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Giovedì 06 MARZO 2014
Campania. La “guerra” dei laboratori d’analisi. Il piano di riassetto regionale fa paura. Attesa per le linee guida. Ma potrebbe esserci una proroga

Continua il braccio di ferro tra piccole e grandi strutture. Il piano regionale prevede soglie minime iniziali di 70mila prestazioni annue per arrivare a 200mila a regime. Passando da 700 strutture a una dozzina di Core Lab. In arrivo le linee guida regionali. Ma il Pd chiede una proroga di sei o dodici mesi per mettere in sicurezza il sistema. E intanto le associazioni di categoria si dividono

Novità in vista per il piano di riassetto della rete dei laboratori di analisi accreditati in Campania. Dopo le interrogazioni del capogruppo del Pd in Consiglio regionale, Raffaele Topo, all’indirizzo del presidente della giunta regionale Stefano Caldoro in qualità di commissario ad acta per il piano di rientro dal deficit, dovrebbero essere emanate, a stretto giro, già nella prossima seduta di giunta, le linee guida applicative del decreto commissariale n. 109 del 2013. Decreto che ha dato luogo al riordino della rete erogativa.
 
Il provvedimento, secondo le notizie che siamo in grado di anticipare, conterrà una serie di chiarimenti sui punti più controversi della norma. In arrivo probabilmente la proroga, richiesta da Topo di sei o dodici mesi per l’attivazione delle aggregazioni dei laboratori sotto la soglia minima di efficienza (fissata in sede di prima applicazione sotto le 70 mila prestazioni annue, che diventeranno 200 mila a regime). 
 
Intanto le associazioni di categoria del settore procedono divise: mentre l’Anisap sposa le ragioni e raccoglie l’adesione di centinaia di piccoli centri di analisi avviati dalla riforma al declassamento a centri prelievi (spoke) con gravi ripercussioni sui livelli occupazionali, la Federlab continua a marciare a tappe forzate verso l’attuazione del decreto organizzando per domani venerdì 7 marzo al’Hotel Oriente a Napoli una tavola rotonda per tracciare il punto della situazione.
 
E qui si consuma un piccolo giallo: nell’elenco degli invitati alla tavola rotonda promossa da Federlab figura, tra gli altri, Vincenzo Panarellapresidente nazionale di Federanisap. Senonché  tale partecipazione viene seccamente smentita dallo stesso interessatodenunciando un uso improprio dell’invito. Dovrebbero invece partecipare, ma per far sentire la propria voce critica sul piano di riordino della rete dei laboratori che la Campania si accinge ad attuare, la Federbiologi con Elisabetta Argenziano.
Insomma una brutta gatta da pelare per il leader di Federlab Italia Vincenzo D’Anna,  senatore della Repubblica esponente del Movimento Grandi Autonomie.
 
Sullo sfondo restano i nodi della rete laboratoristica in Campania. In tutto circa 700 strutture per circa 4 mila addetti che, a regime, secondo il piano di riordino, così come attualmente concepito, diventeranno una dozzina di cosiddetti Core Lab che dovranno gestire un business da 38 milioni di prestazioni annue dal valore medio di circa 4 euro per le analisi di base e di circa 10 euro per quelle dei settori specialistici. Grandi service che rischiano di tagliare fuori i piccoli laboratori attualmente già accreditati con standard di personale non più compatibili con il ruolo di centri prelievi sin qui configurato.
 
Senza contare gli irrisolti nodi giuridici del nuovo assetto, quelli fiscali e di sicurezza delle procedure di raccolta e invio delle provette sui diversi territori dalla periferia verso i centri analisi e il fatto che i centri prelievi dovranno comunque conservare un assetto strumentale, tecnologico e di personale tale da assicurare le urgenze.
 
“Una riforma delle rete regionale dei laboratori di analisi che fa acqua da tutte le parti e mette a rischio migliaia di posti di lavoro e il destino di centinaia di imprese senza conseguire alcun risparmio” tuona il presidente regionale di Anisap Ferdinando Mariniello. L’obiettivo è rivisitare  il decreto commissariale n. 109 del 13 gennaio scorso relativo al riordino delle rete regionale dei laboratori, differire di almeno sei mesi l’entrata in vigore del decreto, istituire ad horas una commissione ad hoc paritetica tra la Regione, le imprese, i sindacati e le associazioni di categoria per la verifica dei modi e tempi del riordino dei laboratori in Campania.
 
E ancora determinazione del costo medio delle prestazioni di laboratorio su cui misurare la praticabilità degli accorpamenti previsti dalla norma, regolamentazione del service e, soprattutto, in base alla richiesta di Topo, rendere facoltativa la conversione degli attuali laboratori che effettuano meno di 70 mila prestazioni annue in centri prelievo per evitare la loro totale chiusura e soppressione. Per l'esponente Pd, infatti, "resta l’esigenza di garantire la sicurezza dei pazienti laddove la circolazione di provette sul territorio e da un punto prelievo al centro analisi di riferimento, comporta un rischio non azzerabile di confusione, smarrimento, ed errore oltre che di corretta conservazione della matrice biologica da analizzare assolutamente non accettabile. Senza contare la tutela di posti di lavoro qualificati e il rapporto capillare tra strutture sanitarie e territorio costruito in anni e anni di attività. Tra l’altro il riordino  dei laboratori di analisi sul territorio viene lasciato, dalle linee guida del ministero, alla autonomia delle Regioni".
 
“Il decreto 109 del 2013 – conclude Topo – presenta anche una grave anomalia laddove stabilisce che le Asl devono predisporre i piani di attuazione entro 90 giorni dalla pubblicazione del decreto e dunque ben prima della scadenza del tempo concesso alle strutture per comunicare la loro scelta in merito all’aggregazione fissato in 180 giorni”.
 E su questo punto a chiedere la proroga e linee guida applicative della norma c’è anche l’Aspat (l’associazione della sanità privata accreditata territoriale) pur difendendo le ragioni del Piano di riassetto della rete. 
 
Ettore Mautone

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