quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Venerdì 24 GENNAIO 2014
La ricerca al Festival delle Scienze 2014. Dall'"occasione biomedica sprecata" alle ultime frontiere sui disturbi linguistici

La storia della ricerca biomedica italiana e dell'"opportunità perduta", raccontata dall'oncologo Silvio Monfardini, e poi la spiegazione del legame sempre più preciso tra patologie del linguaggio e aree cerebrali sottocorticali, di cui ci parla il neuropsicologo Alfonso Caramazza. I due professori ci forniscono un'anteprima dei loro interventi al Festival, fino a domenica a Roma

La storia dell’oncologia medica, insieme alla cronaca di un’“occasione sprecata”, quella di "creare una ‘Big Pharma’ italiana"; e poi le ultime frontiere neuroscientifiche in tema di disturbi linguistici e cervello: sono soltanto due tra i numerosi incontri, tenuti da scienziati esperti, durante il Festival delle Scienze 2014 all’Auditorium Parco della Musica a Roma (www.auditorium.com), da ieri a domenica (23-26 gennaio). Il Festival, che quest’anno ha come tema e titolo ‘I linguaggi’, prevede vari appuntamenti e dibattiti scientifici, tra cui anche riflessioni di argomento biomedico: in particolare, nell’incontro “Il linguaggio della ricerca” (venerdì 24 gennaio ore 15,00), Daniela Minerva e Silvio Monfardini, autori de Il bagnino e i samurai. La ricerca biomedica in Italia: un’occasione sprecata (Editore Codice € 16,90), racconteranno - in un dibattito insieme a Bruno Manfellotto, Claudio De Vincenti, Pierluigi Antonelli e Francesco Cognetti - la storia di questa ricerca in Italia. E lo faranno con un ‘linguaggio del coraggio’,che ben si addice all’impresa compiuta. Sabato 25 gennaio alle 11, poi, l’incontro “Genetica e patologie del linguaggio”, tenuto da Simon Fisher e Alfonso Caramazza, fornirà un panorama completo della genetica legata al linguaggio e di come i disturbi linguistici possano dare preziose informazioni sul normale funzionamento del cervello.
Ad illustrare in anteprima a QS questi due appuntamenti evidenziati, sono proprio Silvio Monfardini, uno dei padri dell’Oncologia italiana, Direttore del progetto di oncologia geriatrica della Fondazione Don Gnocchi di Milano, e Alfonso Caramazza, autorità internazionale nel campo della Neuropsicologia Cognitiva e della Neurolinguistica, che è ‘Daniel and Amy Starch Professor of Psychology' all’Harvard University (Cambridge, USA) e ricercatore del CIMeC (Università di Trento).
 
La ricerca biomedica e l’"occasione sprecata"
Dalla scoperta italiana dell’adriamicina, la molecola che ha aperto le porte all’oncologia, fino alla sua "vendita agli svedesi", che fa perdere all’industria farmaceutica il treno di un successo. Ne parlerà il Professor Monfardini, insieme a Daniela Minerva - giornalista e responsabile delle pagine di scienze, medicina e sanità per l’Espresso– e agli altri esperti. Raccontando il loro libro, Monfardini e Minerva ripercorrono la storia dell’oncologia medica, che ha ricevuto un forte impulso iniziale grazie appunto all’adriamicina, il “best seller della ricerca biomedica”, come la definisce Monfardini, ovvero il farmaco antitumorale che ha rivoluzionato il settore dell’oncologia. Verso la fine degli anni ’60, “questo farmaco è stato sperimentato in clinica dal gruppo guidato da Gianni Bonadonna all’Istituto Tumori di Milano, di cui ho fatto parte”, racconta a QS il Professore, che è tra i precursori dell’oncologia medica quando il clima medico-sanitario era ancora un po’ scettico su questo argomento. “Questa scoperta ha dato una grande spinta alla cura di pazienti affetti da tumore in fase avanzata, grazie proprio al farmaco made in Italy, che è diventato nei decenni successivi un elemento fondamentale nella cura di diversi tipi di tumore. La molecola, poi, è stata però venduta nel 1993 agli svedesi e si è persa così un’opportunità di creare una 'Big Pharma italiana': ecco perché parliamo di occasione sprecata. Nella lista delle prime 20 industrie farmaceutiche, infatti, l’Italia non compare. Tuttavia, nel nostro paese, grazie alla nostra capacità di creare consorzi e collaborare, abbiamo realizzato prodotti apprezzati in Europa e nel mondo”.
 
La critica del libro riguarda anche gli Istituti a carattere scientifico di tipo oncologico: “Nel testo, raccontiamo come sono e come dovrebbero essere, prendendo ad esempio il frequente mancato sviluppo di nuovi farmaci. Manca infatti una ricerca trasversale che colleghi il laboratorio alla clinica e viceversa: bisognerebbe creare un ponte tra le divisioni di laboratorio sperimentale e quelle di ricerca clinica e far sì che i clinici trascorrano tempo in laboratorio. Inoltre la nomina del direttore scientifico non deve avere una base politica ma curricolare. Altri punti deboli riguardano la presenza di ‘piccoli padroni’ e l’incapacità del governo di supportare la crescita della ricerca, comprendendo che il farmaco è un fattore di sviluppo tecnologico, che crea non solo innovazione ma anche occupazione”, prosegue Monfardini. Insomma manca il coraggio di investire sulla ricerca a carattere scientifico, come spiega il Professore. “Tutto ciò ha portato un danno e sfiducia dell’opinione pubblica italiana. L’industria farmaceutica è spesso guardata con sospetto a causa di alcuni episodi del passato, di corruttela dei politici e di chi doveva sovrintendere all’approvazione di nuovi farmaci”.
Ma la critica riguarda anche l’impostazione della formazione scolastica e universitaria: non bisogna dimenticare “la vecchia idea crociana della prevalenza della cultura umanistica rispetto alla cultura scientifica, due ambiti divisi: le ore dedicate a illustrare la bellezza della ricerca agli studenti sono troppo poche. Anche all’università, ad esempio nella facoltà di Chimica e Tecnologie Farmaceutiche (CTF), a volte manca spirito imprenditoriale da parte degli Accademici”, conclude il Professore. La sezione finale del libro contiene un capitolo intitolato ‘Ho fatto un sogno’: “questa parte contiene un messaggio per i giovani, riguardo a come potrebbero migliorare questi aspetti nel futuro”.

Il linguaggio e la mente
I disturbi del linguaggio sono intrinsecamente collegati con danni cerebrali. Oggi sono in corso studi basati su nuove metodiche, che combinano l’analisi dell’attività cerebrale (mentre pensiamo, parliamo o compiamo altre azioni, mediante risonanza magnetica funzionale fMRI), con analisi della struttura cerebrale. A raccontarlo a QS è Alfonso Caramazza. “Ci sono tanti tipo di disturbi del linguaggio, la loro forma dipende da vari fattori, principalmente dalle aree cerebrali cui sono collegati, dalla loro estensione e dalla loro profondità”, spiega il Professore. “Oggi, molto più di prima, siamo in grado, attraverso le nuove metodiche, di studiare il cervello più in profondità, nelle regioni sottocorticali, mettendo in relazione il tipo di disturbo linguistico con le particolari strutture sottocorticali danneggiate. Partendo dal disturbo, dunque, lavoriamo per ricostruire la ‘mappa’ della capacità linguistica normale. In funzione di questa ‘mappatura’, poi, cerchiamo di vedere quali danni specifici possono migliorare e quali invece rimangono, comprendendo quali sono gli elementi che permettono questo miglioramento. Mentre anni fa avevamo una concezione superficiale della relazione tra danno cerebrale e problema linguistico, oggi possiamo studiare meglio non soltanto l’area danneggiata ma anche le aree connesse, che ovviamente risentono del danno”.
 
Ma quali sono i disturbi linguistici e le loro cause? I disturbi sono svariati: “Ad esempio, alcuni pazienti producono frasi corrette sintatticamente ma di senso non compiuto, viceversa altri sbagliano la grammatica ma le frasi hanno un significato compiuto. Questi due tipi di disturbi, collegati a due meccanismi diversi (la conoscenza delle corrette regole linguistiche e il significato delle parole stesse), sono dovuti a lesioni differenti: nel primo caso, i pazienti hanno danni nella parte del lobo temporale anteriore, mentre nel secondo caso i danni tendono a coinvolgere la parte inferiore del lobo frontale. Le lesioni, inoltre, possono essere sia di tipo vascolare che legate a traumi o a malattie progressive come demenze fronto-temporali, in cui cellule cerebrali muoiono: la malattia evolve nel tempo e il paziente non è più capace di produrre e capire il linguaggio. In altre lesioni, il disturbo può rimanere localizzato e il paziente può essere aiutato con la riabilitazione a migliorare il linguaggio nel tempo”. Insomma, la prospettiva per il futuro è quella di comprendere sempre meglio la relazione tra il linguaggio e la mente, per andare a trattare, laddove possibile, in maniera mirata il paziente.
 
Il Festival è prodotto dalla Fondazione Musica per Roma, in collaborazione con Codice. Idee per la Cultura.
 
Viola Rita

© RIPRODUZIONE RISERVATA