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Martedì 03 GIUGNO 2014
Farmacie ospedaliere. Piovella (Soi) a Sifo, Sinafo e Sifact: “Sicuri che le eccellenze siano la maggior parte?”

Continua il botta e risposta tra il presidente della Società di Oftamologica Italiana e i farmacisti sull’adeguatezza dei laboratori delle farmacie ospedaliere per la preparazione dei medicinali galenici. Per Piovella “un sistema ospedaliero inadeguato ostacolerebbe il regolare approvvigionamento di Avastin ai medici oculisti non ospedalieri e quindi discriminerebbe i pazienti”.

La Società Oftamologica Italiana (Soi) prende atto di quanto dichiarato dalle associazioni dei farmacisti sul fatto che la “maggior parte delle farmacie ospedaliere (e del sistema sanitario)” sia in grado di realizzare preparazioni magistrali secondo le norme previste dalla Farmacopea e del fatto che siano dotate “di ambienti dedicati, da appropriate attrezzature, da personale qualificato, dalle tecniche asettiche impiegate, dai monitoraggi microbiologici ambientali”. “Ma quante sono le farmacie ospedaliere che rispondono a questi requisiti?”. È questa la domanda che il presidente Soi Matteo Piovella a nome dei 7 mila oculisti italiani rivolge oggi per rispondere alle note dei giorni scorsi di Sifo, Sinafo e Sifact, che respingevano i dubbi di Piovella sull’adeguatezza dei laboratori delle farmacie ospedaliere.

Non solo. “Nella citata “ì0maggior parte della farmacie ospedaliere’ si realizzano preparazioni da utilizzare - secondo la Farmacopea – entro 30 giorni dalla data di preparazione. Ma fuori da queste eccellenze, l’altra parte delle farmacie ospedaliere fornisce agli oftalmologi ospedalieri preparazioni con scadenza a solo 24 ore dalla data di preparazione. Siamo sicuri che le eccellenze siano la ‘maggior parte’? Siamo sicuri che le farmacie ospedaliere siano in grado di garantire un utilizzo sicuro della preparazione per più di un giorno?”, chiede ancora Piovella.

Il presidente della Soi replica inoltre alle affermazioni con cui Sifo, Sinafo e Sifact evidenziano come sia “sempre meno credibile” che “un solo campo del sapere si consideri preminente”: “Ma – domanda ancora Piovella - siamo sicuri che “risponda alla realtà dei fatti” quanto da loro sostenuto? Altrimenti, se  la ‘maggior parte delle farmacie ospedaliere’ non rientrassero nell’eccellenza da loro descritta, l’effetto per la qualità delle prestazioni sanitarie sarebbe dirompente. Gli oftalmologi ospedalieri sarebbero costretti a buttare via la maggior parte del farmaco frazionato”.

Per Piovella “in questa incertezza è indispensabile fare molta attenzione a cosa si dice. Le affermazioni avanzate dalle società dei farmacisti ospedalieri potrebbero essere intese in modo strumentale dal mondo farmaceutico. Favorire la concentrazione del frazionamento in un sistema ospedaliero inadeguato porterebbe a escludere la possibilità di fornire una siringa (sterile, monodose e monouso, correttamente imbustata e a scadenza di 2 mesi) per un utilizzo anche al di fuori dell’ospedale. Potrebbe favorire una limitazione dell’utilizzo dell’Avastin ai soli reparti oftalmologici ospedalieri. In altre parole,  un sistema zoppicante di frazionamento del farmaco ostacolerebbe il regolare approvvigionamento del farmaco anche a favore dei medici oculisti non ospedalieri. In questo modo – prosegue la replica del presidente Soi - si metterebbe in seria difficoltà la possibilità di erogare la terapia a tutti i pazienti che ne hanno bisogno: non saranno mai sufficienti una minima parte dedicata dei 1700 oculisti ospedalieri a far fronte a una piena incontenibile di richiesta di assistenza e cure da parte delle numerose centinaia di migliaia di cittadini che necessitano della terapia intravitreale. Escludere gli altri 5300 oculisti italiani dall’assistenza ai pazienti affetti da maculopatia legata all’età, assistenza  basata su oltre 75  visite oculistiche a persona per un periodo di tre anni, secondo le più avanzate linee guida, certificherebbe solo una volontà discriminatoria a danno dei più deboli che non hanno possibilità di difendersi, a vantaggio di interessi di parte. Una volontà discriminatoria che potrebbe essere prologo per favorire la diffusione di  altri farmaci”, prosegue Piovella.

Piovella ricorda quindi che “la SOI dal 2007 ha fornito agli oftalmologi italiani precise indicazioni di Buona Pratica Clinica per la somministrazione di farmaci per via intravitreale al fine di ridurre al minimo gli eventi avversi correlabili alla procedura di somministrazione del farmaco. Infatti, la SOI considera l’iniezione intravitreale di farmaci un atto chirurgico maggiore che deve essere eseguito in sala operatoria nel pieno rispetto delle norme di asepsi”.

“Invece di concentrarsi su una mera difesa corporativistica – conclude Piovella -, la SOI spera che anche Sifo, Sinafo e Sifact siano in grado di emanare precise direttive di comportamento per le farmacie ospedaliere per la preparazione di Avastin da somministrare per via intravitreale, in modo da non dover più riscontrare preparazioni con scadenza dopo 24 ore e condividano la necessità che altre farmacie esterne meglio  attrezzate e preparate siano messe nella condizione di esercitare il loro diritto di assistenza basato sull’eccellenza”.
 

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