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Lunedì 15 SETTEMBRE 2014
Fibrosi polmonare idiopatica. Pirfenidone efficace a lungo termine. Ecco lo studio

Durante il trattamento, il rischio di mortalità legato alla malattia cala del 60%, mentre il rischio di mortalità per tutte le cause viene ridotto del 37%. Sono alcuni dati di tre studi clinici di fase III, che sono stati presentati da InterMune durante Congresso della European Respiratory Society (ERS). La tollerabilità e la sicurezza a lungo termine del farmaco vengono confermate

In base ai dati di tre studi clinici di fase III (ASCEND, CAPACITY 004 e 006), il pirfenidone mostra benefici a lungo termine  rispetto alla progressione della malattia nei pazienti con fibrosi polmonare idiopatica fino a 72 settimane di trattamento. Ad annunciare questi dati è InterMune, che lo scorso 8 settembre li ha presentato al Congresso della European Respiratory Society (ERS) 2014; i risultati sono stati resi noti durante l’intervento del Prof Paul W. Noble, M.D del Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles. Il rischio di mortalità per IPF durante il trattamento è stato ridotto del 60% nel gruppo di pazienti trattati con pirfenidone, comparati ai pazienti trattati con placebo; mentre il rischio di mortalità per tutte le cause è risultato ridotto del 37%.
 
“La fibrosi polmonare idiopatica (IPF) è una patologia polmonare cronica, progressiva e irreversibile che necessita di trattamenti clinici sia d’urgenza che di lungo termine”, ha affermato Paul W. Noble. “Queste analisi ci forniscono una convincente evidenza sui benefici a lungo termine ottenuti con pirfenidone che, associati ai dati di sicurezza a lungo termine presentati durante questo meeting, condizioneranno le decisioni cliniche degli operatori sanitari coinvolti nella cura dei pazienti con IPF”.
 
I pazienti sono stati trattati per 52 settimane per lo studio ASCEND e 72 settimane per lo studio CAPACITY. In base ai risultati, oltre alla riduzione del rischio di mortalità per IPF durante il trattamento con pirfenidone e del rischio di mortalità per tutte le cause, le analisi dei dati combinati al momento dell’endpoint primario degli studi mostrano una riduzione del 52% del rischio di declino uguale o superiore al 10% della capacità vitale forzata (FVC) o morte.
Le analisi mostrano anche una riduzione del 34% del rischio di declino uguale o superiore a 50 metri nel test del cammino (6MWD) o morte HR; inoltre l’analisi della sopravvivenza libera da progressione di malattia ha mostrato che il rischio di progressione della patologia è stato ridotto del 38% nel gruppo pirfenidone, rispetto al gruppo trattato col placebo.
Il rischio di aumento di 20 punti o più in termini di punteggio UCSD SOBQ o di morte è stato ridotto del 25% all’endpoint dello studio.
 
Altri risultati sul pirfenidone presentati all’ERS
Anche altri studi presentati all’ERS hanno mostrato effetti benefici a lungo termine del farmaco, illustrano gli esperti. Il trattamento a lungo termine con il pirfenidone ha un favorevole profilo di sicurezza ed è generalmente ben tollerato fino a 4,9 anni: sono i dati presentati all’ERS dal Professor Ulrich Costabel, dell’Essen University Hospital in Germania, a partire dall’analisi dei dati dello studio di lungo termine RECAP, che ha preso in considerazione pazienti con IPF che avessero già completato uno dei trial di fase 3. E poi, la sicurezza del pirfenidone al di fuori del trial clinici  - dunque nella vita reale - è coerente con i dati ottenuti all’interno dei trial clinici, illustra Dirk Koschel,MD, del Fachkrankenhaus Coswig in Germania, riportando i risultati un’analisi intermedia sui dati di 530 pazienti arruolati nello studio PASSPORT.

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