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Mercoledì 26 FEBBRAIO 2014
Afghanistan. Medici senza frontiere: "Cure mediche non accessibili per molti"

"E' una lotta continua". Questa la denuncia contenuta nel nuovo rapporto di Medici senza frontiere. Nonostante oltre 10 anni di aiuti internazionali l’accesso alle cure mediche di base e di emergenza resta "assolutamente inadatto a soddisfare i crescenti bisogni causati da un conflitto ancora in corso". IL REPORT

Dopo più di dieci anni di investimenti e aiuti internazionali, l’accesso alle cure mediche di base e di emergenza in Afghanistan resta seriamente limitato e assolutamente inadatto a soddisfare i crescenti bisogni causati da un conflitto ancora in corso. Lo rivela il nuovo rapporto presentato a livello internazionale dall’organizzazione medico-umanitaria Medici Senza Frontiere (Msf).
 
L’assistenza sanitaria è spesso ostentata come una conquista ottenuta grazie agli sforzi internazionali di costruzione dello stato afghano, ma la situazione, come denuncia Msf, è ben lontana dall’essere una storia di successo. Sebbene dal 2002 siano stati fatti dei progressi nel fornire assistenza sanitaria, il rapporto “Tra retorica e realtà: la continua lotta per l’accesso all’assistenza medica in Afghanistan” rivela i rischi gravi e spesso mortali che le persone sono costrette ad affrontare per cercare cure mediche, sia di base che di emergenza.
 
La ricerca – condotta nel 2013 per 6 mesi e con più di 800 pazienti, negli ospedali in cui MSF lavora nelle province di Helmand, Kabul, Khost e Kunduz – mostra chiaramente che la retorica positiva sui miglioramenti nell’assistenza sanitaria rischia di offuscare le sofferenze degli afghani che restano privi di un’adeguata assistenza medica.
 
“Un paziente su cinque tra quelli intervistati ha perso un membro della famiglia o un amico, negli ultimi due anni, a causa del mancato accesso alle cure mediche”, ha dichiarato Christopher Stokes, direttore generale di Msf. “Tra quelli che hanno raggiunto i nostri ospedali, il 40% ci ha detto di aver affrontato combattimenti, terreni minati, posti di blocco o molestie lungo il cammino”.
 
Le testimonianze dei pazienti rivelano un ampio divario tra ciò che risulta sulla carta, in termini di assistenza sanitaria, e ciò che effettivamente funziona. La maggior parte di loro afferma di non aver potuto usufruire, durante una recente malattia, della struttura sanitaria più vicina, ma di aver dovuto percorrere lunghe distanze per cercare le cure, a costi e rischi significativi.
 
“Le persone ci hanno parlato di ospedali privi di farmaci, staff qualificato ed elettricità, e di doversi indebitare sempre di più per pagare i trattamenti - ha continuato Stokes -. Altri ci hanno detto di aver dovuto vegliare sui loro parenti malati o feriti per tutta la notte, sperando di trovarli ancora vivi la mattina dopo, quando raggiungere l’ospedale sarebbe stato sufficientemente sicuro”.
 
Negli ultimi 12 anni, si racconta nel report, le decisioni prese dai governi belligeranti su dove e come fornire assistenza in Afghanistan si sono troppo spesso basate su considerazioni diverse rispetto ai bisogni della gente, come la stabilizzazione, le strategie anti-rivolta o la volontà di ‘conquistare i cuori e le menti’ degli afghani. Il risultato è che ci sono ancora gravi lacune nella risposta ai bisogni urgenti causati dal conflitto in corso. I donatori internazionali, il sistema degli aiuti e le autorità afghane devono rispondere urgentemente alle gravi carenze dell’assistenza sanitaria e mettere da parte ogni considerazione diversa dai bisogni delle persone.
 
L’interruzione dei servizi medici colpisce in maniera sproporzionata chi vive in zone contese sul piano militare. L’insicurezza e il limitato accesso a quelle comunità da parte delle autorità sanitarie e delle organizzazioni umanitarie, compresa Msf, impediscono una risposta sostenuta o adeguata. Per raggiungere le persone più vulnerabili, le organizzazioni umanitarie dovranno come prima cosa negoziare con tutte le parti del conflitto la loro possibilità di accesso. Allo stesso tempo - racconta l'organizzazione - tutte le parti del conflitto devono fare molto di più per garantire la possibilità di fornire cure mediche imparziali a tutti i malati e i feriti.
 
“Sebbene l’interesse internazionale verso l’Afghanistan stia diminuendo, Msf vede un conflitto che imperversa ancora in molte parti del paese, accanto al fallimento nella risposta a bisogni medico-umanitari in aumento - ha dichiarato Stokes -. Mentre la comunità internazionale si rifugia nella retorica, la popolazione afghana deve affrontare la dura realtà”.
 
In Afghanistan Msf lavora all’Ospedale Ahmad Shah Baba nella zona orientale di Kabul, e all’ospedale di Boost, a Lashkar Gah, nella provincia di Helmand. L’organizzazione gestisce un centro traumatologico a Kunduz, fornendo cure chirurgiche salvavita nel nord del paese, così come una clinica ostetrica a Khost, nella regione orientale. In tutti questi luoghi, Msf fornisce cure mediche gratuitamente. Per il suo lavoro in Afghanistan Msf si affida solo ai fondi privati, compresi quelli provenienti dal 5 per mille destinato da contribuenti italiani, e non accetta soldi da nessun governo.

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