quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Martedì 04 MARZO 2014
Anestesie. Siaarti: "Su 4 mln di interventi annui complicanze scese a 8%"

Il dato, negli ultimi anni, è sceso dall'11 all'8% grazie all'introduzione della checklist. Un elenco di procedure che vanno eseguite secondo una certa sequenza per non incorrere in evitabili complicazioni in sala operatoria. Antonelli: “Grazie a checklist oggi il paziente rischia molto meno”.

I medici sono come i piloti, soprattutto in sala operatoria, quando sbagliare un passaggio fondamentale può rivelarsi fatale per il paziente. Grazie alla checklist, termine non a caso preso in prestito dall’aereonautica militare, gli anestesisti (circa 11mila in Italia) hanno contribuito in modo determinante a ridurre il numero delle complicanze durante gli interventi chirurgici che, negli ultimi anni, sono scese dall’11% all’8%.

“È fondamentale proteggere il malato da eventuali rischi che potrebbero insorgere per errate procedure, trascuratezza o altro - ha detto Massimo Antonelli, presidente Siaarti (Società Italiana di anestesia analgesia rianimazione e terapia intensiva) -. Così nel 2009, insieme al ministero della Salute, abbiamo stilato una vera e propria checklist, ovvero un elenco di procedure che vanno eseguite secondo una certa sequenza per non incorrere in tali rischi”.

Così come i piloti, che prima di far decollare l’aereo devono sottoporlo a controlli precisi e regolari seguendo un algoritmo, cioè una sequenza di eventi, allo stesso modo devono fare gli anestesisti prima di un intervento chirurgico. “Su questo stesso identico principio - ha spiegato Antonelli - ci siamo basati anche noi, riuscendo ad ottenere, a fronte di 4 milioni e 300 mila interventi chirurgici l’anno, una riduzione delle complicanze dall’11% all’8%, dando di conseguenza una maggiore garanzia di protezione al malato. D’altro canto il nostro compito è quello di proteggere il paziente e di salvaguardarlo in tutte le sue funzioni vitali più importanti: dalla regolare contrazione del cuore alla respirazione e alla pressione sanguigna nel corso di tutto l’intervento, abolendo il dolore e consentendo la realizzazione dell’intervento chirurgico in maniera agevole per l’operatore”.

Ancora oggi l’anestesia è uno dei momenti più delicati dell’intervento chirurgico. Ma rispetto al passato si sono fatti grandi passi in avanti e i rischi non sono più gli stessi. “Procedure, materiali e tecniche si sono affinate - ha spiegato il presidente Siaarti - grazie all’ampliarsi di conoscenze che hanno permesso di garantire performance migliori. Abbiamo a disposizione dei farmaci per l’anestesia la cui sicurezza rispetto a quelli del passato è molto maggiore. Faccio alcuni esempi: come anestetico ‘per addormentare’, mi si passi il termine un po’ banalizzante, oggi si usa una sostanza, il Propofol, che rispetto al tiopentale sodico, quindi all’induttore che si usava un tempo, dà maggiori regimi di sicurezza e minori effetti collaterali”.

Novità anche nel campo della anestesia periferica, quella cioè dove è necessario addormentare una parte dell’organismo per consentire l’intervento chirurgico: “La tecnica con cui venivano raggiunti i punti dove è necessario infiltrare l’anestetico - ha proseguito Antonelli - un tempo si basava su reperi anatomici, cioè sul riconoscimento di alcuni punti specifici dove bisognava effettuare la procedura. È evidente però che, siccome ogni soggetto fa delle variazioni, non sempre quella procedura poteva essere agevole. Oggi allora nei blocchi periferici di alcuni distretti, per esempio, si utilizza l’ecografia: un modo, questo, che consente di visualizzare meglio le strutture in maniera non invasiva, evitando altri esami più dettagliati e riuscendo a ridurre i potenziali errori o difficoltà che eventualmente potrebbero insorgere”.
 
Lo stesso vale per l’avanzamento enorme delle tecniche di supporto alle funzioni vitali nell’ambito rianimativo. “Nuovi ventilatori meccanici, nuove tecniche e l’introduzione di ricerche im portanti - ha concluso il presidente Siaarti - hanno fatto sì che la gamma di opportunità che vengono offerte al paziente anche in condizioni estreme è aumentata notevolmente nell’arco del tempo”. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA