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Martedì 08 APRILE 2014
Aumento di peso e squilibrio ormonale. Attenzione, può trattarsi della malattia di Cushing

Colpisce soprattutto giovani donne tra i 20 e i 30 anni questa rara patologia dovuta all’eccesso di cortisolo nel sangue. Oggi si celebra la giornata mondiale. Dall’Osservatorio Malattie Rare la storia di Giusy: “Dieci anni per la diagnosi. Non deve capitare ad altri”.

Aumento di peso improvviso, problemi ormonali, irsutismo e perdita dei capelli potrebbero essere sintomo di una rara patologia dovuta all’eccesso di cortisolo nel sangue: la Sindrome di Cushing. Nel 90% dei casi questa rara sindrome è dovuta a un piccolo tumore ipofisario, che causa l’eccesso di adrenocorticotropina (ACTH), ormone che stimola le ghiandole surrenali a produrre cortisolo, che si presenta quindi nell’organismo in quantità decisamente maggiori rispetto alla normalità. La presenza del tumore identifica propriamente la malattia di Cushing, rara patologia per la quale cui oggi 8 aprile 2014 ricorre la giornata mondiale. “Una giornata dedicata alla promozione della conoscenza di questa patologia che spesso passa inosservata e che ancora non è stata inserita nella lista delle malattie rare riconosciute dal Ministero della Salute”, si legge in una nota dell’Osservatorio Malattie Rare che sottolinea come la mancata diagnosi può trasformarsi in “un vero e proprio calvario”, come nel caso di Giusy, paziente padovana che ha raccontato all’Osservatorio la sua storia, iniziata negli anni ’80, quando ancora la patologia era quasi completamente ignorata.

“Tutto è iniziato quando avevo 16 anni, con un primo disturbo ormonale, di lieve entità. Ero una ragazza attiva e sportiva – racconta Giusy - ma di punto in bianco il mio peso è aumentato. In qualche mese sono passata da 54 chili a più di 90: non poteva certo dipendere dall’alimentazione. Ho iniziato a perdere i capelli, sono comparsi i peli sul viso, i denti si spezzavano e la stanchezza aveva pervaso la mia vita. Mi dissero che avevo un problema psicologico, io sapevo di non essere ‘matta’, ma è stato devastante”. Ci sono voluti 10 anni di visite e tanti specialisti prima che le venisse diagnosticata la malattia di Cushing.

“Solo nel 1992 abbiamo capito che tutta la mia devastazione fisica e psicologica dipendeva da un piccolissimo adenoma all’ipofisi. Nel dicembre del ’93 affrontai l’intervento e vinsi finalmente la mia battaglia. Dopo un anno ritornai a essere finalmente la Giusy che conoscevo, avevo riacquistato il mio peso, non perdevo più i capelli, non avevo più quell’orribile gobba, ma soprattutto ero felice”.

Oggi i tempi sono cambiati, i pazienti possono contare su numerosi centri specializzati e per la malattia di Cushing esiste anche una terapia farmacologica, pasireotide, in grado di ridurre il cortisolo in eccesso. In Italia, ricorda l’Osservatorio, è inoltre attiva un’associazione che promuove la conoscenza della patologia e offre supporto ai pazienti: si tratta di ANIPI, Associazione Nazionale Italiana Patologie Ipofisarie (http://www.anipi-italia.org/).

La malattia di Cushing colpisce generalmente giovani donne tra i 20 e i 30 anni, spiega Annamaria Colao, Professore di Endocrinologia del Dipartimento di Medicina Clinica e Chirurgia dell’ Università Federico II di Napoli. La principale sintomatologia è l’aumento di peso caratteristico: il grasso corporeo aumenta sulla linea dell’ombelico, sul volto e dietro il collo. Unitamente all’aumento di peso le pazienti presentano un assottigliamento di gambe e braccia. Nei casi più gravi la Sindrome si accompagna poi a diabete e ipertensione.

“In genere – afferma l’esperta - le pazienti notano questi cambiamenti e si rivolgono abbastanza presto al medico. Il problema è che non tutti gli endocrinologi pensano immediatamente a questa patologia. Quando c’è il sospetto clinico e il paziente viene indirizzato a centri esperti la diagnosi si ottiene in tempi rapidi. Una volta individuato il tumore esso deve essere eliminato da un neurochirurgo specializzato. Quando però il medico non conosce la patologia il paziente può dover attendere anche 5 anni per la diagnosi, con il rischio di aggravare la situazione. Per questo è necessario fare informazione su questa rara malattia”.

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