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Mercoledì 16 APRILE 2014
Rapporto Osservasalute 2013. La salute degli italiani "tiene". Ma il futuro è a rischio. Troppi tagli ai servizi. Soprattutto al Sud

L'aspettativa di vita è cresciuta negli ultimi dieci anni. Ma per il futuro si temono le ripercussioni di politiche restrittive dalla prevenzione all'accesso alle cure. Boom dell'acquisto privato di farmaci. Forte la carenza di personale sanitario per blocco turn over. Ricciardi: “Imperativo migliorare l’efficienza del sistema”. TUTTI GLI INDICATORI e la SINTESI DEI RISULTATI REGIONE PER REGIONE.

La salute degli italiani resiste ancora, nonostante la crisi economica che ostacola prevenzione, accesso alle cure e alla diagnosi precoce. A preoccupare davvero, almeno nel breve termine, è la salute del sistema sanitario. Ma anche il futuro degli italiani è a rischio se non si porrà una soluzione ai tagli ai servizi imposti dalla crisi economica.

È questo, in estrema sintesi, il quadro dipinto dalla XI edizione del Rapporto Osservasalute (2013), l’analisi dello stato di salute della popolazione e della qualità dell'assistenza sanitaria nelle Regioni italiane realizzata dall'Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, che ha sede presso l'Università Cattolica di Roma, e coordinato da Walter Ricciardi, direttore del Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Università Cattolica - Policlinico Gemelli di Roma e da Alessandro Solipaca, Segretario Scientifico dell’Osservatorio.Il Rapporto, presentato oggi,è frutto del lavoro di 165 esperti di sanità pubblica, clinici, demografi, epidemiologi, matematici, statistici ed economisti, distribuiti su tutto il territorio italiano, che operano presso Università e numerose istituzioni pubbliche nazionali, regionali e aziendali (Ministero della Salute, Istat, Istituto Superiore di Sanità, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto Nazionale Tumori, Istituto Italiano di Medicina Sociale, Agenzia Italiana del Farmaco, Aziende Ospedaliere e Aziende Sanitarie, Osservatori Epidemiologici Regionali, Agenzie Regionali e Provinciali di Sanità Pubblica, Assessorati Regionali e Provinciali alla Salute).

Dal rapporto emerge, in particolare, che negli ultimi 10 anni gli italiani hanno guadagnano aspettativa di vita, soprattutto grazie alla ridotta mortalità per malattie del sistema circolatorio e per i tumori, trend che si deve sia agli investimenti fatti negli anni passati nelle politiche di prevenzione, sia agli avanzamenti diagnostici e terapeutici. Si intravede anche qualche timido segnale di miglioramento negli stili di vita, almeno sul fronte dei consumi di alcolici e nel vizio del fumo. Ma è ancora desolante e anzi in peggioramento la forma fisica dei cittadini, sempre più grassi; aumentano soprattutto gli obesi e non fanno eccezione i bambini. E non cambia neppure la tendenza alla scarsa attività fisica, aggravata probabilmente anche dalle difficoltà “crisi-indotte” degli italiani di praticare sport in modo costante. Ma a preoccupare di più è lo stato di salute del sistema sanitario, sempre più critico. “La spending review – si legge nella sintesi del rapporto . rischia di far saltare il Ssn, determinando difficoltà nel breve e nel lungo termine, sia a causa di una riduzione dei servizi di salute offerti alla popolazione - specie a quella meno garantita e con minori disponibilità per curarsi ricorrendo al privato, sia a causa di un aumento della spesa sanitaria sul lungo periodo, aumento determinato dall’effetto boomerang della riduzione degli investimenti in politiche di prevenzione e diagnosi precoce. I risparmi obbligati di oggi rischiano di moltiplicare la spesa nel giro dei prossimi anni”.

Ma andiamo ad analizzare alcuni dei dettagli contenuti nel rapporto.

Gli indicatori economici presi in esame in questa nuova edizione del Rapporto testimoniano che siamo entrati in un periodo di reale contrazione delle risorse impegnate dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN), infatti la spesa, già dal 2010, ha iniziato a diminuire (da 100,3 miliardi del 2009 a 100,1 miliardi di euro del 2010), delineando un trend che si è andato rafforzando nel 2012 anche a valori correnti (-1,8% rispetto al 2011). A questo dato fa riscontro la diminuzione della spesa per la remunerazione del personale sanitario, scesa nel 2011 a 36,149 miliardi di euro, con un decremento dell’1,4% rispetto al 2010.

Altro segnale di riduzione della spesa pubblica arriva dall’aumento di spesa a carico delle famiglie per sostenere il pagamento della quota di compartecipazione e dei ticket per il consumo di farmaci: la spesa sostenuta da ciascun cittadino per l’acquisto di farmaci è più che raddoppiata in meno di dieci anni, passando infatti da 11,3 € del 2003 a 23,7 € nel 2012, ovvero è passato dal 5,2% del totale della spesa per farmaci, al 12,2% di essa.

Sul versante dell’offerta, il dato che più colpisce, secondo gli esperti che hanno realizzato il rapporto, è rappresentato dalla dotazione di personale nelle strutture pubbliche che, dal 2010, sta subendo evidenti contrazioni, come testimonia il tasso di turnover sceso oltre il 78%. Si evidenzia, come già negli anni precedenti, una progressiva riduzione del turnover del personale (nuovi assunti a sostituire il personale in pensionamento)e quindi una forte carenza di personale giovane, con riflessi negativi sull’occupazione qualificata del Paese e depauperamento progressivo delle sue migliori risorse che cominciano ad andare all’estero.

“Difficile stabilire, ad oggi, se questa situazione sia il frutto di interventi finalizzati al recupero di efficienza, ottenuto con la riduzione degli sprechi e delle inappropriatezze. Al contrario, questi segnali possono rappresentare le prime allarmanti avvisaglie di una strategia complessiva di ridimensionamento dell’intervento pubblico nel settore sanitario”, si legge nella sintesi che accompagna il documento.

“La riduzione della spesa pubblica per contenere il debito e rispettare i vincoli di bilancio concordati con l’Europa – ha commentato Walter Ricciardi, direttore di Osservasalute - mettono a rischio l’intero sistema di welfare italiano. Infatti, se prevarranno gli interventi basati su tagli lineari potremmo avere seri problemi a mantenere gli attuali standard della sanità pubblica. Già dal 2010 si osserva una contrazione del volume di attività di assistenza erogata dal SSN, infatti la spesa a prezzi costanti (quella depurata dall’inflazione) nel 2010 si è attestata a 100,1 miliardi contro i 100,3 del 2009, tale trend si conferma nel 2012 quando anche la spesa a prezzi correnti (111 miliardi) è scesa rispetto al 2011 (113 miliardi)”.

Quanto alla salute dei cittadini, dalla lettura di alcuni indicatori, giungono timidi segnali positivi, come dimostra la diminuzione della mortalità per le malattie del sistema cardiocircolatorio, che hanno contribuito in misura maggiore all’aumento della speranza di vita in Italia. Dal 2006 al 2010 i tassi di mortalità per queste malattie sono passati per i maschi da 41,1 per 10 mila individui a 37,2 per 10 mila, per le femmine da 28,4 per 10 mila individui a 26 per 10 mila.

Questo dato è molto positivo e, poiché si tratta di patologie per le quali l’attività di prevenzione gioca un ruolo centrale, potrebbe indicare un risultatopositivo del sistema. “Tuttavia - ha precisato Alessandro Solipaca, Segretario Scientifico dell’Osservatorio -, sulla ridotta mortalità per queste malattie gioca un ruolo importante anche la disponibilità di farmaci più efficaci e il continuo sviluppo della diagnostica strumentale. Si tratta, quindi, di un successo della medicina e non degli stili di vita degli italiani che, a parte qualche incoraggiante segnale positivo, restano nel complesso scorretti”.

Infatti, guardando alla prevenzione primaria, se da un lato si conferma il trend in lenta discesa della prevalenza dei fumatori (nel 2010 fumava il 22,8% degli over-14 e nel 2011 il 22,3%, nel 2012 fuma il 21,9% degli over-14) e la diminuzione dei consumatori a rischio di alcol (12,5% nel 2011 contro il 13,4% del 2010 tra gli adulti di 19-64 anni e 11,4% nel 2011 contro il 12,8% del 2010 tra i giovani di 11-18 anni), dall’altro si riscontra il persistente aumento delle persone in eccesso di peso. Infatti, complessivamente, il 46% dei soggetti di età ≥18 anni è in eccesso ponderale (era il 45,4% nel 2009, il 45,9 nel 2010, il 45,8 nel 2011). In particolare sono proprio le persone con problemi diobesità ad aumentare: gli obesi, infatti, passano dal 10% degli italiani nel 2011 al 10,4% nel 2012). Inoltre tra i minori quasi il 27% di quelli tra 6 e 17 anni è sovrappeso o obeso.

Si registra, inoltre, la scarsa pratica sportiva (nel 2012 la percentuale di sportivi assidui come nel 2011 si assesta sul 21,9% della popolazione con età ≥3 anni). Riguardo all’eccesso di peso nei bambini, deve far riflettere il fatto che questo fenomeno è maggiormente presente nelle famiglie con basso livello di istruzione, ciò suggerisce la necessita di implementare politiche di prevenzione idonee a raggiungere anche le fasce di popolazione appartenenti alle classi sociali meno istruite. Altri indicatori in lieve miglioramento, al quale però contribuiscono anche altri settori pubblici, si riscontrano nei dati relativi alla raccolta differenziata e in quelli sugli incidenti stradali. Lo smaltimento differenziato dei rifiuti, nel 2012, è aumentato del 2,2 punti percentuali rispetto al 2011, soprattutto grazie alle regioni del Mezzogiorno. Gli incidenti stradali sono in diminuzione (-42,4% tra il 2001 e il 2010), così come i feriti e i decessi. Nel 2012 gli incidenti stradali con lesioni a persone sono stati 186.726 ed hanno causato 3.653 morti e 264.716 feriti con lesioni di diversa gravità. Rispetto all’anno precedente si riscontra una diminuzione del 9,2% del numero degli incidenti e del 9,3% di quello dei feriti (studi della Commissione europea). Il numero dei morti ha subito un decremento del 5,4% (dati Istat). Tale riduzione, tuttavia, non è ancora sufficiente per rispettare l’obiettivo fissato dall’Unione Europea che prevedeva di dimezzare, nello stesso lasso di tempo, i decessi.

Gli indicatori presentati e la fase economica che sta attraversando il nostro Paese deve far riflettere per guardare avanti, sottolinea il professor Ricciardi: “Il futuro sarà negativo se non si è in grado di cogliere questa fase di ristrettezze economiche come un’opportunità per migliorare l’efficienza del sistema, eliminando la corruzione e gli sprechi reali che affliggono il nostro sistema pubblico. Per quanto osservato nel Rapporto, è fondamentale incrementare le risorse per la prevenzione primaria attraverso interventi sotto forma d’investimenti destinati ad avere alti rendimenti futuri. Al contrario, trascurare le politiche di prevenzione significa dissipare i progressi osservati in questi anni e, addirittura, rischiare di arretrare in termini di salute”.

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