quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Martedì 28 GENNAIO 2014
Convenzioni. Cassazione: “Accordi decentrati non possono contraddire l’accordo nazionale”

La Corte di legittimità ha accolto il ricorso dei medici di famiglia contro l’accordo sulla medicina generale della P.A. di Bolzano che, in particolare, innalzava il rapporto massimo tra medici e assistiti da 1 ogni 1.500 abitanti a 1 ogni 2.000. "Gli accordi decentrati devono restare nei limiti di quelli nazionali". LA SENTENZA.

Gli accordi locali tra Regioni e sindacati “possono regolare autonomamente gli aspetti collaterali a quelli già definiti con gli accordi nazionali” della medicina generale previsti dalla L. n. 138 del 2004, “ma non possono contraddire le disposizioni contenute negli accordi stessi”. È quanto ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza 67/2014 che ha accolto il ricorso presentato dai medici di famiglia contro l'Accordo provinciale per la disciplina dei rapporti con i Medici di Medicina generale. L’accordo infatti, secondo i medici, confliggeva con l'Accordo collettivo Nazionale per i medici di medicina generale 25.01.05, in particolare là dove innalzava il rapporto massimo tra medici e assistiti da 1 ogni 1.500 abitanti a 1 ogni 2.000.

Sì, dunque, agli accordi decentrati, ma “nei limiti fissati dagli accordi collettivi nazionali”. Un principio che, sottolinea la Cassazione, vale per le Regioni ma anche per le Province Autonome, la cui autonomia deve essere comunque esercitata “oltre che in armonia con la Costituzione e dei principi dell'ordinamento giuridico dello Stato, nei limiti dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato”.

In conclusione, osserva la Cassazione, “la disciplina del rapporto convenzionale non è data dalla fusione del contenuto dell'accordo nazionale e di quello provinciale, ma dalla somma del primo, per la parte inerente gli aspetti fondamentali e generali, e del secondo per i soli aspetti localistici dell'assistenza sanitaria di medicina generale”.

Marzia Caposio

© RIPRODUZIONE RISERVATA