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Venerdì 10 DICEMBRE 2010
Un giovane obeso costa al Ssn 100 mila euro in più

Un ragazzo obeso andrà incontro, nell’arco della vita, a una serie di problemi di salute che costeranno al Ssn 100 mila euro di spesa assistenziale in più rispetto a un ragazzo normopeso. Il dato è emerso nel corso del 4° Congresso della Sio Lazio (Società italiana dell’obesità), svolto oggi a Viterbo. Un’occasione per fare il punto sulle problematiche di salute, le iniziative politiche e le innovazioni scientifiche per contrastare l’obesità.

L’obesità e le conseguenze ad essa correlate assumono sempre più i caratteri dell’emergenza sociale. Se ne è parlato oggi a Viterbo durante il 4° Congresso della sezione regionale Sio Lazio (Società italiana dell’obesità), che ha chiaramente indicato in questa patologia e nella possibile correlazione con il diabete, la causa di una invalidità sociale, che se non affrontata, potrebbe avere dei costi pesantissimi per il Sistema sanitario nazionale.
“L'obeso – dichiara Giovanni Spera, presidente del Congresso e della sezione regionale Sio Lazio – non è semplicemente chi mangia tanto. Esistono dei meccanismi che regolano il metabolismo e l'alimentazione e che, se conosciuti, potrebbero aiutare ad affrontare questo problema. Inoltre – aggiunge – l’esigenza di fare il punto della situazione, nasce dalla necessità di fornire riposte attuali, pratiche e concrete ai quesiti che, allarmanti, ci giungono dalla ‘base’ del Sistema Sanitario su come affrontare l’emergenza obesità”.
A denunciare le condizione sociali, economiche e sanitarie in cui versano le persone obese, Angela Ferracci, presidente del Comitato italiano per i diritti delle persone affette da obesità e disturbi alimentari (Cido), ricorda: “Dal 2003 è ferma una proposta di legge presentata dal senatore Antonio Tomassini, presidente della Commissione Sanità del Senato, e che prevede proprio il riconoscimento dell’obesità come malattia cronica e invalidante. Ma mentre le altre malattie vengono giustamente riconosciute, di questa non se ne parla, colpa di un ritardo culturale - dice – che acceca anche le Istituzioni e che vede nell’obeso l’unico responsabile della propria condizione legata solo a precise scelte personali”. E conclude: “Secondo un recente studio dell’Istituto S.Anna di Pisa, un giovane di 18 anni obeso costa, al Ssn, 100 mila euro in più di un normopeso. Questo dato dovrebbe far riflettere sull’entità del problema”.
Ma nuove possibilità di cura si profilano all’orizzonte. La ricerca italiana, infatti, porta a casa un importante risultato. Saverio Cinti, Direttore dell’Istituto di Anatomia dell’Università Politecnica delle Marche, durante il congresso ha spiegato lo stato dell’arte delle sue ricerche sull’obesità e la correlazione con il diabete. Gli studi hanno portato Cinti a raggiungere due importanti risultati: svelare i meccanismi di connessione tra obesità, diabete e aterosclerosi e la possibilità di stimolare il metabolismo attraverso la trasformazione del ‘grasso bianco’ in ‘grasso bruno’. “Abbiamo osservato – spiega il ricercatore - fenomeni infiammatori del tessuto adiposo che determinano un ostacolo alla normale funzione dell’insulina, interferendo con i suoi recettori e determinando da un lato l’aumento della sua produzione e dall’altro un innalzamento del livello di glucosio nel sangue. Si passa, dunque, da un situazione di sovrappeso, che ancora non è una patologia ma può rappresentare un problema solamente estetico, al diabete. Il confine è molto sottile e si concretizza in pochi centimetri di grasso addominale in più”. L’infiammazione del tessuto adiposo è causata dalla morte delle cellule adipose che, nelle persone obese, può aumentare fino a sette volte il suo volume e “scoppiare”.
Il secondo traguardo, sempre legato alla correlazione tra obesità e diabete, riguarda un fenomeno nuovo di biologia cellulare, e cioè la possibilità che una cellula adulta possa cambiare ‘mestiere’. Gli studi di Cinti e del suo team, sono partiti dall’osservazione che tutti i mammiferi sono dotati di due tipi di tessuto adiposo: bianco (Wat) e bruno (Bat). Il Wat serve principalmente per accumulare le molecole altamente energetiche che ci consentono di avere un intervallo tra due pasti consecutivi. Il Bat brucia i grassi per produrre calore. I nostri studi - prosegue – hanno dimostrato che stimolando il grasso bruno si può migliore il metabolismo. A questo punto, sulle cavie di laboratorio abbiamo provato, con successo, la trasformazione del grasso bianco in bruno, notando che è possibile riprogrammare geneticamente le cellule. Stiamo ora cercando i meccanismi molecolari per farlo nell’uomo adulto”.
 
Francesca Musacchio

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