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Sabato 01 MARZO 2014
Un futuro sostenibile per la sanità italiana ed europea ? È possibile, ma servono riforme e integrazione. Il meeting di "Motore sanità"

Prevenzione per la sostenibilità, investimenti in ricerca, integrazione e sviluppo dell’assistenza territoriale, sullo sfondo di un’Europa che avanza e delle innovazioni che invadono il mercato. Queste ma non solo alcune delle tematiche al centro del convegno ‘Il nuovo patto Stato-Regioni: tra tagli ed efficienza’ organizzato da Motore Sanità. “Il ‘Sistema-Italia’ abbandoni una visione parcellizzata dei problemi e sappia far rete”.

Tra il nuovo Patto per la Salute con sullo sfondo un Ssn europeo in via di costruzione e in funzione delle nuove domande di salute dei cittadini, quali sfide attendono l’Italia per valorizzare uno dei suoi comparti di eccellenza e diventare sempre più protagonista di un futuro sanitario equo, sostenibile e di qualità? Intorno alla questio si sono districati i protagonisti del Convegno ‘Il nuovo patto Stato-Regioni: tra tagli ed efficienza’ organizzato da Motore Sanità a Milano.
 
Dal tema cardine della riorganizzazione dell’assistenza territoriale, quale risposta alle nuove necessità sanitarie, allo sviluppo concreto nelle politiche di prevenzione per ricavarne sostenibilità e salute per i cittadini. Ma pure lo sviluppo e le prospettive della ricerca nel sempre più vasto mondo dell’innovazione tecnologica e farmacologica. Questioni calde che si sono allargate anche alle prospettive di un sistema sanitario sovranazionale di cui la Direttiva Ue recentemente entrata in vigore rappresenta un primo tassello ineludibile.
 
 “L'aspettativa di vita in Italia è di circa 80 anni ha sottolineato Claudio Zanon, Direttore scientifico di Motore Sanità - , ma incominciamo ad ammalarci di qualche malattia cronica a 55. Di fatti viviamo i 25 ultimi anni della nostra vita da ammalati con un decadimendo progressivo delle condizioni fisiche e cognitive. L'obiettivo è quindi vivere più a lungo ma vivere il più possibile da sani. L'obiettivo è ottenibile reindirizzando maggiori risorse anche verso la prevenzione primaria e secondaria, migliorando gli stili di vita, attuando i suggerimenti della UE sull'invecchiamento in salute, e non trattando come patologia a proprie spese o a carico del servizio sanitario nazionale quello che malattia non è”.
“Ricordiamoci – ha proseguito Zanon - che oggi in Europa gli over 65 sono 75 milioni e nel 2050 saranno 150 milioni! Se non attuiamo il concetto della compressione della morbidità, se non garantiamo un sistema equo e solidale e se reindirizziamo le risorse verso ciò che è veramente significativo per la salvaguardia della salute e del benessere, il sistema nei prossimi anni non sarà più sostenibile”.
 
Sostenibilità, un termine che negli ultimi anni è entrato a far parte del vocabolario quotidiano della sanità e di cui il prossimo Patto per la Salute dovrà tener conto. “La crisi del finanziamento del SSN – molto più della normativa europea sulla mobilità transfrontaliera – impone un ripensamento del ruolo e dell’organizzazione degli ospedali – ha specificato Domenico Mantoan, Direttore Generale Sanità Regione Veneto - . L’accesso al ricovero ospedaliero così come lo abbiamo conosciuto nel passato non può più essere considerato una misura del fabbisogno di assistenza. Il Patto per la salute dovrà necessariamente declinare un nuovo modello di ospedale articolato per gerarchie funzionali finalizzate al percorso assistenziale del paziente, bacini di utenza, volumi di attività, qualità dei processi di presa in carico nell’acuzie e di buon esito dei trattamenti. Questi cambiamenti saranno sostenuti da una revisione dei ruoli e delle carriere professionali dei medici e del personale sanitario e saranno sostenibili solo a fronte di un’attivazione h24 per 7/7 giorni del territorio, che renda possibile la tempestiva dimissione e contestuale presa in carico da parte del territorio di pazienti anche non autosufficienti, complessi o con bassa aspettativa di vita che non beneficerebbero ulteriormente delle cure ospedaliere, ed in particolare di quelle in regime ordinario”.

Tutto ciò, per Mantoan, "va declinato all’interno del Regolamento Ospedali previsto dalla L135/2012, che dovrà essere inserito nel Patto per la Salute.  Lo standard del Veneto (3,0 posti letto per acuti +0,5 posti letto per lungodegenza e riabilitazione + 1,2 posti letto in strutture di ricovero intermedie per ogni mille abitanti) è reso credibile da una incisiva e più che decennale politica di deospedalizzazione, che porta oggi il Veneto ad avere a livello nazionale consumo di risorse di ricovero ospedaliero ordinario tra i più contenuti in assoluto. Non è da trascurare infine l’impatto a breve termine sull’attività ospedaliera che possono avere le iniziative di prevenzione come lo screening del colon-retto”.
 
Ma in questo quadro di riorganizzazione e che tenga conto della sostenibilità economica non si può esclude nemmeno il ruolo  della formazione e ricerca finalizzate all’efficienza del sistema. “In tutti i Paesi industrializzati – ha evidenziato Fabrizio Oleari, Presidente Istituto Superiore di Sanità - sono rintracciabili, in tema di salute, due comuni linee di tendenza: da una parte, infatti, sono indubbi i grandi progressi ottenuti dai sistemi di presa in carico (che hanno portato a risultati importanti come la riduzione della mortalità legata alle patologie oppure l’allungamento della speranza di vita alla nascita); dall’altra, però, alcune dinamiche ampiamente consolidate (dalla transizione demografica, all’incidenza crescente delle malattie non trasmissibili; dalla emergenza o riemergenza delle malattie infettive, al passaggio alla cronicità di talune malattie prima a decorso acuto o subacuto; ecc.) costringono gli stessi sistemi di presa in carico a ripensare i modelli e gli strumenti da loro adottati, per tener conto sia delle nuove forme di espressione che la domanda di salute assume, sia delle nuove e più efficaci possibilità di intervento che gli sviluppi della conoscenza – momento dopo momento – propongono”.
 
“E’ del tutto evidente – ha proseguito - , allora, come anche in campo sanitario ricerca ed innovazione siano i volani principali della competitività. In particolare, la ricerca sanitaria, secondo le previsioni del decreto legislativo 502 del 1992, deve rispondere al fabbisogno conoscitivo e operativo dell’SSN e, proprio a ragione di ciò, il PSN ne definisce gli obiettivi e i settori principali di indagine, alla cui coerente realizzazione è chiamata a contribuire l’intera comunità scientifica nazionale. Su un altro versante, invece, la necessità di rimodulare costantemente i percorsi assistenziali e di meglio orientarli sul paradigma della cronicità (anche per ricercare nuove e più efficienti modalità di impiego dei fattori produttivi) sta facendo assumere un valore inimmaginabile fino a pochi anni fa a pratiche quali il technology assessment, le valutazioni di efficacia delle pratiche cliniche e le valutazioni di impatto economico connesse alle scelte clinico-organizzative”.
 
“Sia nel campo della ricerca – ha aggiunto il presidente Iss - (storicamente consolidato nel nostro Paese, ancorchè disperso in mille rivoli), che nel campo dell’innovazione (al contrario, di recente introduzione come autonoma categoria concettuale) si stanno facendo decisivi passi in avanti e si sono costruiti modelli, la cuiesperienza è un riferimento anche per l’estero. Riconosciuti tali meriti, non si deve, però, tacere sulla necessità di superare i punti deboli ancora presenti e, dunque, non si può non evidenziare l’esigenza - prima fra tutte - che il complesso del “Sistema-Italia” abbandoni una visione parcellizzata dei problemi da affrontare e che sappia far rete (al suo interno, nello spazio europeo e a livello internazionale) più di quanto già oggi non faccia”.
 
“Produrre sapere ed innovazione – ha concluso -  non è, però, un fattore di per sé sufficiente ad assicurare il successo se lo stesso sapere e la stessa innovazione non vengono correttamente introdotti nelle attività sanitarie. Da questa banale osservazione, discende la sottolineatura sull’importanza vitale  delle buone pratiche. In questo senso, va rimarcato che il capitale umano è la risorsa più “potente”  che una qualsiasi organizzazione possieda. Far esprimere al meglio tale risorsa aumentandone l’attitudine ad operare sulla base delle evidenze clinico-organizzative rappresenta, perciò, un interesse di Sistema, in quanto sinonimo di appropriatezza ed efficienza e, cioè, in quanto garanzia, dal punto di vista dell’interesse della domanda, della migliore presa in carico (tra quelle disponibili) del problema di salute e, dal punto di vista dell’interesse gestionale, dell’uso più adeguato alle circostanze delle risorse disponibili”.
 
"La sostenibilità della spesa in Italia - per Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria - dipende dalla crescita del Pil. Crescita possibile solo se si punta sul contributo dei settori che hanno più alta produttività e Ricerca e Innovazione. Come ad esempio l'industria farmaceutica, primo settore per competitività, come sottolineato dall'Istat e capace di esportare il 70% della produzione, pari a 19 miliardi. E contribuisce in maniera decisiva alla ricerca. Vivere più anni e in migliore salute oggi è possibile anche grazie ai risultati ottenuti con la ricerca e l'innovazione farmaceutica. In Italia dal 1951 ogni 4 mesi se ne è guadagnato uno di vita in più, un fenomeno dovuto per il 40% ai farmaci. La sfida che ci attende - secondo Scaccabarozzi - è rafforzare il network pubblico-privato per offrire cure sempre più efficaci e rimanere competitivi a livello internazionale nello studio di nuovi medicinali".
 
Ma quanto a sostenibilità e risorse disponibili, queste sono anche e soprattutto quelle rappresentate da chi ogni giorno in sanità vi lavora. E nel contesto di riorganizzazione delle cure primarie un ruolo decisivo lo svolgono i medici di medicina generale. “Fimmg ha da tempo colto la ineluttabile necessità di un profondo cambiamento della organizzazione del lavoro e degli obbiettivi della Medicina Generale per rispondere da un lato alla evoluzione dei determinati della salute come invecchiamento della popolazione, aumento della cronicità, complessità e fragilità e dall’altro alla necessità di rimodulare l’organizzazione in funzione di un non-aumento o addirittura riduzione di finanziamento del SSN” ha affermato Roberto Venesia Segretario Regionale FIMMG Piemonte-Torino.
 
“Questi cambiamenti – ha specificato il sindacalista - sono stati definiti nel progetto di Rifondazione della Medicina Generale formulato da FIMMG già nel 2007 e poi accolti nella Legge Balduzzi. Parimenti è emersa la costatazione che una riorganizzazione incisiva della Medicina Generale inevitabilmente richiede ed influenza la riorganizzazione complessiva dell’Area delle Cure Primarie e dell’intero Territorio”.  
 
Due secondo Venesia le direttrici da seguire:
 
- portare i medici ad un lavoro di squadra, inizialmente funzionale ( AFT) utilizzando una rete informatica per la condivisione delle informazioni cliniche, definendo le modalità di integrazione tra Assistenza Primaria e Continuità Assistenziale, ma delineando anche le nuove modalità di lavoro di un MMG a doppio incarico, che deve garantire nello stesso arco temporale attività legate al ciclo di fiducia ed attività orarie assistenziali o professionali in attesa di poter definire nel nuovo ACN un “ruolo unico” rispetto al quale ogni singolo medico di M.G. svolgerà sia attività a ciclo di fiducia sia attività oraria raggiungendo la “piena occupazione” e quindi svolgendo attività esclusiva.
 
- dotare i MMG delle AFT di sedi comuni; di personale di studio appositamente formato a supportare il MMG nella sua attività, compresa la nuova modalità di medicina di iniziativa e quindi con profilo professionale che preveda sia competenze tecnico-organizzative sia competenze socio-assistenziali quale è la nuova figura dell’Assistente di Studio Medico di Famiglia , appositamente inserita nel CCNL studi professionali; di tecnologia diagnostica di primo livello, specialmente quella connessa con i percorsi di gestione della complessità e cronicità, in cui la strumentazione sia in grado di colloquiare con il cloud della rete clinica di AFT e di supportare una attività di consulenza specialistica anche in modalità di telemedicina per mettere i MMG della “squadra” in grado di lavorare strutturalmente insieme per garantire risposte ai bisogni di salute sia completando in prima persona i percorsi di cura più semplici, sia coordinando i percorsi più complessi.
 
“Questa riorganizzazione – ha specificato -  ha come obbiettivo quello di mettere la Medicina Generale in condizione di garantire la tutela complessiva della salute della popolazione, nel rispetto del rapporto di fiducia medico-paziente e del diritto alla libera scelta del cittadino, facendosi carico h24 della domanda di salute del cittadino ed in particolare di modificare il “modus operandi” della medicina generale, passando da una medicina di attesa ad una medicina di iniziativa che opera per PDTA, per la gestione proattiva della cronicità, complessità ed in genere del paziente fragile. Relativamente alla medicina di iniziativa andrà individuato il modello organizzativo che più si confà alle realtà territoriali e alle caratteristiche della Medicina Generale. Parimenti l’intera Area delle Cure Primarie deve rimodularsi individuando nei cittadini assistiti dalle AFT i gruppi di pazienti intorno ai quali ricondurre tutte le risposte, adottando la modalità di lavoro in Team multiprofessionale ( UCCP). La UCCP rappresenta il team multi professionale funzionale del Primary Care e segna il punto di raccordo della Medicina Generale con le altre figure territoriali, in primis infermieri ed Assistenti sociali, questi ultimi fondamentali per realizzare la vera integrazione tra sociale e sanitario. Le sedi delle UCCP, saranno strutture territoriali del Distretto/ASL come i GCP, le Case della salute o altre strutture. Queste potranno essere “semplici” costituendo la sede della sola UCCP o “complesse” potendo ospitare nella stessa struttura altri servizi della Azienda ( ad esempio SERT, DSM, riabilitazione, Uffici amministrativi) ed anche letti di Cure intermedie”.
  
E i pazienti? Per il Presidente di FederAnziani Roberto Messina “partendo dall’ottima notizia della riconferma del Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, riteniamo fondamentale una sempre più stretta collaborazione in materia di sanità tra istituzioni, medici e pazienti, con il comune obiettivo di tutelare il diritto alla salute, e con uno sguardo ad un Servizio Sanitario Nazionale sempre più sostenibile”.
 
Presente all'evento anche Mario Mantovani, Assessore alla Salute Regione Lombardia. "La Sanità lombarda - ha detto Mantovani -, al pari di quella di tutto il nostro Paese, si trova oggi dinnanzi ad una nuova sfida; quella di saper coniugare contemporaneamente i bisogni emergenti dell’attuale società, continuando a garantire ai pazienti prestazioni appropriate e di qualità, con le esigenze di bilancio, che in questo così delicato momento storico politico, sono variabili significative nell’azione di ogni pubblica amministrazione. Da qui l’esigenza e l’opportunità d’avviare un proficuo momento di confronto tra le diverse strategie regionali finora messe in campo. In questa prospettiva, quella di oggi è senza dubbio un’occasione di crescita particolarmente positiva. Regione Lombardia, da sempre considerata un modello d’eccellenza in ambito sanitario, non solo all’interno del panorama nazionale ma europeo, intende, pertanto, continuare a giocare un ruolo da protagonista nella costruzione di una Sanità moderna, il cui tratto distintivo dovrà comunque rimanere il prendersi cura del malato".

Ma come dicevamo il convegno non si è soffermato solo a cosa occorre fare sul suolo italiano. E in effetti con la recente direttiva Ue sull’assistenza sanitaria transfrontaliera apre inequivocabilmente lo scenario del dibattito. “L'obiettivo delle nuove regole Ue – ha dichiarato Oreste Rossi, Commissione Sanità Pubblica Parlamento Europeo - è creare il giusto equilibrio fra sostenibilità dei sistemi sanitari e protezione dei diritti dei pazienti, che ricevono cure mediche al di fuori del loro paese di residenza. Spetta ora agli Stati Membri garantire questo equilibrio e fare in modo che non ci siano ulteriori "sforbiciate" ai fondi per la sanità pubblica. L'assistenza sanitaria sicura –ha sottolineato l'eurodeputato alessandrino- costituisce la chiave di volta di un sistema ospedaliero di qualità e anche un diritto fondamentale riconosciuto per i cittadini europei. Per questo i pazienti si aspettano che sia compiuto ogni sforzo per garantire la loro sicurezza, nelle strutture sanitarie dell'Unione”.
“Mi auguro – ha concluso Rossi - che questo sia solo il punto di partenza per rivoluzionare il futuro della sanità in Europa".
 
Sul tema sanità europea è intervenuto anche Silvio Garattini, Direttore IRCCS - Istituto di Ricerche Farmacologiche MarioNegri che ha sottolineato come “la Sanità europea si otterrà a piccole tappe, ma una reale integrazione europea che porti ad un Servizio Sanitario Europeo è un problema che richiederà un’altra generazione. La relazione si concentrerà perciò sulla ricerca indipendente. Oggi l’industria farmaceutica ha in pratica il monopolio nello sviluppo di nuovi farmaci, nonché nell’informazione”.

“Il monopolio ha creato molte distorsioni – ha specificato Garattini - che tendono a facilitare l’approvazione di farmaci che sono molto simili fra loro mentre mancano farmaci che rispondano alle reali necessità degli ammalati. Per questo è necessario attivare la ricerca indipendente con il fine di realizzare confronti fra farmaci per stabilire i reciproci benefici-rischi, determinare le dosi ottimali e i tempi di trattamento, aumentare la ricerca sulla farmacovigilanza. E’ anche necessario introdurre cambiamenti nella legislazione europea almeno in tre direzioni: rendere possibile l’accesso ai dati, rendere obbligatorio il valore aggiunto, aggiungere uno studio clinico controllato indipendente per l’autorizzazione dei nuovi farmaci”. 

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