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Giovedì 03 LUGLIO 2014
Il dibattito sulle Asl. Rispondere dei danni della cattiva gestione come regola di governance

Nella governance delle aziende sanitarie si pongano anche degli elementi di deterrenza alle figure apicali e ai rispettivi “sponsor” politici locali, chiamandoli a rispondere “in solido” dei danni generati in caso di pessima gestione per colpa o, peggio, dolo

Nel mio intervento del 19 giugno su QS ho provato a lanciare un sasso nel paludoso stagno della monocraticità del DG e della governance aziendale. Dopo altri interventi in merito di pregevoli esperti riprendo il tema e provo ad approfondirlo.
 
L’economista nippo-americano Okun a metà anni ’70 sintetizza con arguzia lo status di sistemi organizzativi pubblici inefficienti con la metafora del giardiniere col secchio bucato e la fontana lontana dall’orto. Il tapino si sfianca andando ripetutamente avanti e indietro perdendosi buona parte dell’acqua che trasporta, l’orto resta poco innaffiato, alla fine dà pochi ortaggi, con l’acqua che si perde dai buchi nel secchio lungo il sentiero che però fa germogliare spontaneamente qualche cicoria nel sentiero di passaggio dalla fontana all’orto. Applicata alla nostra sanità, l’acqua sono le risorse finanziarie, ortaggi e cicorie le prestazioni, il giardiniere i medici e gli operatori, il secchio l’organizzazione. Cioè la “governance” aziendale e la sua filiera politica di nomina, controllo e valutazione. Insomma, cade lì il carico più oneroso delle responsabilità.
 
Naturalmente non sono la monocraticità del DG e la governance la nera sentina di tutti i mali della nostra sanità ma è certo lì che va messo prioritariamente mano, tappare i buchi dell’inefficienza con una colla di competenze, meritocrazia e governo più collegiale, di “checks and balances”, dove assumano ruolo attivo, come scrivevo, ad esempio i professionisti, i pazienti, le municipalità.
 
Non avevo trattato l’aspetto del malaffare, argomento che la teoria economica affronta di solito marginalmente, essendo basata dottrinalmente su autori e realtà più anglosassoni, luterano-anglicani, centrati sull’etica del lavoro teorizzata da Max Weber, dove ruberie e affini costituiscono un problema di entità tutto sommato marginale. Ben altro accade alle nostre latitudini, dove alla cattiva “governance” per colpa si aggiunge molto più pesantemente quella per dolo, in un loop esponenziale di causa-effetto di origine indistinta.
 
Va allora aggiunto, ai ben noti meccanismi già ampiamente discussi, anche qualcosa in più contro l’ulteriore sgocciolare dai buchi di quel secchio, risorse disperse in quel rosario di spese che le cronache giudiziarie ci urlano in faccia. Mutande, sex toys, cartucce da caccia, il rinfresco per il matrimonio della figlia, e gli immancabili cene e festini a base di aragosta, beluga nero del baltico, Bollinger del ’63, vacanze ai tropici in yacht milionari (sembra anche con l’insolito optional dell’altarino votivo sotto coperta) SUV e così via, incluse talvolta escort d’alto bordo e coca, tutto, si legge, per vari amministratori e loro portaborse e faccendieri, ma(g)nager e (im)prenditori “di riferimento”. Nessun pasto è gratis, ammonisce il nobel Friedman: prima o poi, vicino o lontano qualcuno lo pagherà. Diteglielo, poi, a quel malato col tumore al polmone al quale l’oncologo è costretto a dire che l’ultimo farmaco approvato nel loro ospedale non c’è perche i soldi sono fintiti, che quell’aragosta la deve pagare lui.
 
Allora nella governance delle aziende sanitarie si pongano anche degli elementi di deterrenza alle figure apicali e ai rispettivi “sponsor” politici locali, chiamandoli a rispondere “in solido” dei danni generati in caso di pessima gestione per colpa o, peggio, dolo.
Partendo dal seguente presupposto. Se un medico è chiamato a ripagare anche per errori banali sulla salute di un proprio paziente (di qui i premi assicurativi sempre più astronomici), quale danno sulla salute di quanti cittadini causa una cattiva gestione, peggio se dolosa, di una ASL o di una AO? Se un modesto ortopedico per un ginocchio riparato male a un paziente deve restituire decine di migliaia di euro, una scelta programmatoria o gestionale sbagliata quindi dannosa (su professionisti, fornitori, apparecchiature, diagnostica, ecc.) che impatta negativamente su 200-300 mila cittadini/pazienti (la popolazione di una ASL o gli afferenti ad una AO), che danno produce? Quanto deve essere risarcita? Insomma, a maggiori onori maggiori oneri. O, per dirla in modo pop, “a brigante, brigante e mezzo”. Rispondendo soprattutto sulla leva sanzionatoria pecuniaria, con obiettivo di carattere deterrente. Per la sanità, specialmente a livello locale, per il politico e amministratore conosciuto e con un rapporto diretto con i propri concittadini dovrebbe pesare anche il disvalore della perdita di reputazione per se e per la propria famiglia.
 
Nel Satyricon di Petronio, il protagonista Trimalcione, potente e abbietto funzionario pubblico crapulone a spese del popolo, vive in un diuturno banchetto continuo di crasse gozzoviglie.
Alcune regioni hanno un passivo sanitario cumulato, ancora,persino superiore al 120% dei loro introiti (il rapporto debito/PIL dell’Italia su cui siamo crocefissi). Nel permanere diquella paradossale simmetria, alimentata dai pur necessari piani di rientro, dove più scadenti sono i servizi sanitari maggiore è il suo indebitamento, dove sono chiamati a pagare ancora di più proprio i cittadini che usufruiscono dei servizi peggiori. Da una politica, qui sta il vulnus, allo stesso tempo nei ruoli di controllore e di controllato. E che la spinta autonomista degli ultimi anniha peggiorato rafforzandone i poteri locali, rendendoli così spesso più contigui agli interessi economici di zona.
 
Il conto delle gozzoviglielo pagheremo per lungo tempo, la nostra generazione e quelle che seguiranno, tutti più poveri di soldi e servizi. Anche quando “lor signori” saranno belli e sepolti lasciandoci questa funesta eredità. Continueremo a ringraziarli per decenni. Petronio ci racconta che Trimalcione paga una guardia che s’impegnerà a custodirgli notte e giorno la sua futura tomba, ben sapendo che un giorno sarà bersaglio dell’oltraggio popolare, “ne in monumentum meum populus cacatum currat (affinché il popolo non corra a defecare sulla mia tomba)”.
 
È evidente che una chiamata a rispondere in solido a chi è responsabile della salute poco piacerà agli ultras del successo della politicizzazione di DG e Co. (seppure spinti dalle migliori convinzioni a volte sprezzanti del ridicolo, rischiando l’emulazione di “Alì il Chimico”, il ministro di Saddam inneggiante vittoria in TV mentre sullo sfondo un carro armato USA parcheggiava in centro a Baghdad)
 
È altresì vero che il timore della sanzione, come noto, rallenta i cambiamenti spingendo a un prudente conservatorismo. Va perciò bilanciato da incentivi al risultato altrettanto “potenti”.
Va inoltre ricordato in tal senso come una misura del genere alzerebbe ancora di più, rendendolo più evidente, il livello d’importanza del ruolo sociale del management della sanità, con quindi, sull’altro piatto della bilancia, maggiori considerazione e riconoscimento economico e reputazionale.
 
Fabrizio Gianfrate
Professore di Economia Sanitaria

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