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Mercoledì 25 GIUGNO 2014
Artrite reumatoide. I farmaci a domicilio fanno bene alla salute e riducono i costi

Adesione alla terapia al 100%, 2,5 ore di tempo mediamente risparmiate dalla persona malata per ogni infusione, abbattimento delle spese per recarsi in ospedale, protezione della produttività dei malati e di quella di chi li assiste. Questi i principali risultati del programma SuSTAin sulla somministrazione domiciliare dei farmaci biologici infusivi per l’Artrite Reumatoide.

L’Artrite Reumatoide è una grave malattia reumatica, cronica e sistemica, caratterizzata da sintomatologia dolorosa a carico dell'apparato locomotore e da danni invalidanti a livello delle articolazioni a causa della distruzione irreversibile delle strutture articolari colpite. La malattia, che coinvolge più frequentemente le mani, le ginocchia, le anche e i piedi, ha nel nostro Paese una prevalenza dello 0,7%-1% interessando, quindi, quasi una persona su cento e coinvolgendo circa 400mila italiani. Sono più colpite le donne e l'esordio della malattia avviene generalmente intorno ai 25-50 anni, nel pieno della vita lavorativa e dell’attività produttiva. È questo il quadro buio dipinto da Giovanni Minisola, Past President della Società Italiana di Reumatologia e Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Reumatologia dell’Ospedale “San Camillo” di Roma, nel corso del convegno “L’importanza del ‘Fattore 3T’ in Reumatologia - Home care e Artrite Reumatoide” svolto oggi al Senato.

“La persona con Artrite Reumatoide – ha infatti spiegato anche Roberto Perricole, Direttore dell’UOC di Reumatologia al Policlinico Tor Vergata di Roma - va incontro a un grave stato di invalidità a causa della comparsa di alterazioni funzionali, parziali o totali, all’apparato locomotore e ciò provoca il peggioramento sensibile della qualità di vita della persona malata”.

Da questo discende “un fortissimo coinvolgimento, non solo psicologico, dei famigliari, anche perché il 10% delle persone malate necessita spesso di assistenza continua. Senza dimenticare che la progressiva disabilità provoca perdita di ore lavorative fino alla possibile incapacità lavorativa della persona colpita dalla malattia” ha aggiunto Sara Severoni, Presidente ALMAR - Associazione Laziale Malati Reumatici.

Tuttavia il quadro dei pazienti con Artrite Reumatoide non è fatto solo di ombre. C’è una cura e consiste nella somministrazione, il più precocemente possibile, di farmaci che riducano i sintomi e combattano la disabilità per evitare che le articolazioni interessate dall’infiammazione vengano danneggiate in modo permanente e irreparabile. “Negli ultimi anni sono stati messi a punto prodotti noti come modificatori della risposta biologica o ‘agenti biologici’, che agiscono specificatamente sui fattori che determinano l’infiammazione e il danno articolare”. Purtroppo, però, questi farmaci devono talvolta essere somministrati presso strutture reumatologiche ospedaliere “con modalità che possono compromettere l’aderenza al trattamento, condizione indispensabile per il successo terapeutico”, ha spiegato Alberto Migliore, Responsabile dell’UOS di Reumatologia dell’Ospedale “San Pietro-Fatebenefratelli” di Roma. “Ciò - ha specificato Giovanni Minisola, nella sua veste di rappresentante italiano in Europa del progetto europeo “Fit for Work”, avviene per cause di vario tipo, quali l’aumento delle richieste assistenziali, la limitata possibilità di alcuni Centri reumatologici a praticare terapia infusionale, l’affollamento delle strutture, la carenza di personale infermieristico, la distanza talvolta elevata del Centro reumatologico e la difficoltà a rispettare gli intervalli di tempo previsti tra le varie infusioni. Le conseguenze principali sono un impatto negativo sulla qualità della vita dei malati e dei loro parenti, il mancato raggiungimento degli obiettivi assistenziali e un aumento dei costi indiretti dell’Artrite Reumatoide, specie di quelli riconducibili alla compromissione della capacità lavorativa e della produttività di coloro che sono colpiti dalla malattia”.

Ma ecco, anche in questo caso, una nuova opportunità per i pazienti. Per ovviare a questi inconvenienti, nel 2010 è stato messo a punto da Domedica, società specializzata nella progettazione ed erogazione di programmi di disease management - ossia la migliore gestione delle cure e della malattia - il Programma SuSTAin - un servizio di somministrazione territoriale di abatacept, uno dei farmaci biologici per la cura dell’Artrite Reumatoide sviluppato da Bristol Myers Squibb. “Il Programma SuSTAin si prefigge l’obiettivo di favorire l’aderenza alla terapia e di migliorare la qualità di vita delle persone con Artrite Reumatoide”, ha spiegato Maurizio Percopo, Amministratore Delegato di Domedica. “Il nostro intervento prevede un’assistenza continuativa e omnicomprensiva, definita di health care management, che va oltre il semplice supporto alla somministrazione del farmaco al domicilio della persona, in cui di fatto si supplisce alla struttura ospedaliera, anche se il curante rimane in ogni caso il Reumatologo di riferimento. Ciò grazie a un articolato sistema di professionisti e infrastrutture assistenziali avanzate che comprendono a) un contact center, che gestisce logisticamente tutto il percorso operativo, b) i nostri Infermieri professionali, adeguatamente formati presso Centri infusionali di riferimento, c) la collaborazione con il Centro di Reumatologia prescrittore, costantemente informato e che segue tutto l’iter dell’operazione, e d) Medici Reumatologi, che assistono gli Infermieri nella gestione delle infusioni extraospedaliere”.

Nel corso di questi ultimi tre anni, il programma SuSTAin - sviluppato in fase pilota in collaborazione con l’Agenzia di Sanità Pubblica (ASP), con l’Area politiche del farmaco della Regione Lazio e con l’Agenzia Regionale Sanitaria (ARES) della Regione Puglia - è stato valutato attraverso la raccolta e l’analisi di numerosi dati, presentati ufficialmente oggi. “Tra novembre 2010 e novembre 2013 sono state incluse nel programma oltre 100 persone, per un totale di più di 1.350 infusioni domiciliari effettuate, e l’aderenza alla terapia è stata del 100%, rispetto al 93% che solitamente si registra nel caso di infusioni presso i Centri reumatologici. È di particolare rilievo sociale che il Programma SuSTAin produce un beneficio rilevante per la qualità di vita della persona in cura. È stato, infatti, calcolato che il risparmio in termini di tempo per persona è di 150 minuti per infusione, giacché il soggetto interessato non deve recarsi al Centro reumatologico ove è seguito e non deve attendere per eseguire il trattamento; tutto ciò si traduce in un abbattimento dei costi sostenuti per raggiungere il Centro reumatologico corrispondenti mediamente a più di 30 euro pro capite, ai quali vanno aggiunti circa 50 euro, che rappresentano la monetizzazione media delle ore di lavoro perse dalla persona in cura e dagli eventuali accompagnatori nel caso in cui l’infusione non viene deospedalizzata”, ha sottolineato Giovanni Minisola.

“Il programma Sustain rappresenta un innovativo modello di collaborazione pubblico-privato per l’assistenza e la somministrazione domiciliare delle terapie croniche. I positivi risultati mostrati, che evidenziano miglioramenti in termini di aderenza alle cure, di qualità di vita dei malati, e di efficienza organizzativa dei Centri di reumatologia, fanno presuppore che ne sarebbe raccomandabile l’estensione ad altri Centri reumatologici e ad altre Regioni italiane” ha commentato la Sen. Laura Bianconi, membro della Commissione Igiene e Sanità del Senato.

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