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Lunedì 17 MARZO 2014
I grandi ospedali. Il “Meyer” di Firenze. Intervista al Dg Langiano: “Primi in Italia per complessità di cure ai bambini”

Il primato, confermato dal direttore dell’AOU, vede il nosocomio pediatrico toscano con un indice di complessità pediatrica di 1.4 rispetto alla media nazionale del settore che è inferiore a 1. Ma l’ospedale guarda comunque avanti e la sfida è oggi quella della cura e dell’assistenza ai bambini “cronici”

A misura di bambino. Dai colori, tanti, ai giocattoli disseminati un po’ ovunque. Da sedie e tavoli ovviamente in formato ridotto.  Ai camici rigorosamente non bianchi e agli spazi che permettono di correre. Fino alla luce che irrompe  da una struttura (la nuova) senza tetti,  quasi a voler stemperare ansia, paura, dolore. Colpisce l’assenza di odori, certamente non quello tipico dell’ospedale, colpisce la musica di sottofondo in alcune stanze, colpiscono i grandi laboratori di ricerca. Ma il Meyer non è solo un ospedale a misura di bambino. E’ molto di più. E’ un pilastro della rete pediatrica regionale - la prima e unica in Italia. E’ il primo tra tutti gli ospedali pediatrici (Bambino Gesù di Roma, Gaslini di Genova, Burlo Garofalo di Trieste, Santobono di Napoli) per casistica di complessità delle cure. Ed ora una nuova sfida nella ricerca ma anche nelle modalità assistenziale: la cura del bambino con patologie croniche . Di tutto questo abbiamo parlato in questa intervista esclusiva con Tommaso Langiano, direttore generale dell’Azienda ospedaliero universitaria Meyer di Firenze e presidente del Cda dell’omonima Fondazione (nella foto insieme a Matteo Renzi).
 
Direttore Langiano: primi per casistica di complessità di cure, cosa vuol dire?
Vuol dire che i casi che si ricoverano nel nostro ospedale sono casi caratterizzati da una complessità assistenziale che richiede una alta sofisticatezza delle cure  e di severità  particolarmente rilevanti e che viene abitualmente misurato con un indicatore utilizzato da tutti gli ospedali, di tutti i paesi: il peso medio della casistica. Nel nostro ospedale  l’indicatore ha un valore medio di 1,4. Per avere un punto di riferimento, a livello nazionale, la casistica pediatrica ha un valore medio inferiore a 1. Nessuno tra gli altri ospedali pediatrici ha un valore paragonabile al nostro o tanto meno superiore. Il significato di questo indicatore è dato dal fatto che il Meyer attrae casi complessi dal punto di vista clinico e assistenziale. Perché e come siamo arrivati a questo risultato si spiega essenzialmente nella tensione pressoché  costante all’appropriatezza delle cure. Un secondo elemento molto importante è rappresentato, nella nostra Regione, dalla rete pediatrica. Probabilmente la  Toscana è l’unica   regione dotata di una rete pediatrica, il  che significa lavorare con i pediatri di famiglia e con le altre pediatrie. Questo consente di trattare  il bambino quanto più possibile vicino al suo domicilio. Anche questo è un fattore che arricchisce la complessità della casistica.
 
Il medico pediatra diventa allora l’anello di congiunzione tra voi e la medicina sul territorio?
Stiamo lavorando, nell’ambito della rete pediatrica regionale, esattamente in questa direzione. Faccio degli esempi concreti: è stato elaborato, su delibera regionale, un provvedimento che fissa una serie di indicazioni tecniche per migliorare la comunicazione tra i pediatri di famiglia e quelli ospedalieri. Tra le novità: uno sportello all’interno di ogni ospedale dedicato al pediatra di base, l’organizzazione di riunioni periodiche tra pediatri per condividere i casi, discutere i protocolli e le modalità di trattamento con la possibilità per i pediatri di famiglia di avere una corsia preferenziale negli ospedali  in modo da seguire i  “loro”  casi urgenti. Ricordo  che negli ultimi 5 anni noi abbiamo avuto una prima fase con un incremento significativo dei ricoveri  di cui il 30% dei ricoveri ordinari, il che ha comportato l’esigenza e lo sforzo di utilizzare quanto più possibile le risorse offerte dalla costruzione del nuovo ospedale (per inciso il nuovo ospedale  dal 2007 è stato trasferito a Villa Ognissanti, ai piedi delle colline del Careggi). Successivamente, negli ultimi due anni, il numero dei ricoveri non è aumentato perché abbiamo concentrato i nostri sforzi nella appropriatezza, e questo ha significato un incremento delle attività di Day Service,  Day Hospital e delle attività ambulatoriali  con un aumento significativo di accessi al Pronto Soccorso e al Dea. Quindi, i nostri ricoveri non sono aumentati, ma non perché fosse diminuito il numero di bambini e di famiglie che ricorrono al Meyer ma perché abbiamo realizzato un meccanismo, molto stringente,  ancora più efficace del passato, di filtro  basato sulla appropriatezza.
 
Questa appropriatezza è frutto anche della formazione e della ricerca, le vere innovazioni del nuovo ospedale?
Sicuramente si,  perché appropriatezza significa fare la cosa giusta al momento giusto, scusi l’apparente ovvietà del concetto, e questo lo si può fare quando il livello di competenza professionale all’interno di una struttura è molto alto e continua a essere alimentato e a crescere. Noi siamo assolutamente convinti che la ricerca è il principale motore della qualità  delle cure e del loro miglioramento e per questo motivo abbiamo realizzato  il progetto “ Giovani Ricercatori” con due motivazioni principali: la prima a sottolineare l’importanza della ricerca in tutto il nostro ospedale, la seconda volta a investire nei giovani del Meyer, perché questo significa investire nel futuro. Il programma è stato realizzato affidando al Comitato Scientifico Internazionale del Meyer ( comitato composto da 4 ricercatori di valore internazionale che una volta l’anno vengono nel nostro ospedale per fare una valutazione complessiva del livello della nostra ricerca) di selezionare i 10 migliori ricercatori la cui età non poteva superare i 40 anni. A costoro  è stato proposto di effettuare un progetto. Questi progetti sono stati valutati, finanziati e realizzati! Il  programma ha avuto un tale successo che lo abbiamo riproposto e ora altri 10 giovani ricercatori stanno già lavorando.  Inoltre nell’ambito di ogni ricerca vi è la possibilità di effettuare uno stage in un centro internazionale di riferimento pediatrico (opportunità  che tutti hanno accolto) per cui molti di loro vanno negli ospedali con cui abbiamo collaborazioni stabilizzate e strutturate come il Cildren’s Hospital di Philadelphia, il Boston Hospital. E questo è senz’altro un valore aggiunto per il Meyer.  Nei prossimi giorni, precisamente il 4-5 di Aprile, noi rinnoveremo l’accordo  triennale di collaborazione con l’Ospedale pediatrico di Philadelphia, una collaborazione molto importante per entrambe le strutture.
 
Nota sempre dolente: le risorse, siete in pareggio di bilancio?
Siamo in pareggio di bilancio, abbiamo un bilancio di 100 milioni di euro l’anno. A fronte di una politica di austerità che la regione Toscana, come ovunque, ha dovuto imporre, anche noi ci siamo adeguati alle nuove direttive, chiudendo anche quest’ultimo esercizio in pareggio. Ma il vero motore economico è la Fondazione Meyer, strumento preziosissimo, non per integrare il bilancio regionale ma per consentire all’ospedale di realizzare le tante iniziative che non possono essere finanziate con le risorse di bilancio e che hanno dato un valore aggiunto, innovativo, tanto da rendere il nostro ospedale unico, per certi versi, nella realtà pediatrica Italiana. Alcuni esempi: siamo stati il primo ospedale ad aver inserito  nelle corsie il clown, la famosa clown terapia  di stampo americano, poi realizzata in altre strutture. Abbiamo realizzato un abbiamo un programma di musicoterapia in corsia, forti di studi realizzati da noi, ormai circa 10 anni fa, che hanno dimostrato come la musica allevia in modo statisticamente significativo la sensazione del dolore, l’ansia e la paura. E poi ci sono Budino, un labrador di sette anni e Muffin, un barboncino di tre anni, due compagni preziosi per molti bambini che non possono alzarsi da letto: ora questi amici dei piccoli, opportunamente sterilizzati e trattati entrano anche nelle terapie intensive. Tutti queste opportunità che non rientrano nei livelli essenziali di assistenza sono finanziate dalla Fondazione. 
 
Rete pediatrica regionale, stessa sinergia con gli altri ospedali?
Ovviamente si, con le  neonatologie, in particolare con il Careggi, e con i reparti di pediatria degli ospedali regionali. Al di fuori della Toscana esiste ormai da tempo una Associazione degli Ospedali Pediatrici Italiani che si sta sforzando di far crescere la collaborazione gli ospedali pediatrici con una volontà  condivisa della unitarietà del mondo pediatrico e della necessita di fare rete a livello Nazionale. Penso ad esempio al problema emergente della cronicità anche in ambito pediatrico.  A questo proposito l’epidemiologia pediatrica sta cambiando e non solo da noi. Posso citare un dato del nostro ospedale che  mi sembra impressionante. Nel 2012 per la prima volta abbiamo avuto il “sorpasso”. Se noi misuriamo le giornate di degenza dei bambini con patologie croniche e le confrontiamo con le giornate di degenza di bambini  con patologie acute, le prime avevano superato  per numero, le degenze per patologie acute. Diabete, patologie metaboliche e/ o neurologiche, malattie oncologiche: è una medicina diversa rispetto il passato, in quanto il risultato dei successi raggiunti dalla medicina pediatrica moderna è oggi sostanzialmente quello di far sopravvivere i bambini “complessi” e di farli sopravvivere in condizioni migliori. Questo è un successo ma è anche un limite, sia da un punto di vista della allocazione delle risorse sia dal punto di vista della risposta. Un dato americano pubblicato di recente indica che il numero dei bambini clinicamente complessi rappresenta il 45% della popolazione pediatrica  e assorbe il 40% delle risorse destinate ai bambini per l’attività sanitaria. Questa è la vera criticità cui stiamo andando incontro. Noi rispondiamo   con il sistematico ricorso al” medico  tutor”: il bambino cronico ha una pluripatologia che richiede un medico di riferimento che funga appunto da riferimento per la famiglia e per il bambino stesso e che sia al tempo stesso coordinatore dei diversi specialisti che devono collaborare per affrontare le diverse patologie che il “caso” presenta. La seconda strada è la creazione di“ team multidisciplinari”. Il terzo tassello fondamentale è l’assistenza domiciliare. Noi non siamo abituati a pensare alla assistenza domiciliare pediatrica che, invece,  sta diventando sempre più importante e per la quale abbiamo avviato un apposito progetto sperimentale.
 
Qual è la domanda esterna?
Il 25% dei nostri pazienti proviene  da altre regioni, il 50% dall’area fiorentina e un altro 25% dal resto della Toscana . Questo significa che il nostro ospedale è assolutamente inserito nella città e nel territorio a cui  dà risposte pediatriche reali e soddisfacenti ed è struttura di riferimento regionale. La domanda che continuiamo a porci è questa: le due funzioni devono coesistere o devono essere separate e collocate in ambiti diversi? Personalmente  sono convinto che le due funzioni debbano coesistere anche se richiedono molta flessibilità organizzativa . La prima, in quanto esprime la storia dell’ospedale  che è nato e trova il suo radicamento con la città e  con il territorio. E la seconda, cui non intendiamo né possiamo sottrarci, perché significa innovazione e ricerca.
 
Pensate di ampliare questa struttura?
Ne abbiamo bisogno perché in questi cinque anni l’ abbiamo saturata. La crescita scientifica e strutturale dell’ospedale ha fatto sì che tutti gli spazi sono ormai utilizzati. Il progetto a cui stiamo lavorando prevede la creazione di un Campus per la ricerca e la didattica opportunamente ristrutturato, che troverà sede in un edificio accanto l’ospedale. Questo permetterà di creare laboratori di ricerca in grado di accompagnare questa notevole crescita già in parte realizzata nel Meyer. Gli spazi liberati saranno adibiti ad altre attività assistenziali. Mi permetto, a questo punto di far notare , e non è una curiosità, l’adozione strutturale di una forma, quella circolare,  a testimonianza della centralità del bambino, e rintracciabile nei documenti di costruzione del nuovo ospedale. Una forma che facilità la penetrazione della luce dall’alto, come se passasse da vere e proprie aperture visibili da ogni piano. Una forma rintracciabile nei grandi banconi collocati al centro delle aree di osservazioni in modo che tutti, bambini, medici, familiari possano accedervi. Una forma che caratterizza quello che noi chiamiamo centro spirituale dove, facendo scorrere dei pannelli, vi è il luogo di culto per i cattolici, per i musulmani,  per gli ebrei e per i seguaci della Chiesa Ortodossa.
 
Emanuela Medi

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