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Martedì 11 MARZO 2014
Biotecnologie in Italia. Settore in crisi, ma reggono le aziende impegnate in Salute. Il Rapporto

Segnali preoccupanti per le imprese biotech italiane: dal 2012 al 2013 il numero di aziende è sceso dell'1,8%, -1,5% gli addetti in R&S, fatturato fermo. Si salva il segmento della Salute, con un fatturato di 6.662 milioni di euro (+1% rispetto al 2012). I dati nel Rapporto “Biotecnologie in Italia 2014” di Assobiotec ed Ernst & Young. La sintesi del rapporto.

“Serve come il pane un impegno stabile e coerente da parte del Governo per favorire la crescita e la competitività delle nostre imprese”. È questo l’appello lanciato dal presidente di Assobiotec, Alessandro Sidoli, in occasione della presentazione, stamani a Torino, del Rapporto “Biotecnologie in Italia 2014”, realizzato da Assobiotec ed Ernst & Young (EY) in collaborazione con Farmindustria e l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane (ITA). Oltre 7 miliardi di euro di fatturato, un miliardo e mezzo di euro di investimenti in Ricerca e Sviluppo e 422 imprese. È questo il quadro del settore delle Biotecnologie in Italia tracciato dal Rapporto.

“In Italia – ha spiegato Sidoli – dopo diversi anni di crescita a ritmo sostenuto, quest’anno il settore biotecnologico mostra evidenti segnali di difficoltà, dovute alla cronica assenza di provvedimenti per sostenere la ricerca e lo sviluppo e per tutelare i prodotti innovativi. Manca ancora un credito di imposta adeguato sulle spese in R&S e troppi sono i crediti per finanziamenti di ricerca che le nostre imprese hanno nei confronti della Pubblica Amministrazione. Una situazione che sta mettendo a repentaglio la loro stessa sopravvivenza, in un contesto economico-finanziario già complesso e difficile. E mentre noi siamo in questa situazione stagnante, gli altri Paesi più avanzati hanno da tempo sviluppato piani strategici a medio-lungo periodo, con investimenti significativi e misure di supporto al settore”.

“Eppure – ha proseguito il presidente di Assobiotec – anche nel 2013 abbiamo avuto diverse conferme dell’eccellenza italiana nel campo della ricerca biofarmaceutica e della straordinaria capacità dei nostri manager e imprenditori di attrarre capitali dall’estero e di trasformarli in ulteriore valore, dopo aver sviluppato prodotti e tecnologie innovative. Mi riferisco in particolare ai casi di Gentium, Okairos ed EOS, tre imprese italiane acquisite da gruppi farmaceutici stranieri. Un dato che se da un lato ci gratifica, dall’altro ci deve far riflettere sul futuro che il nostro Paese è in grado di riservare all’innovazione e al suo sviluppo industriale per garantire crescita competitiva dell’economia e generazione di nuovi posti di lavoro”.

“Serve come il pane – secondo Sidoli -  un impegno stabile e coerente da parte del governo per favorire la crescita e la competitività delle nostre imprese. Al premier Renzi facciamo tre proposte concrete: 1. Introdurre meccanismi di credito di imposta per le spese in R&S certi, selettivi e stabili nel tempo, con aliquote adeguate per la ricerca in house. 2. Detassare o ridurre gli utili derivanti dalla cessione di diritti di proprietà intellettuale. 3. Riconoscere alle nostre imprese lo status di Impresa Innovativa, favorendo le imprese che maggiormente investono e creano innovazione”:

“Assobiotec – ha concluso Sidoli - è pronta a dare il proprio contributo per realizzare entro la fine del 2014, nell’ambito della Presidenza italiana dell’UE, un Piano strategico nazionale per la bioeconomia. “Le biotecnologie sono un settore di fondamentale importanza per assicurare crescita economica, occupazione qualificata, qualità della vita e benessere per il nostro Paese. Essendo un settore anti-ciclico che interessa innumerevoli aree di applicazione, il biotech fornisce un modello industriale di sviluppo competitivo e sostenibile su cui puntare con forza” ha concluso il Presidente di Assobiotec.

Anche per Antonio Irione, Life Sciences Leader di EY: “È ora necessario e indispensabile sostenere in maniera concreta ed efficace lo sviluppo del settore biotech in Italia. Dobbiamo confrontarci – ha spiegato con un settore che vive un periodo complesso, ma che ha sempre garantito il proprio contributo alla crescita nazionale, sia in termini economici che di innovazione e occupazione, arrivando a ottenere la marketing authorization di un primo prodotto frutto dell’attività di ricerca di un’impresa italiana ‘pure biotech’. I risultati del rapporto evidenziano alcuni segnali che destano preoccupazione, a partire dalla riduzione del numero complessivo di aziende (-1,8% 2013 rispetto al 2012), degli addetti in R&S (-1,5% 2013 rispetto al 2012) e un fatturato stabile (0% 2013 rispetto al 2012). Anche gli investimenti in R&S, che hanno sempre rappresentato un valore aggiunto sia in termini quantitativi (superano di molto il 30% delle vendite o dei costi operativi), che qualitativi (per i risultati ottenuti dalla ricerca) vedono tuttavia penalizzate le “pure biotech italiane” che hanno lievemente ridotto il proprio contributo (-1,1% 2013 rispetto al 2012), nonostante la crescita complessiva (+1% nel 2013 rispetto al 2012).

In definitiva, “il confronto tra il contributo economico in termini di fatturato del settore biotech (rimasto costante) con quello del settore industriale nazionale (-5,2% nel 2013 rispetto al 2012) evidenzia l’urgenza di intervenire con misure efficaci per sostenere il settore. Ad oggi - ha concluso Irione - gli investimenti di Venture Capital in Italia rappresentano solo il 2% di quelli complessivamente realizzati in Europa. È evidente come ci siano ampi spazi di intervento per incrementare la capitalizzazione dell’industria biotecnologica italiana. I dati sui valori delle alleanze strategiche e delle transazioni dimostrano il valore riconosciuto all’attività delle imprese biotech in Italia nei diversi settori, come testimoniano gli esempi del Red Biotech (con una pipeline di ben 403 prodotti), del White Biotech (caratterizzata da aziende competitive a livello mondiale grazie alla leadership tecnologica) e del Green Biotech (che sfrutta il potenziale delle biotecnologie per aumentare il valore dell’agricoltura e della produzione animale)”.

Le biotecnologie applicate alla salute dell’uomo
E a proposito di Red Biotech, è proprio questo segmento dedicato alla Salute a fare da traino all’intero comparto biotech. Delle 422 imprese censite, 241 (pari al 57%) sono infatti attive nella ricerca e sviluppo di nuovi prodotti terapeutici e diagnostici, e 145 di queste sono aziende pure biotech (definizione per imprese che hanno come core business attività legate esclusivamente alle biotecnologie).
Il fatturato del segmento red biotech ammonta a 6.662 milioni di euro, con un incremento dello 1% rispetto allo scorso anno. Pur costituendo il 17% delle imprese del campione, le imprese del farmaco arrivano a generare il 79% del fatturato totale, rispetto al 18% che invece origina dalle imprese pure biotech.
Con un investimento complessivo in R&S di 1.382 milioni, pari al 21% del loro fatturato, le imprese red biotech destinano ingenti risorse allo sviluppo di tecnologie e prodotti altamente innovativi. La quota di investimenti sostenuta dalle aziende pure biotech rappresenta il 26% del totale, rispetto al 73% sostenuto dalle imprese del farmaco (39% farmaceutiche italiane, 34% multinazionali con sede in Italia). Nel caso delle pure biotech, tuttavia, l’incidenza degli investimenti in R&S sul fatturato (31%) è considerevolmente più elevata rispetto a quella delle imprese del farmaco (21%). Il loro focus sulla ricerca è ulteriormente confermato dal rapporto tra numero di addetti in R&S e addetti totali: le imprese pure biotech italiane presentano una percentuale di addetti in R&S sul totale della forza lavoro (20%) significativamente maggiore rispetto a quella delle imprese del farmaco (11%).
 

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