo sanitario 2013 basata sulle tre regioni benchmark. Alcune regioni perdono rispetto al criterio 2012 ma soprattutto per effetto della riduzione della popolazione. Ripartite anche le risorse per gli obiettivi di Psn. La proposta di riparto.

Nuova musica per il riparto del Fsn. A scandire i tempi i nuovi meccanismi basati sui costi standard con tre Regioni benchmark Umbria, Emilia Romagna e Veneto. 
È arrivato sul tavolo della Conferenza Stato Regioni la proposta di intesa al Cipe sul riparto del Fsn 2013 del ministero della Salute. E con le nuove tabelle c’è chi ci guadagna ma anche chi perde. Ma non tanto per i nuovi criteri quanto per due ragioni "esterne": una è la fine del cosiddetto "lapis", ovvero quella sorta di mediazione politica parallela al riparto ufficale con la quale le regioni "sistemavano" politicamente le differenze più eclatanti; l'altra, ed è quella che pesa di più nelle differenze, è ascrivibile ai dati usati per la popolazione che tengono conto dell'ultimo censimento Istat, ma che hanno lasciato molte regioni di sasso una volta constata la perdita di migliaia di residenti su cui calcolare la quota pro capite di spettanza.
 
Perdono: Liguria con un 2,47% di risorse in meno rispetto all’anno precedente(circa 73,9 milioni), Lazio -1,09% (circa 106,7 milioni), Molise -0,84% (circa 4,7 milioni), Abruzzo -0,73% (circa 17 milioni), Calabria -0,52% (circa 17,8 milioni), Umbria -0,12% circa 1,9 milioni), Lombardia -0,11% (circa 18,2 milioni) e infine la Campania -0,06% (circa 5,7 milioni).
 
In termini percentuali a guadagnare di più invece sono Bolzano con +1,09 (circa 9,2 milioni), seguito da Valle d'Aosta col +1% (circa 2,2 milioni), e dalla Sicilia con +0,91 che conquista in soldoni la cifra più alta (oltre 77 milioni). Dopo c’è la provincia di Trento con un +0,84 (circa 7,5 milioni), il Friuli Venezia Giulia +0,81% (circa 17,6 milioni), la Puglia con un +0,76% (circa 52 milioni) seguita dal Veneto con un +0,51% (circa 43,15 milioni). Le Marche si attestano con una crescita del + 0,49% (circa 13,3 milioni) e la Sardegna con +0,26% (circa 7,4 milioni). Chiudono la classifica con aumenti più contenuti in termini percentuali il Piemonte +0,08 (circa 6,4 milioni), la Toscana +0,07 (pari a circa 4,7 milioni), Emilia Romana + 0,06%, pari a circa 4,6 milioni ed infine la Basilicata con lo 0.04% (circa 0,4 milioni)
 
Sul piatto in totale ci sono 104,082 miliardi per il finanziamento indistinto a cui vanno aggiunti 2,062 miliardi vincolati (di cui 1,510 per gli obiettivi di Psn 2013 e gli altri per varie voci dall'Aids all'esclusività, dalla medicina penitenziaria al superamento del Opg), 592,07 milioni vincolate per altri enti (Izs, Croce rossa, borse di studio per gli specializzandi, oneri contrattuali, Centro trapianti ecc.) e altri 267,51 milioni di accantonamento da ripartire successivamente in base ai meccanismi sanzionatori e premiali e si andranno ad aggiungere al fondo per il riequilibrio delle risorse mancanti alle regioni.
Tirando le somme, il fondo complessivo su cui può fare affidamento il Ssn, per il 2013, ammonta a 107,004 miliardi.
 
Per quanto riguarda i meccanismi adottati per arrivare alla proposta di riparto è stato calcolato il costo medio pro-capite delle tre regioni benchmark rapportato alla popolazione pesata al 1 gennaio 2012,  si è moltiplicato il risultato ottenuto per la popolazione pesata di ciascuna regione e pro-vincia autonoma, suddividendo i risultati per singoli Lea. Sono stati poi determinati in proporzione i singoli sub-livelli (prevenzione, medicina di base, farmaceu-tica, specialistica, altra territoriale e ospedaliera) secondo un’incidenza percentuale di ciascuno rispetto al finanziamento indistinto complessivo con criteri indicati nella proposta.
 
Il nuovo riparto presenta quindi differenze anche consistenti tra regione e regione. Le motivazioni sono spiegate nella proposta del ministero della Salute al Cipe e sono da attribuire al censimento 2011, che ha inserito una discontinuità rispetto alla popolazione al primo  gennaio di quell'anno visto che quella aggiornata al 1° gennaio 2012 risulta decrementata a livello nazionale del -2,03%, con percentuali diverse a livello regionale più o meno elevate rispetto alla media nazionale. Il fatto che anche per il riparto del fabbisogno sanitario regionale standard si faccia riferimento ancora alla popolazione pesata di ciascuna regione, comporta che la popolazione continui a restare un parametro di riferimento importante per la determinazione della quota di accesso di ciascuna regione al fabbisogno sanitario nazionale standard 2013. Si spiega così la differenza tra le quote di accesso calcolate nel riparto e quelle finali del 2011: sono determinate soprattutto dalla variazione in termini percentuali della popolazione al 1 gennaio 2012 rispetto a quella dell'anno precedente.
 
Le differenze più significative si vedono poi per alcune regioni (come il Lazio e la Liguria) le cui popolazioni sono diminuite in percentuale maggiore (rispettivamente -3,20% e -2,61%) rispetto a quella nazionale (-2,03%).
L’altra differenza è ascrivibile al fatto che con la nuova metodologia dei costi standard non si tiene più conto delle quote di correzione richieste dalle regioni per il riequilibrio (cosiddetto "lapis") per consentire una ripartizione del fabbisogno in relazione a specifiche esigenze e criteri equitativi e in funzione di particolari esigenze di qualificazione dei servizi, nei termini convenuti dai presidenti. Ciò spiega, in particolare, le differenze per la Liguria, la Campania e la Calabria che nel 2011 hanno beneficiato di significative quote di riequilibrio.
 
E per questi motivi, alla vigilia della Stato Regioni, il Lazio, ma forse non sarà solo, ha già messo le mani avanti per chiedere che non si tenga conto del nuovo censimento della popolazione citando ad esempio il caso di Roma dove risultano ben 200mila residenti non calcolati nei dati Istat.

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